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Messaggio Da Mede@ Dom 01 Nov 2009, 18:59

Morta a Milano Alda Merini
La poetessa aveva 78 anni. E' deceduta nel reparto di oncologia dell'ospedale San Paolo


MILANO - La poetessa Alda Merini, 78 anni, è morta oggi pomeriggio alle 17.30 all'ospedale San Paolo di Milano, nel reparto di oncologia. Era considerata una delle principali poetesse del Novecento.

L'ESPERIENZA DEL MANICOMIO - Merini era nata a Milano il 21 marzo 1931. Una data significativa, il primo giorno di primavera, che le aveva dato anche lo spunto per una delle sue poesie. «Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta». E la follia è stata una delle cifre di tutta la sua vita, avendo lei conosciuto anche l'internamento in ospedale psichiatrico, all'inizio degli anni Settanta. Un'esperienza che la portò a scrivere anche alcuni testi ispirati al manicomio e poi raccolti ne «La Terra Santa», del 1984.

LE ONORIFICENZE - La sua poesia, visionaria ma anche sommessa, porta traccia della sua vita ed è considerata un’opera di prima grandezza nella letteratura italiana. Il 16 ottobre del 2007 le venne concessa dalla Facoltà di Scienze della Formazione di Messina, la laurea magistrale honoris causa, in "Teorie della comunicazione e dei linguaggi". Il 1° giugno del 2002 il presidente Carlo Azeglio Ciampi la insignì dell'onorificienza di Commendatore al merito della Repubblica Italiana.

UNA VITA PER L'ARTE - Alda Merini ha iniziato a comporre le prime liriche giovanissima, a 16 anni. Il suo primo incontro con il mondo letterario avvenne quando Silvana Rovelli, cugina di Ada Negri, sottopose alcune delle sue poesie ad Angelo Romanò che, a sua volta, le fece leggere a Giacinto Spagnoletti, considerato lo scopritore della poetessa. La prima raccolta di poesie di Alda Merini: 'La presenza di Orfeò, pubblicata nel 1953, ebbe subito un grande successo di critica. Il suo capolavoro è però considerato 'La Terra Santà che le è valso, nel 1993, il Premio Librex-Guggenheim 'Eugenio Montalè per la Poesia. Altre sue raccolte di versi sono 'Testamentò, 'Vuoto d'amorè, 'Ballate non pagatè, 'Fiore di poesia 1951-1997', 'Superba è la nottè, 'L'anima innamorata, 'Corpo d'amorè, 'Un incontro con Gesu«, 'Magnificat. Un incontro con Marià, 'La carne degli Angelì, 'Più bella della poesia è stata la mia vità, 'Clinica dell'abbandonò e 'Folle, folle, folle d'amore per te. Poesie per giovani innamoratì. Nella sua carriera artistica, Alda Merini si è cimentata anche con la prosa in 'L'altra verità. Diario di una diversà, 'Delirio amorosò, 'Il tormento delle figurè, 'Le parole di Alda Merinì, 'La pazza della porta accantò (con il quale vinse il Premio Latina 1995 e fu finalista al Premio Rapallo 1996), 'La vita facilè, 'Lettere a un racconto. Prose lunghe e brevì e 'Il ladro Giuseppe. Racconti degli anni Sessantà e con gli aforismi 'Aforismi e magiè. Nel 1996 era stata proposta per il Premio Nobel per la Letteratura dall'Academie Francaise e ha vinto il Premio Viareggio. Nel 1997 le è stato assegnato il Premio Procida-Elsa Morante e nel 1999 il Premio della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Settore Poesia.

http://www.corriere.it/cultura/09_novembre...44f02aabc.shtml

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Messaggio Da omar77 Dom 01 Nov 2009, 19:02

mi dispiace, una grande, dei nostri giorni triste
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Messaggio Da ubik Dom 01 Nov 2009, 19:03

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Messaggio Da ubik Dom 01 Nov 2009, 19:16

