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Enzo Bearzot

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Messaggio Da Amantide_Religiosa Mar 21 Dic 2010, 18:36

Addio a Enzo Bearzot
ct dell'Italia Mundial


Aveva 83 anni, le sue foto con Pertini sono sui libri di storia. Guidò la squadra in tre campionati del mondo

Enzo Bearzot
La carriera

MILANO - E' morto a Milano Enzo Bearzot, ct campione del mondo dell'Italia nel 1982. Il "vecio", allenatore amatissimo, se n'è andato in silenzio: era gravemente malato, ma non voleva dirlo a nessuno. Era nato nel settembre del '27, aveva dunque 83 anni. La sua foto con Pertini, e in mezzo la Coppa del Mondo, è sui libri di storia. E' stato un esempio di stile e compostezza, sia da calciatore che da allenatore. Lascia la moglie Luisa, i figli Glauco e Cinzia, e un immenso rimpianto dentro e fuori il suo mondo.

E' stato alla guida della Nazionale, dal '75 al 1986. Esordì con un Italia-Finlandia 0-0. Fu ct in tre Mondiali, ottenendo un insperato quarto posto in Argentina. Un Mondiale in cui sbocciarono giovani come Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli e Paolo Rossi. Un gruppo fantastico che poi Bearzot avrebbe portato alla vittoria nel Mondiale del 1982. E fu per le ragioni del cuore che confermò un gruppo ormai sfiorito nel 1986, quando la Nazionale fu eliminata in Messico agli ottavi di finale dalla Francia di Platini. Fu la sua ultima partita alla guida della squadra azzurra.

Ora è forse ovvio dire che Bearzot non c'entrava nulla con il calcio di oggi. Non avrebbe mai elencato i tredici errori arbitrali come ha fatto Mourinho l'altro giorno. Si può parlare di uno stile Bearzot, certo. Uno abituato a combattere con la stampa ogni mattina, ad affrontare -come successe davanti a un albergo di Roma - un giovane tifoso che lo chiamò scimmione perché non aveva convocato Beccalossi. Alla fine - la storia insegna - ha avuto ragione lui.

Il suo capolavoro fu la preparazione del Mondiale 1982. Una squadra assediata, un mondo allo sfascio che usciva dal calcioscommesse, un centravanti -Paolo Rossi- reduce da una lunga squalifica. Bearzot creò un gruppo perfetto, con un allenatore in panchina, e uno in campo che si chiamava Zoff. Fu un Mondiale a nervi tesi quello in Spagna, nacque il famoso fenomeno del silenzio stampa, poi replicato infinite volte.

Fu la vittoria del "noi soli contro tutti", con una stampa e un paese totalmente ostili, con un giovanissimo Antonio Matarrese presidente di Lega che "voleva prenderli tutti a calci del sedere" dopo la deludente amichevole pre-mondiale. Ma in Spagna fu un crescendo. Un girone eliminatorio deludente, condite da feroci polemiche sul pareggio con il Camerun (1-1) che diede la qualificazione all'Italia. Bearzot ha sempre respinto con sdegno le insinuazioni sul risultato, e ne rimase ferito.

La seconda fase fu un trionfo: Gianni Brera, che era appena arrivato a Repubblica, la raccontò magistralmente. L'Italia mise in fila Argentina e Brasile cancellando la loro supponenza, fece risbocciare quello che da quel momento diventò Pablito, e cioè Paolo Rossi. Ma quel Mondiale segnò la scoperta di una delle ultime ali vere, Bruno Conti, il ragazzo di Nettuno, che in Nazionale ci era arrivato perfino tardi.

Arrivati alla semifinale con la Polonia, l'Italia di Bearzot sembrò non avere più rivali, spinta da un paese intero. Bearzot si permise perfino il lusso di lanciare un diciottenne di nome Bergomi, uno che si fece crescere i baffi per sembrare più adulto. Da allora fu detto "lo zio". L'Italia superò i polacchi, poi sbaragliò la Germania in finale, con quelle scene che vanno e rivanno sui siti e sui tg di tutto il mondo in queste ore: Pertini in piedi con Juan Carlos, l'urlo di Tardelli, la Coppa alzata al cielo da Zoff, ma poi anche da lui: elegantissimo, in giacca bianca.

