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violablu ha scritto: Beccucci era passato a Milano prima di andare alla partita, non occorreva arrivare fin lì e poi non ce lo vedo Marco ad inseguirlo, non ha abbastanza tette.

nonhol'età ha scritto:Med e Viola vi faccio assumere dalla Canisciunoefesso international investigate

violablu ha scritto:

nonhol'età ha scritto:Med e Viola vi faccio assumere dalla Canisciunoefesso international investigate

Grazie Nonhol'età, onoratissima

miniatina ha scritto:

Festival “Le corde dell’anima”, Cremona, Piazza del comune - 4 giugno 2011
Una cavalcata di 150 anni di musica classica e pop eseguita da Morgan al pianoforte nella splendida piazza del Duomo di Cremona in occasione della presentazione del libro "La Musica Italiana" di Paolo Prati.
Sul palco Paolo Prati, Luca Bianchini e Morgan.

Diluvia e Morgan accenna ironicamente la sonata “Al chiaro di luna” di Beethoven fondendola poi con “Guarda che luna” (W. Malgoni – B. Pallesi, 1959; cantata da F. Buscaglione)



Si parla dell’Inno d’Italia, viene chiesto a Morgan un commento musicale, risponde con “Il dolce paese” (G. Musy, L. E. Bacalov , S Endrigo, 1968), seguito da “Il crack delle banche” (U. Barbieri, J. Fallisi, R. Planquette, 1896), che potrebbero essere Inni d’Italia vista la loro attualità; inoltre commento sulla maggiore eleganza musicale del “Va’ pensiero” rispetto all’Inno di Mameli.





Si parla della musica futurista, Morgan esprime apprezzamento soprattutto per l’ironia di Rodolfo De Angelis, di cui dà un esempio con “La donna bella non mi va” (R. De Angelis, 1933).
De Angelis era napoletano ma lavorava a Milano, rappresentando una “connection” tra le due città. Morgan porta un altro esempio di collegamento con “O mia bela madunina” (G. D’Anzi, 1935), che mescola elementi napoletani, romani, milanesi.



Si sottolinea l’importanza della musica napoletana; anche pugliesi come Modugno e Arbore si sono fatti conoscere come interpreti e autori di repertorio napoletano. Morgan si cimenta in “Io mammeta e tu” (R.Pazzaglia – D.Modugno, 1956 cantata da R. Carosone)




La musica italiana non è esportata; Morgan sottolinea come De Andrè – ad esempio- meriterebbe di essere conosciuto all’estero quanto Bob Dylan, possedendo analoga caratura, e come questa mancata conoscenza sia una grave perdita in primis per gli ascoltatori stranieri; si ipotizza un ruolo centrale dell’ostacolo linguistico, Morgan ritiene invece che il problema italiano sia individuabile in scelte dirigenziali, discografiche e politiche.



Continuando il discorso sulla mancata esportazione della canzone italiana all’estero, Morgan sottolinea come in passato non fosse così: nel suo progetto “Italian Songbook” ha raccolto proprio canzoni che hanno avuto grande successo anche all’estero, nella traduzione inglese.
Esegue due esempi: “Io che non vivo (senza te)/You don’t have to say you love me” (V.Pallavicini, P. Donaggio 1965) e “Il mio mondo/You’re my world” (U. Bindi, G. Paoli 1963)



A Cremona non si può non nominare Mina, e da lei si giunge a Lucio Battisti. Morgan sottolinea l’importanza e la peculiarità della sua tecnica chitarristica (sottolinea come anche David Bowie lo apprezzasse “as a guitar player”) che, come accade anche per Modugno e altri cantautori, ne influenzava significativamente la modalità compositiva.





Tornando alla cremonese Mina, Morgan si cimenta in “Un anno d’amore” (Mogol - A.Testa - N.Ferrer, 1964 cantata da Mina)



Morgan si è accorto che tutte le canzoni finora suonate sono caratterizzate da un accompagnamento in terzine, tipico di molto cantautorato e in particolare di Gino Paoli, tranne che in “Il cielo in una stanza/The sky in a room” (G. Paoli 1960) che esegue… però durante l’esecuzione si scivolerà inesorabilmente di nuovo nelle terzine, nonostante gli sforzi esilaranti dell’esecutore.




Commentando le variazioni ritmiche su cui Morgan ha giocato durante l’esecuzione “Il cielo in una stanza”, Prati osserva come questo sia un esempio di decostruzione della canzone; ci si chiede se e come questo approccio si possa adottare nella musica classica e con quali risultati; Morgan ritiene che i risultati siano solitamente comici, e tenta di esemplificare il tutto mediante una “Toccata e fuga in Re minore” di Bach contenente variazioni timbriche, ritmiche e armoniche, purtroppo poco evidenti (Nota: in altre occasioni l’aspetto “giocoso” si era evidenziato maggiormente, mediante variazioni timbriche permesse dall’uso di diversi strumenti o di sintetizzatori). Poi fonde Bach a “Vedrai vedrai” (L. Tenco 1965) tenendo parti della Toccata come accompagnamento della melodia e terminando la canzone con un accenno al 3° movimento della sonata “Patetica” di Beethoven.



Conclude con “e adesso ne faccio una mia!” e parte con “Nel blu dipinto di blu”, suscitando l’ilarità generale, scivolando poi però“Altrove” come spesso accade

(questo non l'ho caricato, ma ho solo l'incipit perchè era finita la batteria)

mambu ha scritto:maledetto castoldino... quando fa certe cose gli perdono tutto