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Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane

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Messaggio Da Cantastorie Lun 17 Mag 2010, 22:37

Lo spunto per questo 3d che avevo già in mente da tempo m'è venuto da alcuni video youtube di Edith Piaf ...
e allora inizio con inserire un link con la sua breve biografia ..
Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane Edith_Piaf

http://www.ilportoritrovato.net/html/edithpiaf.html

Quando
si aprì il sipario dell'Olympia, sulle note
dell'orchestra, vedemmo avanzare una creaturina spaurita e
barcollante, di capelli grigi, sorretta dal suo nuovo grande
amore, il giovane parrucchiere greco Théo Sarapo, alto,
bello come un dio greco. Credo che la sala avvolta da un'aura
tragica, la voce di una Francia disperata, di una Parigi affamata
d'amore e dirle con la freddezza di pochi battiti di mano che
quell'uomo era un usurpatore, un signor nessuno, una sanguisuga
che suggeva avidamente il miele della gloria altrui. Ma il
sorriso di Edith, il passerotto (Piaf, in argot parigino) era lì
a dirci che lei se ne fregava di quel che si poteva pensare di
loro due insieme, perché lui le regalava il sogno di nuove
carezze, entrava nel suo letto, la faceva sentire amata, e tanto
bastava, ed eccola cantare che “alla faccia degli
uomini/disprezzando le loro leggi/mai niente e nessuno/m'impedirà
d'amare/ me lo sono conquistato questo diritto/ l'ho pagato
questo diritto...”.


Un passerotto con
l'artrite


La voce di Théo
sapeva un po' di quelle campane di coccio che si vendono alle
fiere di paese, e quando cantavano insieme A quoi ça
sert l'amour?
Il disagio era palpabile. Ma c'era lei a
prenderci per mano, con la propria felicità che sprizzava
da quegli occhi pieni di sofferenza, da quel corpo piegato
dall'artrite che era davvero quello di un passerotto ferito e
soprattutto da quella voce cupa e drammatica che aveva mille
risonanze di gioia: “Ma tu sei l'ultimo( ma tu sei il primo/
prima di te non avevo niente / con te sto bene / sei tu che
volevo / sei tu che mi ci voleva / te che amerò sempre / a
questo serve l'amore...”.


Sangue livornese

Una nascita da
leggenda, prima di tutto, come le tante che fioriranno attorno a
lei. Scena prima: è il 19 dicembre del 1915, la prima
guerra mondiale insanguina l'Europa e una donna di nome Line
Marsa, d'origine livornese, si accascia sotto ad un lampione di
Parigi, urlando di dolore. Un poliziotto accorre, l'aiuta a
partorire e nasce Edith Giovanna Gassion, figlia di due artisti
girovaghi, lui contorsionista e acrobata in un circo, lei
cantante di fiere e mercati. Come potevano portarsela dietro in
quella vita d'accatto? E chi dei due, visto che vivevano
pressoché separati? La affidarono alla nonna materna che
gestiva un bordello a Bernay, in Normandia.


Fin dove è
leggenda? Oppure è verità? Se fosse verità,
ecco la prima traccia di un “io” dal percorso tremendo:
manca l'amore dei genitori e in quella casa di tolleranza l'amore
è solo merce a pagamento. Ce n'é abbastanza perché
più tardi la piccola Edith venga colpita da cecità,
come se non volesse vedere ciò che la circondava. Cecità
passeggera, fortunatamente.


Poi ecco ricomparire
il padre, che si ammala mentre gira la Francia con lei e lei che
si mette a cantare per la strada La Marsigliese per rimediare
moneta e dar da mangiare anche a lui. E' la scuola di canto e in
repertorio verrà poi anche il Ça ira della
rivoluzione, che lei canta con una rabbia da sanculotta e una
voce che sa di ruvida corda insaponata: “Ah ça ira ça
ira ça ira/ les aristocrates à la lanterne/ Ah ça
ira ça ira ça ira/ les aristocrates on lés
pendras!”.


