[MUSICA]Fabrizio De Andrè

Poesia pura.

..prima di "spostarlo" non lo avevo nemmeno visto questo...mò mi dovrete "bannare" da questo 3d

Il cantautore ne cantò la storia consegnandola all'Olimpo della musica italiana
Genova: muore a 88 anni la protagonista di «Bocca di rosa» che ispirò De Andrè
Aveva 88 anni. Forse ispirò anche «Via del Campo»: i dubbi di Dori Ghezzi e Paolo Villaggio


GENOVA - I necrologi sono sui quotidiani genovesi martedì mattina: «È serenamente mancata all'affetto dei suoi cari Liliana Tassio». Aveva 88 anni, Liliana Tassio e molti anni fa, quando in via del Campo «vendeva a tutti la stessa rosa», ispirò con la sua grazia e la sua malinconica bellezza il cantautore Fabrizio De Andrè che ne cantò la storia consegnandola all'Olimpo della musica italiana e internazionale attraverso la rinomata «Bocca di rosa» e forse anche «Via del Campo».

I DUBBI - Liliana è deceduta all'ospedale Villa Scassi di Sampierdarena. Lì martedì sera, sarà allestita la camera ardente. Il rosario sarà recitato alle 18. I funerali si terranno mercoledì alle 8,15 presso la parrocchia di San Giovanni Battista della Costa a Genova Rivarolo. Mito o realtà? Secondo il quotidiano Il Secolo XIX, che ha commentato la notizia, la storia della donna si tinge di giallo. Dori Ghezzi e Paolo Villaggio non sono sicuri della corrispondenza, anzi, il secondo la esclude: «Non ho mai conosciuto la Tassio, ma sono moltissime le persone che mitizzano il proprio passato», ha detto il comico genovese. Per Villaggio è di sicuro leggenda il fatto che ispirò Faber anche per «Via del campo». «Non ci andavamo nemmeno in via del Campo» confessa il comico. Ma, tant'è, il mito di Liliana ha resistito per decenni. E oggi, il giorno in cui Genova le porge l'estremo saluto, tanto vale crederle un'ultima volta.

http://www.corriere.it/spettacoli/10_giugno_15/deandre-boccarosa-muore_8fbe6256-7854-11df-9d05-00144f02aabe.shtml

stamattina c'era uno speciale su RAI Storia, magari lo ripetono

miniatina ha scritto:stamattina c'era uno speciale su RAI Storia, magari lo ripetono

Lo avevano già fatto nel periodo natalizio...secondo me lo ripeteranno!

Essendo mezza genovese e mezza sarda non posso che amarlo.Trovo abbastanza insopportabile il fatto che dopo la sua morte, tutti si siano messi a chiamarlo "Faber"anche chi magari non l'ha mai capito, apprezzato
e trovo altresi' insopportabili
tutte le sacrosante uscite di libri
raccolte
ricette
poesie
sbucate come funghi
pure dal besagnino
ma vabhè.
Questa, una delle mie del cuore

babi, qui per postare i video devi mettere il codice embed nella finestrella che si apre selezionando il pulsantino "video" (è quello col disegno stilizzato di una pellicola fotografica) che trovi quando vai iin "rispondi" (non nella risposta rapida, o almeno io non l'ho ancora trovato )

L'ho sistemato io!;)
Miniatina ti ha spiegato come fare la prossima volta!

grazie!
volevo correggere ma nel frattempo mi è andato in palla il pc


vi ho mai detto che ho un gran bel pc?
vogliono fare colletta per comprarmene uno

Ecco, per me è lui il piu' grande di tutti i tempi... Lady

Una canzone del 1963, così attuale!!!

http://www3.lastampa.it/spettacoli/sezioni/articolo/lstp/393268/

Intervista inedita all'uscita di "Creuza de Mä": giusto fare il nuovo, ma ricordando da dove si viene
FABRIZIO DE ANDRE'

Esce da Arcana il libro Controsole, Fabrizio de André e Crêuza de mä, di Ferdinando Molteni e Alfonso Amodio. A 27 anni dalla pubblicazione del capolavoro di Faber, gli autori gli rendono omaggio, con interviste, tra gli altri, a Mauro Pagani, Pepi Morgia, Patrizio Fariselli, Eugenio Bennato e Teresa De Sio. Ma il centro del libro è un’intervista inedita di Faber, rilasciata l’11 agosto 1984 a Pietra Ligure, perduta per decenni. Ne riportiamo un estratto.