ALDA MERINI



Repubblica — 27 agosto 2006 pagina 50 sezione: DOMENICALE MILANO - «Stia attento, sa! Io sono un presunto premio Nobel», sussurra con tono ironico e fintamente minaccioso Alda Merini piegata sulla cornetta del telefono. Ammicca nella mia direzione. «Lei che ne dice?». Si tocca la pancia, una smorfia le si ricama sulla faccia intelligente e maliziosa, spiega che sta aspettando il medico. Era lui all\\\' apparecchio. «Faceva storie». Sono le due del pomeriggio. Mi racconta che stava per fare il bagno, si era dimenticata dell\\\' appuntamento. Lascia che l\\\' acqua scorra nella vasca, dopo un po\\\' il suo gorgoglìo diventa una nuova forma di silenzio. Ride, spezza il filtro di una Diana, se la infila tra le labbra e l\\\' accende. Sul parquet brucia ancora il mozzicone di quella precedente, una sottile voluta di fumo si alza tra libri, fogli, disegni, stoffe, abiti non stirati, panni che da giorni attendono di finire in una misericordiosa lavatrice, scatole di gomma da masticare e paletò macchiati appesi a un unico tronfio trespolo che sembra un babbo natale impalato da qualche crudele ragazzino. Alda Merini è una delle più grandi poetesse italiane del Novecento. Di sigarette ne fuma settanta, a volte ottanta il giorno. «In manicomio ce le passavamo gli uni con gli altri. Stavamo in fila, a testa bassa, dentro i nostri camicioni, nel darci la cicca indugiavamo un po\\\' per accarezzarci le mani. Erano le uniche ricchezze che avevamo, la sola cosa da fare, il solo gesto umano che ci univa nell\\\' illusione di un breve spazio di normalità». In giro non si vedono posacenere, il pavimento assomiglia a un campo di stoppie annerite dai falò autunnali. «Le sigarette mi hanno allungato la vita». Solleva appena il vestito, mostra le gambe bianche: «Guardi che bella pelle che ho. Lei che ne dice?». La sua simpatia è dolce, nostalgica, attraversata da tenerezze e pudori di bambina. I poeti sono spesso poveri. Quasi mai tristi. Si portano dentro l\\\' allegria dei naufraghi. Oppure lo sberleffo, che è la vanità degli artisti. è così per la Merini. La immaginavo, chissà perché, sempre sola nel cerchio tracciato dalla sua musa e invece scopro che ha dietro moltitudini di anime, amori, vite, dolori e piccole felicità passeggere, un\\\' esistenza spezzata in tanti fiumi alcuni dei quali si sono seccati nella terra mentre altri, alla fine e fortunosamente, sono riusciti a riemergere e ricongiungersi. I poeti non perdono mai nulla, o abbandonano soltanto ciò di cui vogliono liberarsi. Alda Merini parla per esempio di Eugenio Montale, uno dei suoi uomini preferiti. Dice proprio così, «uomini», anche se con Montale non c\\\' è stato nulla di più di un\\\' amicizia. Ricorda quei versi indimenticabili che riportano tanti di noi al sapore dell\\\' infanzia: Qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza, ed è l\\\' odore dei limoni. Anche lei, a settantacinque anni, quindici dei quali, da quando ne aveva ventisette a quando ne ha compiuti quarantadue, trascorsi da matta tra i matti, fa il conto della sua ricchezza. «Ho avuto quattro figlie. Allevate poi da altre famiglie. Non so neppure come ho trovato il tempo per farle. Si chiamano Emanuela, Barbara, Flavia e Simonetta. A loro raccomando sempre di non dire che sono figlie della poetessa Alda Merini. Quella pazza. Rispondono che io sono la loro mamma e basta, che non si vergognano di me. Mi commuovono». Ha avuto un marito, Ettore Carniti, molto amato, molto geloso e, dice lei, anche parecchio infedele. Una notte che era rientrato a casa con addosso il profumo di un\\\' altra donna, come il Tomàs dell\\\' Insostenibile leggerezza dell\\\' essere di Kundera, lei gli spaccò in testa una sedia dorata. «Quella lì», me la indica. La