Così
cambiò nome


A 18 anni è
già incinta di un muratore, Luis Dupont. La figlia che
nasce, Marcelle, morirà di meningite all'età di due
anni. Eccola dunque già in pieno calvario, la piccola
Edith. Che potrà ormai capitarle di peggio? E infatti il
futuro le riserva qualcosa di meglio: l'impresario Louis Leplée
che la porta al cabaret Gerny e le offre di cantare per qualche
sera. Ma un momento: questa ragazzina ha voce potente ma un corpo
da scricciolo, come diremmo noi, sicché Leplée le
affibbia il nome d'arte di Piaf, il passerotto, e via quel
Gassion che sa di poco.


A questo punto il
biografo direbbe che quel passerotto spicca il volo, che la Piaf
resta per mesi a Gerny, che intellettuali e cantanti, a
cominciare dal già famoso Chevalier, accorrono per
ascoltarla. Dice anche che Leplée muore e che nella vita
di Edith entrano Raymond Asso, Michel Emer (autore di molte delle
sue canzoni), Paul Merisse e tanti altri che – pare –
le sono anche maestri. Uomini che vanno e vengono e lei che ad
ognuno chiede sempre di più, lei che ha un incontenibile
bisogno d'amore. Come quando sul finire della seconda guerra
mondiale (lei intanto è già un nome e si esibisce
nei locali di grido ma anche nei campi di concentramento dove i
nazisti rinchiudono civili e militari), conosce Yves Montand e
con lui canta al Moulin Rouge. Ogni sera la sua voce diventa una
dichiarazione d'amore per il giovane ex scaricatore di porto di
Marsiglia d'origine italiana, che ci sta, ma per poco e vola via
appena diventa lui stesso un nome di cassetta.


Nel 1946 Edith Piaf
scrive la parole (la musica è di Louiguy) per una canzone
che diventa l'inno del ritorno alla vita di una Francia pugnalata
dall'Italia e invasa dai nazisti e ora liberata dagli alleati e
dai partigiani. E' La vie en rose, “due occhi che
fanno abbassare i miei/ un sorriso che si perde sulla sua bocca/
ecco il ritratto senza ritocchi/ dell'uomo al quale appartengo/
quando mi prende tra le braccia/ e mi parla sottovoce/ io vedo la
vita in rosa...”.


Non dice “io
sono mia”, ma “l'uomo al quale appartengo”, poiché
Edith vuole e ha bisogno di appartenere a qualcuno, da sentirsi
protetta, eletta, desiderata. La sua voce è ormai la
storia della Francia, ma a lei questo non basta. Quanti dischi
sta vendendo? Quanti soldi sta guadagnando? Nessuno lo sa, ma è
certo che nessuno l'ha vista con levrieri al guinzaglio scendere
impellicciata da una limousine. Edith continua ad essere un
passerotto che canta l'amore e che di amore ha bisogno più
del pane. Per le sue stanze e i suoi camerini passa gran parte
del futuro della canzone e del cinema francesi: Gilbert Bécaud,
Charles Aznavour, Charles Dumont (un altro che le scrive
bellissime canzoni), Leo Ferré, Eddie Constantine. Taluni
si fermano un po', altri fuggono lasciandole le loro canzoni.
Come George Moustaki, che due anni fa a Torino ci raccontava di
com'era difficile viverle accanto. Moustaki scriverà per
lei Milord, che in Italia segnerà l'affermazione
della giovane Milva.


Una canzone una
tappa di vita


Intanto scorrono le
canzoni: Les amants de Paris, Hymne à l'amour, Jezebel,
Padam Padam, La goualante du pauvre Jean, La foule, Mon menège
à moi, non, je ne regrette rien, La belle histoire
d'amour, Les flon-flons du bal, T'es l'homme qu'il me faut, Mon
Dieu
...L'elenco è lungo, centinaia di successi,
ristampati in questi anni in grandi e costose raccolte. Ognuna di
queste canzoni segna una tappa della vita di Edith, che ha
trovato in Marguerite Monnot, musicista classica, una
straordinaria collaboratrice (con lei è nato quell'Inno
all'amore
scritto dopo la morte del pugile marocchino Marcel
Cerdan, che stava volando verso di lei, che era a New York, su un
aereo che si schianta su una montagna delle Azzorre). Con la
Monnot nasce anche Milord (di Moustaki erano solo le
parole), per dirne solo due. Ma Edith era brava anche come
autrice di testi, che avevano il pregio della poesia della
strada, della lingua parlata. Come appunto nell'Inno
all'amore: “Io me ne fotto del mondo intero/ quando
l'amore inonda le mie mattine/ che m'importa dei problemi/ amore
mio, perché tu mi ami”. Edith era in albergo a New
York (l'accoglienza americana fu una prima volta freddina, poi
clamorosa) quando le televisione dette la notizia dell'incidente
aereo nel quale persa la vita Cerdan. Dovettero imbottirla di
calmanti. Lui era un pugile, non un cantante, e forse era
finalmente davvero l'uomo giusto, il Grande more, perché
Marcel dalla faccia di pietra era già famoso e non aveva
bisogno di lei per assicurarsi un posto nell'Olimpo delle
celebrità. Quella morte la rigettò all'inferno.