Per me non esistono lingue o dialetti. Diciamo che una lingua decade alla indegnità di dialetto e il dialetto assurge alla dignità di lingua soprattutto per ragioni storico-politiche. Il genovese è talmente ricco di modi di dire, di parti del discorso, che tu puoi esprimerci tranquillamente non soltanto i tuoi sentimenti ma anche farti le tue ragioni. Il Portogallo era una regione iberica, dove si parlava un idioma iberico che veniva definito dialetto. Nel momento in cui si è staccato dalla Spagna e ha avuto la sua indipendenza politica, questi signori portoghesi si sono beccati l’Angola, il Mozambico e il Brasile. Di lì in poi, questo idioma, questo dialetto portoghese, è diventato lingua. Perché non si poteva mica dire che i brasiliani parlavano il dialetto portoghese. Erano tantissimi. Creuza de Ma ha come suo scopo quello di fare una specie di sintesi di quelli che sono le voci, i fonemi, i suoni mediterranei. Avete sentito suonare sul palcoscenico degli strumenti tipo il bouzouki, tipo gli oud arabi, o gli shannaj. Che poi sono strumenti che a noi ce li vendono sulle bancarelle. Perché tu intanto in Italia lo shannaj non lo trovi. È un oboe turco, che qui in Italia non lo trovi assolutamente. Se lo trovi, lo trovi da un collezionista, che non te lo darà mai. Allora lo devi andare a prendere e devi fare un viaggio a Istanbul apposta. Ma non è che trovi il pifferaio che te lo fa su richiesta, perché non si fida. Dice: «Belìn, ma ritorni tra un mese», ma tu tra un mese dove c… sei, hai capito? E ha ragione. Quindi ti dà uno strumento da bancarella. Riuscire a far suonare questi strumenti da bancarella come se fossero veramente strumenti fatti da liutai è già un grande successo. Soprattutto farli suonare in pubblico. Abbiamo scelto il genovese perché, una volta definita la strumentazione, definito il mondo in cui cercavamo di far rivivere questa musica, ci è parso naturale che il genovese – pur conoscendo abbastanza bene il catalano, pur conoscendo abbastanza bene l’occitano, cioè la lingua della Provenza, pur conoscendo i diversi idiomi della Sardegna – ci è sembrato che il genovese, attraverso i suoi 1500 vocaboli d’importazione araba, turca o persiana, riuscisse a coinvolgere una grossa parte del Mediterraneo. Non del Tirreno, del Mediterraneo. Perché io penso che nel Milleduecento, nel Milletrecento, le galee genovesi la facevano abbastanza da padrone, insieme a quelle di Venezia e di Pisa. E quindi probabilmente il genovese allora era considerato una lingua. In ogni caso ha avuto la possibilità di importare questi termini tipo bacàn o acan che vuol dire «padrone». Cane è una parola tipica che viene dalla Persia. Khan si usa ancora adesso, l’Aga Khan.... Ma soltanto in questo disco qua ce ne saranno come minimo una cinquantina. (...)

C’è poi un altro tipo di problema, la salvaguardia delle etnie, vale a dire di quei piccoli popoli dimenticati da Dio e dagli uomini che se non si sorreggono di per se stessi finiscono male. Finiscono per deprimersi e per deperire, per scomparire. Io credo invece moltissimo nel ritorno di queste culture popolari. Anche perché se uno perde le proprie radici storiche, le proprie radici culturali, rischia di perdere oltre che la propria identità anche la propria dignità. È giusto fare il nuovo, ma è altrettanto giusto ricordarsi da dove si viene. È come per un animale perdere il proprio istinto. Allora si finisce come quelle tartarughe, che dopo aver fatto le uova sulla spiaggia, invece di dirigersi di nuovo verso il mare, si dirigono verso l’entroterra. Non vorrei fare quel tipo di fine. E desidererei che altri ci imitassero

ho un'intervista a Pagani sul lavoro di Creuza de Ma uscita su Musica/Realtà qualche mese fa.