spalliera è tutta incerottata. Mi invita a sollevarla. è pesantissima. Lui sopravvisse eroicamente allo schianto, chiamò l\\\' ambulanza e la portarono in ricovero coatto al Paolo Pini, l\\\' ex manicomio di Milano ora diventato un parco e un teatro. «Ma io laggiù non ci ho mai più messo piede, ho paura. Terrore purissimo». Lei è così. Salta da un argomento all\\\' altro. Li accatasta alla rinfusa, come gli oggetti di questa minuscola casa al 47 su Ripa di Porta Ticinese. Di fronte ci sono una chiesa di mattoni bruniti e l\\\' acqua scura come la pece del naviglio. Camera da letto, bagno, cucinino, studio. Ci si sposta solamente mettendosi di fianco, schiacciandosi come acciughe contro gli indecifrabili relitti che coprono le pareti. Nel gioco dei pieni e dei vuoti, questi ultimi hanno avuto clamorosamente la peggio. Lei ce l\\\' ha con il padrone di casa che l\\\' ha obbligata a liberare la soffitta e con gli operai che spaccano, battono, impolverano. Ma è un rancore fragile, forse nient\\\' altro che un aneddoto al quale si è ormai affezionata come un reumatismo che si risveglia nelle ossa quando cambia il tempo. «Qui, adesso, è impilata tutta la mia vita. Il mio lavoro. A volte viene a trovarmi mio marito». Ettore Carniti è scomparso nell\\\' 81. «Non credo ai fantasmi, anche se sarei una buona giallista. Fu Manganelli a insegnarmi la tecnica del romanzo giallo. Ettore entra dalla stessa porta dalla quale è passato lei. Arriva all\\\' improvviso, come faceva sempre, nel timore o nella voglia di scoprirmi con qualcun altro. Io lo sento. Portiamo i morti con noi fino a quando moriamo a nostra volta». Non potrei vivere senza la fede, scrisse in passato. Quand\\\' era ragazzina, affezionata alla storia di Santa Teresina del Bambin Gesù, tentò di entrare in convento. Fu una fugace esperienza. «Sono una contemplativa, non mi piacciono i rumori, amo la solitudine». La famiglia andò a riprendersela. Finì a fare pratica da stenografa negli studi di alcuni avvocati fallimentari. Il primo impiego lo perse subito perché componeva poesie durante l\\\' orario di lavoro. «Mi buttarono fuori. Erano taccagni, mamma mia, lei non ne ha idea dell\\\' avarizia degli avvocati. Ma adoravo il loro modo di scrivere gli atti. Mi accorsi che gli avvocati scrivono bene». Nel centro di Milano percorreva ogni mattina la stessa strada. Era il 1948. Le capitava di incontrare sovente un signore minuto, curvo, silenzioso, di un\\\' eleganza dimessa. A lui dedicò una delle sue prime poesie, Il gobbo: Mi viene a volte un gobbo sfaccendato, un simbolo presago d\\\' allegrezza che ha il dono di una strana profezia. Quell\\\' uomo era Enrico Cuccia, il leggendario banchiere. «Una mattina lo fermai e gli dissi: io ho fame. \\\"Buon segno\\\", mi rispose. E tirò dritto». Dio, invece, da lei si fermò, nonostante la rinuncia alla clausura. E non se n\\\' è più andato dalla sua anima. Anche da altre parti del suo corpo. Dagli inguini - scrive la Merini nella raccolta La Terra Santa - può germogliare Dio. «La mia religiosità è molto pagana. Pagana e gaudente. Mi sono sempre comportata da grande peccatrice e non mi sono mai pentita. Non vado in chiesa a mormorare, d\\\' altra parte le chiese sono sempre vuote. Non prego. Ma credo che Dio sia qui con me. Ne avverto la presenza, annuso il suo odore, sento dentro di me la pace divina. Due cose sopra tutte mi convincono dell\\\' esistenza di Dio: che non sono padrona delle mie volontà e che l\\\' Oceano Pacifico non possono averlo creato gli scienziati. Mi basta questo. Nego l\\\' aldilà e la resurrezione. Se guardo tutto ciò di meraviglioso che Dio ha creato su questo terra, come posso credere che mi regali anche il paradiso? Sarà per questo motivo che non penso mai alla