Porta il mio
corpo a Parigi


Siccome le sue
canzoni erano cantate da tutti, capitò anche che qualcuna
assumesse connotazioni politiche, come quando i reduci
dall'Algeria, e i parà, si appropriarono di Non, je ne
regrette rien
per cantare, in polemica con De Gaulle, che ciò
che avevano fatto oltremare era tutto giusto. Un destino che
questa canzone non meritava e che va riportata ad una Piaf che
quando non precipita nel baratro delle droghe o delle malattie e
conosce lo sprazzo di sole di una nuova storia canta di non
rimpiangere “né il bene che le hanno fatto/ né
il male/ tutto questo per me è uguale/ ho pagato amato
dimenticato/ chi se ne frega del passato/ Con i miei ricordi/
accendo un fuoco/ le tristezze e i piaceri/ li metto via/ e
riparto da zero”.


Ripartì da
zero anche con Theophanis Lamboukas, in arte Théo Sarapo,
ed era il 1961. Il povero Théo era appena arrivato alla
platee che Edith si ammalò, facendosi promettere da lui
che se fosse morta l'avrebbe riportata a Parigi. Era l'11 ottobre
1963 e il ragazzo non fece una piega, caricò quel corpo
quasi senza peso sul sedile posteriore della macchina e raggiunse
la Capitale.


Una voce per
l'eternità


Edith Giovanna
Gassion fu sepolta a Père-Lachais, il cimitero delle
celebrità e dei Comunardi, com'era giusto, e quel giorno
c'erano centomila persone che la piangevano, Jean Cocteau aveva
scritto l'elogio funebre ma anche lui scomparve prima di poterlo
leggere. Parlava della Piaf come di una “bocca da oracolo”,
“di mani da lucertola tra i sassi”, di “una voce
per l'eternità che terrà testa ai secoli”. E
aveva ragione, se anche noi, dopo quarant'anni di fragori, non
siamo riusciti a dimenticare quella serata all'Olympia.


Leoncarlo Settimelli
– L'UNITA' – 12/10/2003


altra biografia online http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=375&biografia=Edith+Piaf
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Messaggio Da miniatina Lun 17 Mag 2010, 22:39

Pensavo che fosse un sondaggio di Giops Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 27272 Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 206838
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Messaggio Da Cantastorie Lun 17 Mag 2010, 22:41

no Miniatina eheheheh ...

E' un'idea di riunire biografie e ascolti-video di cantanti straniere del novecento ...
da Miriam Makeba a Patty Smith ....da Ella a Barbra Streisand ....da Lisa Minnelli a Tina Turner...e a chivvepare ..basta che non sia italiana OCCHEI!
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Messaggio Da echo Lun 17 Mag 2010, 23:31

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Messaggio Da maimeri Lun 17 Mag 2010, 23:44

ecco, qualcuno mi spieghi janis joplin perchè la sua voce mi è semrpe sembrata tutto tranne che straordinaria.
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Messaggio Da Cantastorie Lun 17 Mag 2010, 23:52

X Maimeri:

puoi cominciare a farti un'idea leggendone la biografia ..
http://www.ondarock.it/rockedintorni/janisjoplin.htm