Poi il viaggio di ritorno sull'aereo del presidente Pertini, con quella partita a scopone con Zoff, Causio e il presidente, quasi più combattuta della finale con la Germania, fra rimproveri e sorrisi. Il ritorno all'aeroporto di Ciampino, con la gente fuori e gli azzurri stremati dai festeggiamenti.

Forse a quel punto Bearzot avrebbe dovuto lasciare la Nazionale, ma non era nel suo stile e nella sua natura. Insistette sul gruppo dei vincitori, andando incontro a problemi simili a quelli della Nazionale post-Germania. Fallì la qualificazione agli Europei. Puntò tutto sui Mondiali in Messico, ma si portò fino alla fine una incredibile indecisione sui portieri, Galli e Tancredi. Scontava un momento di magra del calcio italiano, puntò su un Antonio Di Gennaro come cuore del gioco italiano, ma l'esperimento fallì. Un po' per stanchezza, un po' per consunzione, l'Italia uscì quasi subito, nel Mondiale che incoronò il genio di Maradona.

Dopo l'addio alla Nazionale, si ricorda poco di Bearzot. Se non la certezza per il calcio di avere un padre della patria, un garante di onestà, un vecchio saggio che ogni tanto ricordava, anche solo con una smorfia, che si stava esagerando.
(21 dicembre 2010)
http://www.repubblica.it/sport/calcio/nazionale/2010/12/21/news/morto_enzo_bearzot-10446187/


E' morto un pezzo di storia e un bel momento della mia vita. E' stato uno dei protagonisti che mi ha fatto amare il calcio italiano. RIP! triste bacio

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Messaggio Da seunanotte Mar 21 Dic 2010, 18:45

Amantide_Religiosa ha scritto:

E' morto un pezzo di storia e un bel momento della mia vita. E' stato uno dei protagonisti che mi ha fatto amare il calcio italiano. RIP! triste bacio

WUB ciao

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Messaggio Da Chiara 75 Mar 21 Dic 2010, 18:47




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Messaggio Da Amantide_Religiosa Mar 21 Dic 2010, 19:46

Enzo Bearzot il “Vecio”
Il “Don Chisciotte solo contro tutti”


Se n'è andato l'allenatore che formava gli uomini prima dei giocatori. L'uomo che sussurrava ai suoi “va-va-va”, a denti stretti mentre loro, recuperata palla, ripartivano a razzo facendo fuori uno dopo l’altro gente come Maradona, Zico e Falcao

Enzo Bearzot con il Presidente della Repubblica Sandro Pertini
Si è spento Enzo Bearzot. Il più amato e popolare allenatore che la Nazionale di calcio italiana abbia mai avuto insieme a Vittorio Pozzo (c.t. “mondiale” nel 34 e 38 morto, per uno strano caso della storia, anche lui un 21 dicembre, questo del 1968). Friulano di Ajello, classe 27, uomo non taciturno ma consapevole che le parole e i sorrisi siano denari che van spesi con dovuta proprietà, Bearzot aveva esordito come calciatore nella Pro Gorizia per poi emigrare ventenne a Milano, città che non avrebbe mai abbandonato e che, una volta smesso di allenare, amava girare in bicicletta da solo, tra via Washington e piazza Piemonte, oppure frequentarne i bar, come il caffè di via Oriani, dove, amatissimo, s’intratteneva a parlare di calcio e politica, sempre sottovoce come era nella sua indole. Dall’Inter “primo amore” era stato mandato a Catania, quindi vi era tornato per poi finire la carriera al Torino. Là aveva incontrato quel Nereo Rocco discepolo di Pozzo capace di insegnargli l’arte delle marcature asfissianti e delle fasce arrembanti ed assassine: in altre parole i segreti della scuola italiana. Vincendo il mundial spagnolo “in contropiede”, di quella scuola Bearzot sarebbe diventato uno dei maestri più importanti della storia. E una delle figure più care del Novecento italiano.