morte. A meno che non sia già morta. Lei che ne dice?». Dai muri gli oggetti appesi con mano malferma danno l\\\' impressione di poter precipitare da un momento all\\\' altro. Ci sono molte immagini di Giovanni Paolo II. «Lo amo. Era bello, coraggioso, ostinato. Non sembrava neanche un Papa. Ha saputo tenere annodati i cordoni della pace, ha parlato con tutti i popoli del mondo. La sua agonia è stata terribile, penosa. Dopo i suoi funerali non ho più acceso la tv». C\\\' è un poster del film Vacanze romane. Gregory Peck e Audrey Hepburn. «I nostri grandi amori. Oggi non ne esistono più, si è persa la favola. Telefonini, computer, sms. Mi trovi uno che scriva ancora lettere alla fidanzata, se ne è capace. Gli italiani sono sempre più cretini, malati di padreternismo, egoisti e primitivi. E sempre più tristi. Mi era rimasto Berlusconi, il solo che mi facesse ridere in un paese che non ride più. Con la sua caduta è morto l\\\' ultimo pagliaccio d\\\' Italia, aveva una stupidità che incanta». In camera, proprio sopra il letto c\\\' è una riproduzione dell\\\' Origine del mondo di Gustave Courbet. «Guardi l\\\' offerta piena che c\\\' è tra le gambe di quella donna. Maria Corti diceva che le donne non hanno sesso. Io mi considero una donna fallica. Non ho l\\\' ossessione del sesso, ma so per esperienza che il sesso annienta le nevrosi. Sono molti anni che non faccio più l\\\' amore. A volte provo il desiderio di scopare un uomo, ma mi passa in fretta. In realtà non ne ho più voglia. Noi anziani trascorriamo le giornate con un obiettivo fisso nella testa. Prima di sera - ripetiamo a noi stessi - , riuscirò a fare questo e quello, e quell\\\' altro ancora. Ci illudiamo di essere forti, autosufficienti. Viene notte e non abbiamo combinato nulla. A fatica ci manteniamo in vita. Io sono una vecchia che sta bene, vado a letto presto e so che ogni giorno nuovo è un giorno regalato». Alda Merini lavora ancora. Molto. Con Milva, Lucio Dalla, Roberto Vecchioni, Giovanni Nuti. Ha appena terminato i Vangeli apocrifi. «Scrivo per non annoiarmi. Non ho mai avuto il piacere della lettura, non so come la gente possa leggere le mie poesie. Credo di non avere mai letto un libro fino alla fine». Confessa di fermarsi alla prima frase dalla quale viene folgorata. Di lì in poi la sua mente spicca il volo e si perde. Acrobazie, evoluzioni, salti mortali sul filo delle parole. «Le parole sono per me modelli di virtù. Le bevo come i bambini attaccati al capezzolo della madre o al loro dito. Sono stata matta d\\\' amore per Rainer Maria Rilke. Mi piacevano Holderlin, Valéry, Melville, Gide, Pirandello, Dante, Manzoni. L\\\' errore è farci leggere I promessi sposi a scuola. Ho avuto la fortuna di conoscere altri grandi letterati: Quasimodo, Manganelli, Montale, Raboni, la Spaziani. Alcuni li ho amati, li ho avuti. Non Giovanni Raboni. Giovanni era bellissimo. Ricordo che una sera lo incontrai al bar in un albergo di non so più quale città. Era appoggiato al bancone e mi dava le spalle, alto, bianco, elegantissimo, un attore del cinema, un dio. Pensai: chissà che cosa beve un uomo così. Mi avvicinai e lo sentii ordinare al cameriere una camomilla. Avrei voluto abbracciarlo, ma non ne ebbi il coraggio». Lascia cadere sul pavimento la sigaretta ancora accesa, ne prende un\\\' altra dal pacchetto. Dice: «Ho avuto una bella vita. Sa qual è il più bel complimento che ho ricevuto? Me lo fece la mia vicina, una signora che non c\\\' è più e che non dimenticherò mai. Mi raccontò che in Sardegna abitava nella stessa casa di Grazia Deledda e che io gliela ricordavo perché come lei non mi davo arie e stavo bene anche con uno straccio addosso. Io non ho più niente da dire. E lei, lei che mi dice?». - DARIO CRESTO-DINA