Il mondo del rock era ancora sotto shock per la morte di Jimi Hendrix, quel 4 ottobre del 1970, quando arrivò la notizia che al Landmark Motor Hotel di Hollywood, California, era stato trovato il corpo senza vita di Janis Joplin. Quindici giorni dopo la scomparsa del grande chitarrista, si spegneva anche la voce femminile più "blues" della storia del rock. Il referto del dottor Noguchi, capo coroner della contea di Los Angeles, non lasciò spazio a dubbi: la cantante americana era morta il giorno prima, stroncata da un'overdose di eroina. Il suo corpo fu cremato e le sue ceneri disperse nell'Oceano, lungo la costa di Maryn County, in faccia all'Oceano.
Finiva così, a soli 27 anni, l'esistenza inquieta di Janis Joplin. Una vita vissuta pericolosamente, tra droghe e alcol, da quando, appena ventenne, era fuggita dalla sua "prigione natale", come chiamava Porth Arthur (Texas), la città dove era nata il 19 gennaio 1943. Il padre lavorava in una fabbrica di lattine, la madre era impiegata in un college. Sovrappeso e con la pelle rovinata dall'acne, Janis era una ragazzina piena di complessi, che cercava rifugio nella musica. Così, a 17 anni, mollò il college e fuggì di casa. Per seguire le orme delle sue stelle musicali preferite: Odetta, Leadbelly e Bessie Smith.

Cominciò esibendosi nei club country&western di Houston e di altre città del Texas. Appena ebbe abbastanza denaro, prese un bus per la California. Era l'era hippy, e Janis entrò a far parte di diverse comuni, stabilendosi a San Francisco per alcuni anni. Per un caso, tornò in Texas all'inizio del 1966, poco prima che un suo amico, Chet Helms, diventasse il manager di un nuovo gruppo rock, "Big Brother and the Holding Company".

La band aveva bisogno di una vocalist femminile e Helm pensò a Janis. La contattò e la convinse a tornare a San Francisco. La fusione tra la voce abrasiva di Joplin e il ruvido acid-blues della band si rivelò un successo. Il gruppo divenne subito popolare in tutta l'area di San Francisco e fu chiamato a partecipare al rock festival di Monterey nel 1967. Una performance trionfale, bissata due anni dopo da Janis Joplin, questa volta come solista, a Woodstock.

Arrivò così il loro album d'esordio, intitolato semplicemente con il loro nome, Big Brother and the Holding Company. Seguì una serie di concerti in tutti gli Stati Uniti. L'esibizione di Janis Joplin a New York, in particolare, entusiasmò la critica. Il successo la convinse così a lasciare la band, per intraprendere la carriera solista, nel 1968, subito dopo la pubblicazione del secondo album, Cheap Thrills, impreziosito da una cover "acida" di "Summertime" di George Gershwin, resa memorabile dall'interpretazione straziante di Joplin.
Nel frattempo, la cantante texana era diventata uno dei simboli del rock al femminile,
e, a dispetto di un fisico non proprio da top-model, perfino un sex-symbol. La sua sensualità selvaggia la rendeva infatti l'alter ego femminile di ciò che erano, in quegli anni, Jim Morrison o Mick Jagger. Lo confermava un articolo apparso su "The Village Voice": "Pur non essendo bella secondo il senso comune, si può affermare che Janis è un sex symbol in una brutta confezione".

Il gruppo di musicisti con cui Janis intraprese la carriera di solista si chiamava "Kozmic Blues Band". Con questa band realizzò il suo primo album per la Columbia: I Got Dem Ol' Kozmic Blues Again Mama. La sua vita era a una svolta. Stanca di storie sentimentali senza futuro, aveva trovato un uomo che finalmente amava. E dopo le critiche alle sue ultime performance, sembrava aver deciso di dare un taglio agli eccessi di un'esistenza inebriante ma illusoria. All'inizio del 1970, così, formò un nuovo gruppo, la "Full-Tilt Boogie Band", con cui diede vita a un album-prodigio come Pearl (il soprannome con cui la chiamavano gli amici). Oltre a una versione di "Me and Bobby McGee" di Kris Kristofferson, il disco includeva hit come la trascinante "Get it while you can", la struggente "Cry baby" e l'umoristica "Mercedes Benz", composta da lei stessa.