Il “vecio”, come era soprannominato, aveva assunto la guida della nazionale dopo l’infausto mondiale di Germania nel 74, quando la generazione dei Rivera e dei Riva si era oramai estinta e servivano nuove leve da far crescere e da accudire come un padre. Formerà un gruppo granitico, cui crederà fino alla fine e a dispetto di tutti. Rimane leggendario il suo rapporto conflittuale con la stampa, sintomatico di un Paese abile a gettare fango sull’uomo al comando per poi fargli statue e peana una volta che questo è arrivato da solo sulla vetta del mondo. Ai mondiali del 1978 fu accusato di aver stancato, schierandola, la rosa titolare nella inutile partita contro l’Argentina vinta 1 a 0. Pochi giorni dopo, al contrario, di aver sostituito, per farlo riposare, Causio sull’ 1 a 0 di Italia Olanda, la semifinale poi persa rocambolescamente due a uno. Ma peggio accadde due anni dopo durante gli Europei organizzati nel Belpaese. Solo due gol in quattro partite e il calcio italiano, nonché Bearzot, vennero messi all’indice. Catenacciaro, gli dissero. Avrebbero dovuto rimangiarsi tutto.

Perché Bearzot stava formando un gruppo che sarebbe passato alla leggenda. Uomini votati al modulo e alla corsa, dotati di talento, giovani ma già con esperienza, come Cabrini, Tardelli e tutto il blocco Juve, come Antognoni e il giovanissimo, ma già “Zio”, Bergomi, come l’imprendibile Conti e il vecchio Zoff (che Bearzot considerava come un terzo figlio). Insomma, una squadra perfetta, che però tutti, dopo l’inguardabile girone eliminatorio, consideravano una banda di schiappe di cui il Brasile delle stelle avrebbe fatto un sol boccone. Ebbene accadde proprio il contrario. Perché Bearzot, invece di ascoltare la stampa (come avrebbero fatto altri allenatori dopo di lui), puntò tutto sugli uomini che aveva formato e che meglio conosceva. Non convocò il capocannoniere del campionato Pruzzo beccandosi gli insulti da tutta Roma; lasciò a casa il talento di Beccalossi beccandosi un manrovescio da una fan incattivita. Resistette alla colata di fango che gli venne addosso dopo i tre pareggi di Vigo, alle critiche per aver fatto giocare Paolo Rossi, il quale, graziato dopo lo scandalo scommesse del 1980, visibilmente non stava in piedi. Introdusse il silenzio stampa e mandò come portavoce il laconico Zoff, il quale dovette difendere la squadra anche da assurde accuse di pederastia. Sembravano un’Armata Brancaleone sull’orlo della disfatta. Sarebbero stati ricordati per sempre.

Non è un caso, quindi, che di Bearzot tutti oggi serbino un ricordo felice. E che, apprendendo della sua scomparsa, si fermino per qualche secondo a ricordare. Ricordare lui è ricordare noi, come eravamo e come, nelle notti davvero magiche del Mundial spagnolo, gioimmo tutti assieme nonostante il solito scandalo, quello del Banco Ambrosiano, stesse dilaniando il Paese. Fu come una doccia liberatrice, ma anche la fine di un’epoca e di un mondo che non sarebbe mai più tornato. Per questo tutti quelli che allora erano in vita hanno perfettamente in mente, quasi giorno per giorno, la settimana che dal Sarrià di Barcellona ci portò a Madrid, i sei gol di Rossi, il miracolo di Zoff all’ultimo minuto contro il Brasile, il rigore fallito da Cabrini in finale, il «Campioni del mondo!» ripetuto tre volte da Martellini e le piazze piene di gente festante; tutti ricordano la pipa di Bearzot, il suo “va-va-va” sussurrato a denti stretti mentre i suoi uomini, recuperata palla, ripartivano a razzo facendo fuori una dopo l’altra tutte le teste di serie del torneo, l’Argentina di Maradona, il Brasile di Zico e Falcao, la Polonia di Boniek e la Germania di Rummenigge. E tutti ricordano il grido di Tardelli per il secondo gol della finale e quella azione all’arma bianca, in cui la catenacciara Italia di Bearzot portava nell’area avversaria Scirea e Bergomi, a fraseggiare prima che il povero Gaetano, facendo l’assist vincente, permettesse a Tardelli di diventare il Munch italiano. Ricordano le ammucchiate selvagge in campo con sopra Pablito, la felicità di Pertini e la partita a scopa sull’aereo presidenziale, quando Bearzot e Causio batterono la coppia Pertini Zoff facendo imbestialire il presidente.