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Messaggio Da ANNA Dom 01 Nov 2009, 19:21

Addio ad Alda Merini 28293 ho appena letto l'intervista sul sito di Repubblica
belle anche le foto
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Messaggio Da Cantastorie Dom 01 Nov 2009, 19:21

Alcune sue poesie..online..

poesie online..altre

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Messaggio Da ubik Dom 01 Nov 2009, 22:19

Non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all' orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
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Messaggio Da ubik Dom 01 Nov 2009, 22:32

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Messaggio Da ubik Dom 01 Nov 2009, 22:36

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Messaggio Da ubik Dom 01 Nov 2009, 22:38

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Messaggio Da giusino Lun 02 Nov 2009, 01:52

Un dolore profondo. Incolmabile.
Alda resterai sempre la mia poetessa, l'unica, l'insostituibile.
Mi mancherai.
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Messaggio Da athelas Lun 02 Nov 2009, 09:42

Ho sentito la notizia alla radio stamane, deve aver sofferto molto, mi spiace molto.
Continuerà a scrivere per gli angeli, mi piace pensarlo
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Messaggio Da alexieanna Lun 02 Nov 2009, 10:26

una grande donna che ha molto sofferto ma non ha mai sfruttato il suo dono per fini economici o per farsi grande
un bacione alla sua memoria
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Messaggio Da Mede@ Lun 02 Nov 2009, 14:14

«Non vedrò mai Taranto bella/ non vedrò mai le betulle/ né la foresta marina;/ l’onda è pietrificata/ e le piovre mi pulsano negli occhi./ Sei venuto tu, amore mio,/ in una insenatura di fiume,/ hai fermato il mio corso/ e non vedrò mai Taranto azzurra,/ e il Mare Ionio suonerà le mie esequie».


http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_traduci_notizia.php?IDNotizia=280698&IDCategotia=1

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Messaggio Da bilquis Mar 03 Nov 2009, 14:40

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Messaggio Da Ospite Mar 03 Nov 2009, 14:43

una grande poetessa, una grande donna, un'umanità immensa. dolcissima

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Messaggio Da Mede@ Mar 24 Nov 2009, 15:37

Nuti: "Io, e la piccola ape Alda"
Il musicista racconta la 'sua' Merini


Il loro incontro risale al 1994 complice "un libro di sue poesie". Da allora il musicista Giovanni Nuti e Alda Merini non si sono più lasciati, fino a quando il terribile male ha rotto questo sodalizio artistico e umano. "Per me la notizia della sua morte, comunicatomi da suo nipote, - spiega Giovanni a Tgcom - è stato un duro colpo". Ma per ricordarla è in rotazione il singolo "Una piccola ape furibonda" che anticipa il nuovo disco nel 2010.

Come ha conosciuto Alda?
Attraversavo un momento particolare della mia vita personale e professionale. Un giorno ero in una libreria e la mia attenzione si è posata su un libro di poesia di Alda Merini. La folgorazione e la voglia di conoscerla, così le ho scritto una lettera a cui poi ha risposto chiamandomi a casa, lasciandomi un messaggio dolcissimo in segreteria.

Cos'è successo poi?
Ci siamo visti. Un incontro importante e per nulla facile, ma accomunati da una grande sintonia musicale. Lei suonava il piano e si parlava, parlava, parlava e ci immaginavamo cosa fare e come produrre concretamente le idee che ci venivano. Ci davamo sempre del lei, sa? Era anche una forma di rispetto nei suoi confronti.

Ci rivela come sono nate le composizioni per “Milva canta Merini” e “Poema della croce”?
Mi chiamava a casa, metteva il vivavoce e suonava al pianoforte. Ci confrontavamo in linea diretta sui brani da creare. Era un rapporto viscerale, intenso (si rompe la voce per l'emozione, ndr), prettamente lavorativo ma con una umanità che era impossibile ignorare.