Ma prima che l'album fosse pubblicato, arrivò la tragica notte di Hollywood. Forse quel "buco" doveva essere l'ultimo. Forse anche con l'eroina aveva deciso di farla finita. Ma quella notte spense per sempre la sua voce. Una voce appassionata e straziante, che era insieme ruggine e miele, furore e tenerezza, malinconia blues e fuoco psichedelico. Un canto unico e inimitabile in tutta la storia del rock. "Era una musa inquietante - scrive il critico rock Riccardo Bertoncelli - una strega capace di incantare il pubblico, la sacerdotessa di un rock estremo senza distinzione tra fantasia scenica e realtà". Uno stile che diventerà un riferimento preciso per intere generazioni di vocalist, da Patti Smith a PJ Harvey, da Annie Lennox degli Eurythmics a Skin degli Skunk Anansie.

Janis Joplin, alla cui vita sarà dedicato l'imminente film "Piece of my heart", con Brittany Murphy, ha vinto tre dischi d'oro: il primo con la "Big Brother and the Holding Company" per l'album "Cheap Thrills", il secondo come solista per "I Got Dem Ol' Kozmic Blues Again Mama" e il terzo, postumo, con "Pearl". Grazie al pezzo di Kris Kristofferson, "Me and Bobby McGee" riuscì anche, dopo la morte, a scalare quella classifica dei singoli, nella quale in vita non era mai riuscita ad entrare. La critica, oggi, la considera all'unanimità una delle migliori interpreti bianche di blues di tutti i tempi. Alcune settimane prima di morire, aveva acquistato la lapide della tomba di Bessie Smith, la sua grande musa ispiratrice. E il destino ha voluto che anche il suo ultimo brano si rivelasse una macabra profezia: "Buried alive in the blues", sepolta viva nel blues.

--------------
in due parole, è una capo-stipite di un genere - il rock misto al blues al femminile diciamo - ...visto che prima di lei nessuno cantava in quel modo ..mentre dopo....lassamo perdere:):)
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Messaggio Da echo Lun 17 Mag 2010, 23:59



Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 127384 Bellissima Grace.
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Messaggio Da miaorizio Mar 18 Mag 2010, 00:31

Una voce femminile mi ha sconvolto e in un certo senso ha cambiato molte delle prospettive e idee della mia vita, era un astro nascente e ne ho seguito tutti i passi a distanza fino all'apoteosi del concerto allo stadio di Firenze, evento per me epocale che segnò definitivamente il passaggio all'età adulta. Magari non è la voce femminile piu' straordinaria, ma per 4 anni ho vissuto della sua poesia e della sua musica. Indelebile, incendiaria, stridente e totalmente out, con una sessualità androgina intrigante che non ricorreva a trucco e parrucco ma ti coinvolgeva totalmente. Per anni ho raccolto foto, interviste ritagli e quant'altro. in attesa di poterla vedere dal vivo ho centellinato il suo primo bootleg Teenage Perversity and Ships In The Night assaporandone tutti gli umori al buio della mia cameretta con lo stereo al massimo, ho letto i suoi poemi mescolandoli a Tarantula di Bob Dylan e immaginavo paralleli con Jim Morrison. John Cale, che in quel periodo oltre a sfornare album bellissimi e profondi per conto suo aveva appena finito di lavorare con Nico a The End, le produsse un album dal suono non eccelso ma che era riuscito a raccogliere le esperienze sul palco del CBGB's a metà stada fra happening, lettura di testi poetici e rock seminale, asciutto, dalle chitarre rock essenziali e strazianti e dalle ritmiche trascinanti memori di certi Rolling Stones.
Quando misi sul piatto il primo disco, foto di copertina in bianco e nero firmata Robert Mapplethorpe e sentii la prima frase recitata in apertura capii immediatamente la grandezza di questa donna che avrebbe prodotto solo 4 album prima di ritirarsi per piu' di 10 anni.
La frase d'apertura era:
Jesus Died For Somebody's Sins But Not Mine
la cantante è:
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Messaggio Da seunanotte Mar 18 Mag 2010, 21:40

http://www.ondarock.it/songwriter/arethafranklin.htm

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Messaggio Da Cantastorie Mar 18 Mag 2010, 22:07