Ma soprattutto ricordano un uomo che aveva formato degli uomini prima che dei giocatori, “un Don Chisciotte solo contro tutti” come ha detto Antonio Cabrini, uno che, senza particolari vanaglorie personali, semplicemente non amava apparire e parlare. Perché si può passare alla storia anche sussurrando. Addio Vecio. E grazie di cuore per averci fatto amare il gioco del calcio.

di Matteo Lunardini

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/12/21/enzo-bearzot-il-vecio-il-don-chisciotte-solo-contro-tutti/83097/

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Messaggio Da Cuore di Tenebra Mar 21 Dic 2010, 20:02

Un uomo serio. Di quelli che ci mancano oggi. Credo sia il riconoscimento che più avrebbe apprezzato. ciao
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Messaggio Da seunanotte Mar 21 Dic 2010, 20:09

IL RACCONTO
Quel Santo Catenaccio
riscoperto da Bearzot
di GIANNI BRERA
Quel Santo Catenaccio riscoperto da Bearzot
Questo articolo è stato pubblicato su "Repubblica" il 13 luglio 1982. E' il primo commento di Gianni Brera al trionfo dell'Italia di Bearzot nel Mundial spagnolo

Io triumphe, avventurata Italia! il terzo titolo di campione ti pone accanto al magno Brasile nella gerarchia del calcio mondiale. Hai strabiliato solo coloro che non te ne ritenevano degna, non certo coloro che sanno strologare a tempo e luogo sul mistero agonistico del calcio. La tua vittoria è limpida, pulita: non e neppure venuta dal caso, bensì da un'applicazione soltanto logica (a posteriori!) del modulo che ti è proprio, e in tutto il mondo viene chiamato all'italiana. Eri partita misera outsider, fra lo scetticismo di tutti coloro che prendevano alla lettera i principi enunciati dal tuo bravissimo e un po' fissato Ct Egli straparlava da anni di imporre il proprio gioco. Ha tentato di farlo e si è amaramente accorto di non averne. L'ha tentato con squadre che gioco non avevano a lor volta. Per Ia miseria d'un gol ha preceduto il Camerun, evitando uno smacco insopportabile per Ia tua storia gravida di eventi e di allori.

In questo primo turno abbiamo un po' tutti ringhiato il nostro orgoglio deluso. Ia nostra inaccettabile mortificazione. Ma poche parole scambiate con il Ct mi avevano convinto d'un sospetto fondato: egli predicava male con Ia riposta intenzione di razzolare bene. II caso ha voluto che cadesse per il secondo turno nella fossa dei Ieoni sudamericani: con te, misera Italia. Ia superba
Argentina, il tracotante Brasile. E allora il Ct è stato gloriosamente costretto a smentirsi. Ha impostato partita difensiva con I'Argentina e l'ha battuta in breccia. Ha dato nuovo e inatteso lustro alla scuola italiana, da troppi mal giudicata (perche egli stesso, il Ct, contribuiva a smentirne il prestigio con affermazioni contrarie). Santo catenaccio ha gloriosamente attentato alle funzioni epatiche di Luis Cesar Menotti, che ci aveva accusato di passatismo cronico, edi imperdonabile ritardo storico. Pensa te il bischero della Plata!

Contro il Brasile, quasi Ia stessa musica. Anche il Brasile aveva battuto l'Argentina, però umiliandola secondo fantasie che molto avevano del rituale africano. Nessuno al mondo avrebbe osato sperare nel miracolo di un'altra vittoria italiana. E invece ha propiziato il nuovo miracolo l'ingenua galloria dei brasiliani, dimentichi d'un assioma fondamentale del gioco: il safety first (primo non prenderle) degli antichi maestri inglesi. Bastava ai brasiliani il pareggio per accedere alle semifinali: hanno dimenticato Ia difesa mandando anche i terzini a cercare Ia vittoria. Noi abbiamo fatto esattamente il contrario. E' per giunta rifiorito Rossi sulla contorta e bassa siepe del nostro orto improvvisamente dilatato, e aperto ai miracoli. I pavoni brasiliani non si sono accorti di Rossi, non l'hanno degnato d'un guardo. Ha segnato tre gol e ne ha sbagliato un quarto, il più facile, subendo per giunta un rigore. Di goleada avrebbero dovuto perdere i brasiliani. Sono stati risparmiati dalla fortuna, che i malevoli e i fessi consideravano fin troppo favorevole a noi. Mi sono accorto a questo punto che capitare nel gruppo dei più forti era stata una bazza autentica. Non avendo gioco, l'Italia esaltava quello degli altri, se ne avevano: e certo non ne erano privi i piu forti. Così abbiamo moltiplicato le doti tradizionali delle nostre difese. E molto avremmo gradito che, per onestà critica, il commissario tecnico Bearzot riconoscesse questa virata di bordo.