Appena quel pirla di Gian me la scannerizza ve la passo

mambu ha scritto:Appena quel pirla di Gian me la scannerizza ve la passo

Grazie!

Anime Salve - De Andrè-Battiato - London Symphony Orchestra

L'ho ascoltato interamente, il cd ..online...
l'unica che per me può essere "aggiunta" come cover-chicca alla discografia originale di Faber è questa...e per due motivi:
quelle due voci che cantano insieme sono una carezza all'anima
(in Anime Salve il duo è con l'altro autore del cd Fossati...qui Battiato che quasi parla-racconta...scolpisce parole..)...
i suoni-orchestra non prevalgono,ma accompagnano....cosa che non succede - per il mio orecchio - nel resto delle covers....ma soprattutto perchè in Faber la parola è il fulcro e la musica è l'eco-rafforzativo.....se scambi i piani, si ammoscia la forza-comunicazione.
Tutta l'operazione acquista senso se è occasione per i non-italiani di conoscere De Andrè...col richiamo London Orchestra......per noi (inteso come chi c'è cresciuto con..)....credo abbia effetto-intramuscolo.

Dal Fatto Quotidiano

di Emiliano Liuzzi -11 gennaio2012

Tredici anni senza
De André
Prima di andarsene, ci ha lasciato la maturità artistica e noi, già orfani di un rock morto e sepolto, gli scodinzolavamo attorno. Ci ha lasciato un disco, un tour e una canzone, Marinella, cantata insieme a Mina. Quando Vincenzo Mollica gli chiese della sfida di cantare con Mina, Fabrizio De André, Faber per alcuni amici, Fabrizio per altri, De André per tutti quelli che non l’hanno conosciuto ma amato incondizionatamente, rispose tirando forte l’ennesima Marlboro: “Una bella sfida, cantare con Mina, perché la voce di Mina è un miracolo. Credo che abbia una memoria prenatale della musica, quel sapere prima di conoscere che è tipico della genialità”.

Così lasciò i microfoni De André a Vincenzo Mollica. Con pochi giornalisti riusciva a parlare sorridendo, e tra questi c’erano sicuramente Molllica, Cesare Romana, unico biografo riconosciuto di De André, e pochi altri amici del giro sardo, quelli che andavano a trovarlo all’Agnata, l’azienda agrituristica che si era costruito a dieci chilometri di niente da Tempo Pausania da dove nel 1979 venne sequestrato dall’Anonima e dove tornò, per rimanerci altri vent’anni. Nessuno lo avrebbe fatto. “Io sono libero”, disse, “i sequestratori no”, disse poco prima di comporre quel capolavoro che è l’Hotel Supramonte.

Oggi sono 13 anni che De André se n’è andato. Non servono a niente le parole, per lui parlano la musica e le interviste, quasi sempre lucide, appassionanti. Non serve a niente mescolare le parole e i ricordi. Basta ascoltare La domenica delle salme e capire quanti anni fosse avanti Fabrizio. È la quasi radiografia di quello che siamo oggi. Un Paese misero, circondato da governanti tromboni.

Lo avremmo ascoltato ancora a lungo. I cantautori hanno sempre percorso una strada che per noi, che stavamo ad ascoltarli, raggiungeva l’apice vent’anni prima. L’unico che è riuscito a sovvertire questa regola è stato De André: dal primo disco, Volume 1, è stato un continuo crescere, fino all’esplosione di Creuza de Mä, forte come una libecciata, da scompigliarti i capelli e l’anima, alle Nuvole e Anime Salve, in parte scritto a quattro mani con Fossati.

Ti ricordiamo così, senza andare oltre e scadere nella retorica, magari pensando a quella Preghiera in gennaio che oggi ti dedichiamo, come tu facesti con Luigi Tenco.