Miriam Makeba - mamma Africa
in spoiler la biografia
http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=806&biografia=Miriam+Makeba
Spoiler:
Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane Miriam_Makeba

Qui con Paul Simon...
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Messaggio Da rossadavino Mer 19 Mag 2010, 22:18

<table id="ritrattotopleft" border="0" cellpadding="0" cellspacing="0"><tr><td>
</td></tr></table>
<table id="ritrattotop" width="100%" border="0" cellpadding="0" cellspacing="0"><tr><td>
</td></tr></table>
<table id="ritrattotopright" border="0" cellpadding="0" cellspacing="0"><tr><td>
</td></tr></table>
<table id="ritrattoleft" class="ritrattoleft" border="0" cellpadding="0" cellspacing="0"><tr><td>
</td></tr></table>

<table id="ritrattoright" class="ritrattoright" border="0" cellpadding="0" cellspacing="0"><tr><td>
</td></tr></table>
<table id="ritrattobottomleft" border="0" cellpadding="0" cellspacing="0"><tr><td>
</td></tr></table>
<table id="ritrattobottom" width="100%" border="0" cellpadding="0" cellspacing="0"><tr><td>
</td></tr></table>
<table id="ritrattobottomright" border="0" cellpadding="0" cellspacing="0"><tr><td>
</td></tr></table>
Billie Holiday Nasce con il nome di Eleanor Fagan a Baltimora il 7 aprile del 1915.

Il padre, Clarence Holiday, abbandona la famiglia molto presto
mentre la madre non è certamente una persona, e tantomeno una madre,
convenzionale. A causa di questo desolante quadro familiare, quindi,
Billie cresce sostanzialmente sola e con notevoli problemi
caratteriali.
Una delle tante leggende e dicerie che circolano sul suo conto
(questa però, purtroppo, con solidi e non peregrini elementi di
verità), le attribuiscono addirittura un passato di prostituzione,
esercitata in giovanissima età per guadagnarsi da vivere e sollevarsi
dal regime di miseria in cui versava la sua famiglia.


La sua vita ha una svolta quando, trasferitasi a New York, viene
scoperta da John Hammond, un artista che cantava in un Club di Harlem e
che disponeva di notevoli agganci e conoscenze. Nel 1933 Hammond
arrangia per lei, con Benny Goodman (ossia uno dei massimi
clarinettisti, sia classici che jazz, della storia), un paio di pezzi
che segnano l'inizio della sua carriera. Nello stesso anno apparve nel
film di Duke Ellington "Symphony in black".


In seguito entra a far parte di una delle orchestre più in voga del
momento, quella di Count Basie e incide una canzone con l'orchestra di
Artie Shaw. Ormai nel "giro", sembra che la sua carriera stia per
decollare, tant'è che le collaborazioni e le richieste di incisioni si
susseguono. Ad esempio, sul fronte delle produzioni più importanti,
sono da segnalare diversi dischi con il pianista Teddy Wilson e il
sassofonista Lester Young, altri nomi storici del jazz. Quest'ultimo le
attribuirà il celebre soprannome di "Lady Day" e, nel 1939, diventa la
stella del Cafe Society.


Sull'onda del successo, ormai riconosciuta come una delle voci più
intense della musica, incide la splendida "Strange Fruit", un
capolavoro di interpretazione e un inno contro il razzismo di cui lei
stessa in fondo è vittima. Il brano, per reazione di alcuni ambienti
conservatori, viene vietato in diversi paesi.

Negli anni Quaranta e Cinquanta Billie Holiday si esibisce, con
grande successo, in locali di tutti gli Stati Uniti e nel 1946 recita
nel film "New Orleans" con Louis Armstrong,
ma sfortunatamente è proprio in questo periodo che comincia a fare uso
di eroina. Lo sregolato e dissoluto regime di vita a cui si sottopone
interferisce pesantemente con la sua carriera rovinandole fra l'altro
la preziosa voce.

A questo riguardo Tony Scott, un suo musicista collaboratore, ha
detto di lei: "... Billie Holiday è stata e sempre sarà un simbolo
della solitudine: una vittima dell'american way of life come donna,
come nera e come cantante jazz. Per la società bianca tutto questo
voleva dire essere l'ultima ruota del carro. Questo insieme di shock e
traumi la spinse a cercare un qualcosa che l'aiutasse ad annebbiare il
dolore spirituale e mentale. Appena si presentò l'opportunità, cominciò
subito a far uso di stupefacenti.