II Ct è onesto: chi gli ha mancato di rispetto al difuori della tecnica ha fatto molto male, ha offeso il buon senso e Ia logica, tanto rari fra gli italioti, che per contro asseriscono di sprecare l'intelligenza (ormai sono convinto che costituisca un'aggravante). Per le semifinali, Ia Polonia ha perso Boniek, il suo solo elemento di classe internazionale, e noi avevamo squalificato Gentile, eversore di Maradona e di quanti altri hanno osato giocare contro di lui (eufemismo). II velocissimo Lato è stato preso in consegna da un giovane appena diciottenne, il bassaiolo Bergomi. Rossi ha segnato due gol. La Polonia ha giocato male e noi non abbiamo giocato bene. in quanto il nostro, cara e smandrippata Italia, è solo contro-gioco. Ma i due bellissimi gol di Rossi ci hanno assicurato Ia finale: per Ia quale si sono classificati anche i tedeschi. Era un onore e un pericolo affrontare quei marcantoni che in certo modo erano subentrati all'Italia nell'egemonia del calcio europeo. Però si era detto chiaro (noi) che, se avessero osato assumere l'iniziativa del gioco, anche ai tedeschi sarebbe toccata Ia sorte dell'Argentina e del Brasile.

I tedeschi avevano una paura fottuta nel primo tempo, durante il quale non hanno mai osato distendere i loro attacchi. L'Italia era priva di Antognoni. Questa apparente jattura ha incoraggiato il Ct a confermarsi difensivista con tanta felice paura da mentarsi oggi il titolo di difensivista ad honorem. Ha rinunciato a sostituire Antognoni in centrocampo ed ha infoltito Ia difesa. Il giovane Bergomi si è preso Rummenigge e l'ha letteralmente cancellato. II magnifico Collovati ha ridotto Fischer al suo standard di mediocre (sul piano internazionale). Gentile. Sala-ed-Din ha annichilito il vivace Littbarski e Tardelli ha controllato Breitner, Oriali Dremmler, Cabrini Kaltz, terzino d'ala distaccato a fare il mortaista dall'out. La mossa di Bergomi e le giuste contrarie adottate per controllare l'attacco e il centrocampo tedesco costituiscono un merito grande per il nostro Commissario Tecnico. Egli ha fatto ricorso senza falsi pudori al culto della difesa e Santo Catenaccio l'ha ripagato con Ia puntuale solerzia del taumaturgo di elezione. I tedeschi non hanno toccato terra. Nel primo tempo hanno accennato al forcing senza mai liberare un uomo. Nel secondo si sono un poco più arrischiati in avanti e li ha subito colti Ia folgore di Rossi. Nel primo tempo ci siamo concessi l'ineffabile lusso di sbagliare un rigore. A parte ho raccontato perché. Giocare da outsiders una finale mondiale non è emozione da poco. I nostri prodi ne apparivano oberati fino al groppo in gola, all'inane balbettio, alla rinuncia. Secondo i sacerdoti del bio-ritmo. Antognoni sarebbe stato in giornata infausta Così anche Graziani, che Ia rabies teutonica ha subito umiliato per le terre. II solo Conti ha giocato all'altezza del suo valore. Paolo Rossi volitava smarrito fra punte e gomiti ostili (i due Foerster, e quel truculento Stielike). Altobelli ha il solo vero merito d'un lancio che ha indotto Briegel a perpetrare rigore su Conti. Poi, come sappiamo, quel rigore l'abbiamo felicemente mancato.

Alla ripresa, ci siamo presentati convinti che Ia retrovia avrebbe tenuto. I tedeschi hanno assunto un forcing più fiducioso: hanno tentato un gioco esaltando puntualmente Ia dialettica del nostro contro-gioco (se cito padre Hegel, non abbiatevene a male). Per un guizzo fulmineo è rifiorito il genio di Rossi. Quanto conta, fratelli, avere uno che sa goleare! Una volta rotto il ghiaccio, si può anche segnare dopo cinque passaggi cinque in area tedesca. II cuore fa indegni capitomboli nel vecchio petto ammaccato da tanti eventi che furono: pero quei satanassi ci provano: tocco, ritocco e al fin della licenza non tocco. Bensì porto Ia botta. Il gol di Tardelli è quanto di più elegante sia stato visto da queste parti. voglio dire in una finale di campionato del mondo che toglie fantasia anche ai poeti e santitità di propositi ai santi.