Nel 1956 scrive "La Signora canta il blues", la sua autobiografia, da cui fu tratto un film con Diana Ross nel 1973.


Nel 1959 dopo la sua ultima incisione, subisce un attacco di
epatite e viene ricoverata in ospedale a New York. Anche il suo cuore
ne risente. Muore il 17 luglio, all'età di 44 anni, con la polizia
attorno al suo letto. Il suo grande amico, Lester Young, era morto il
15 marzo dello stesso anno.


Sempre dalle parole di Tony Scott, riportiamo una toccante immagine
della cantante: "[...] Solo due donne nella mia vita non mi hanno mai
offeso: mia madre e Billie Holiday. Tutti ascoltano i dischi di Billie,
tutti conoscono il suo nome. rappresenta la "vittima". La sua voce
tocca chiunque, anche chi non capisce le parole, perché il suo canto
nasce direttamente dall'anima. L'anima di un essere umano molto
profondo, che capisce la tristezza, la felicità, la solitudine, il
successo e che fu sempre destinata ad avere un no good man a fianco, un
buono a nulla".


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Messaggio Da Gaufre Mer 19 Mag 2010, 22:20

direi assolutamente Nina Simone
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Messaggio Da Chiara 75 Mer 19 Mag 2010, 22:25



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Messaggio Da Gaufre Mer 19 Mag 2010, 22:27

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Messaggio Da rossadavino Mer 19 Mag 2010, 22:32

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Messaggio Da rossadavino Mer 19 Mag 2010, 22:34

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Messaggio Da Cantastorie Mer 19 Mag 2010, 22:34

Amalia Rodrigues - Il fado

in spoiler la biografia da wikipedia..l'unico sito completo che ho trovato adesso è in portoghese, linko ugualmente però
http://www.amaliarodrigues.lisbon52.com/
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Messaggio Da rossadavino Mer 19 Mag 2010, 22:38

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Messaggio Da Cantastorie Mer 19 Mag 2010, 22:41

La mia ninna quand'ero nica nica Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 253539 , ma le parole erano la la la' Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 253539

La greca Nina Mouskouri - Plaisir d'amour
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Messaggio Da Cantastorie Mer 19 Mag 2010, 22:48

Argento vivo Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 520798 Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 520798 Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 520798 Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 520798 Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 520798



biografia stringa stringa in italiano in spoiler
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Messaggio Da rossadavino Mer 19 Mag 2010, 23:05

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Messaggio Da seunanotte Gio 20 Mag 2010, 11:59

In questo 3D tutte le mie preferite,anche il fado della Rodrigues Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 492913 caspita
Billie Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 127384 voce unica
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Messaggio Da LucyGordon Gio 20 Mag 2010, 12:21

Christina Aguilera accompagnata da un tale......Herbie Hancock.

.
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Messaggio Da xenas Gio 20 Mag 2010, 13:31

seunanotte ha scritto:In questo 3D tutte le mie preferite,anche il fado della Rodrigues Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 492913 caspita
Billie Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 127384 voce unica

amalia rodrigues.. quanti ricordi.... sono stata fidanzata 2 anni con un lisboeta Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 277752

andai a nell'alfama a vedere il fado in un locale fuori dal circuito turistico, pieno di lisboeti, si esibivano durante la cena, abbassavano le luci... il fado di lisboa poi ha sia la versione saudade e quella allegra....

che meraviglia

aggiungo che Amalia è venerata come una dea in portogallo, il suo corpo è stato traslato nel pantheon a lisbona in compagnia di gente come vasco da gama e albiquerque....
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Messaggio Da rossadavino Gio 20 Mag 2010, 17:23

Xenas grazie di dividere con noi i tuoi ricordi, Amalia Rodriguez
mi fa venire i brividi, a volte non posto tanti video, per non sentirmi
dire che so antica Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 583831 Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 583831 Grandi cantanti donne del 900 - NON italiane 583831
tanti piano piano lo farò lo stesso
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