La finale mondiale è una prova dura, acre, ammorbante, velenosa, per giocar bene Ia quale bisogna appartenere ai fenomeni in terra. Io non ho mai visto brillarvi nemmeno Pelè. II peso della responsabilità è tale che aggiunge i suoi gravami morali alle ruggini bio-chimiche della stanchezza. Stralunati automi obbediscono a schemi che hanno dentro come memorie tecniche e agonistiche. Non inventano più nulla: possono solo impedire che s'inventi. Bearzot l'ha capito e merita dieci. Tardelli ha persino superato l'impasse tentando istintivamente una conclusione-d'una dolcezza a dir poco sadica: non proprio il pallonetto, ma Ia battuta beffarda nell'angolo opposto a quello che stava disponendosi a presidiare il portiere tedesco. Sul 2-0 ho acchiappato il mio cuore tarlato e bislacco e l'ho rimesso dove suole pompare secondo necessità logica. II terzo gol è stato un contentino, e così il primo dei tedeschi, povere anime.

Ora ti metto in guardia, cara vecchia smandrippata Italia. Sentirai irridere ai tedeschi, alla Ioro condizione amara, ai Ioro errori tecnico-tattici. Reagisci con forza: richiama gli invidiosi e gli imbecilli alle più normali consuetudini della storia e soprattutto della storiografia. Annibale e Napoleone vengono celebrati come geni della guerra. Ci si è mai domandato perche? Che diamine: perché gli storici scrivono per i vincitori di quei geni inarrivabili. Ora tu, cara vecchia smandrippata Italia, hai sfruttato appieno le virtù della tua indole. dunque della tua cultura specifica. Non si vince un mondiale senza storia; non si arriva senza nerbo ne valore a una finale mondiale. Con nerbo e valore ci sono arrivati i tedeschi. Con bravura estrema li ha battuti l'Italia. ln alto allora le bandiere e i canti per l'Italia tri-campeona del mundo: in alto le bandiere e i canti per chi se l'è meritato. AI diavolo i malevoli i cacaminuzzoli gli invidiosi gli incompetenti i pirla i fessi ai quali non è piaciuta la vittoria italiana. Io triumphe, avventurata Italia. Dovessi per un mese cantare le tue caste glorie, ebbene, lo farei con grato entusiasmo. E grazie a voi, benamati brocchetti del mio tifo, benamati fratelli miei in mutande. Avevo pur detto che Paolo Rossi in trionfo è tutti noi. II terzo titolo mondiale dell'Italia non si discute come non si discutono i miracoli veri. Adios, intanto tia Espana, adios.
(l'articolo è di Gianni Brera su Repubblica del 13/7/1982) (21 dicembre 2010)

http://www.repubblica.it/sport/2010/12/21/news/brera_vittoria_mundial-10451611/
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Messaggio Da Amantide_Religiosa Mar 21 Dic 2010, 20:12

Che bello seunanotte, non avevo mai letto questo articolo...mi viene da piangere:(

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Messaggio Da seunanotte Mar 21 Dic 2010, 20:23

Amantide_Religiosa ha scritto:Che bello seunanotte, non avevo mai letto questo articolo...mi viene da piangere:(

amici mi sono venuti i brividi e anche io mi sono commossa,ci sono l'Italia e l'Italiano di allora in questo articolo
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Messaggio Da Mede@ Mar 21 Dic 2010, 20:53

Stasera su la7 ridanno le partite Italia-Brasile ed Italia-Germania

LA7 ricorda Enzo Bearzot: la rete di Telecom Italia Media modificherà stasera il proprio palinsesto per onorare la memoria del c.t. della Nazionale di calcio che vinse il Mondiale 1982, scomparso stanotte all’età di 83 anni.

A partire dalle ore 21.10, infatti, LA7 manderà in onda le due partite simbolo di quella straordinaria avventura con la telecronaca originale di Nando Martellini, precedute entrambe da un breve omaggio dedicato alla sua figura: il match con il Brasile di Zico e Falcao – che valse l’accesso alla semifinale poi vinta con la Polonia – e a seguire, dopo il TGLA7, la finalissima con la Germania, che riportò il titolo in Italia dopo 44 anni.

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