Cosa l'ha colpita di lei?
La grande generosità. Di Alda si è detto che è morta povera, ma non tutti sanno che i soldi che lei riceveva anche dallo Stato li donava ai barboni, ai senzatetto ai poveri. 'Tutto sommato io una casa ce l'ho, anche se disordinata o impolverata, ma ce l'ho', mi diceva.

Che ne pensava delle ripetute candidature al Premio Nobel per la Letteratura?
Ci scherzava sopra, ironizzava 'In questo Paese non c'è spazio per certa cultura'. Ma sotto, sotto ci teneva tantissimo e i soldi che avrebbe preso dopo la consegna del premio sapeva già a chi devolverli.

Gli italiani non hanno mai capito Alda Merini?
Direi che, invece, sono sempre stati attenti alla sua umanità e alla sua opera. Lo dimostrano le migliaia di email che mi arrivano e le attestazioni di stima e affetto che Alda ancora riceve nonostante sia deceduta. Credo che qualcosa sia rimasto di lei, anzi molto più di qualcosa...

"Una piccola ape furibonda" fa da apripista il nuovo album. Cosa può anticiparci?
Lavoravamo da oltre un anno con Alda a un progetto di musica e suoi aforismi. Lanciare proprio "Una piccola ape furibonda" è stato naturale anche perché la Merini stessa si definiva in questo modo. Il disco conterrà molte cose che abbiamo scritto insieme, in un cofanetto speciale... Sarà una bella sorpresa.


http://www.video.mediaset.it/mplayer.html?...33097&from=link

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Messaggio Da xenas Gio 23 Set 2010, 10:09

Versi e ricordi per Alda Merini Il sito come un salotto letterario

http://www.aldamerini.it/

"Una donna attuale sempre. L'artista per eccellenza, che non finge né a se stessa né agli altri. Lei è genuina come ciò che scrive, nei suoi versi riflette la vita di tante donne. Se l'avessi qui con me, l'abbraccerei e le regalerei una collana, so che a lei piacevano moltissimo". "Alda c'è, e veleggia tra i nostri messaggi, tra le nostre umili poesie. Lei si è sempre accettata, cosa che gli altri non hanno fatto con Lei". Vale la pena visitare il sito della poetessa Alda Merini 1, anche se non si conoscono le sue parole.

Il forum rappresenta uno dei pochi esempi, in Italia, di community nata per ricordare una poetessa. Contemporanea, per giunta. Gli utenti registrati non si limitano a ricordare la Merini con qualche frase ma lasciano sul web migliaia di pensieri, aforismi, poesie, prendendo spunto dalle parole della poetessa per costruire le proprie. "Sulle ali della notte la tua luce / vaga raccogliendo il cuore della gente / fra queste mani e questi occhi e queste note", scrive Carmen. Si tratta insomma di un vero e proprio "salotto culturale", ma virtuale. Finora sono 5749 le poesie pubblicate e centinaia gli interventi. Una bella soddisfazione per la figlia Flavia, che più di tutti, in famiglia, ha spinto per creare e far funzionare il sito.

Che Alda Merini fosse amatissima si sapeva e lo conferma uno dei termometri più inflazionati dell'indice di gradimento, la sua pagina di Facebook, che ha già raggiunto 75mila fan. Ma diventare "fan" è facile, basta cliccare su "like". Più tempo e coraggio ci vuole a registrarsi a un forum, scrivere, pubblicare una cosa personale come una poesia e chiedere agli altri di commentarla. I fan di Alda Merini fanno questo, e lei, che pure alla tecnologia era refrattaria, sarebbe stata felicissima di dedicare a queste persone un po' del suo tempo.

"Mia madre era di una generosità che è difficile da spiegare - ricorda la figlia Emanuela Carniti - se qualcuno si presentava a casa sua dicendosi in difficoltà, lei gli regalava soldi, poesie, quello che aveva. Per lei donare era una cosa naturale. Era una donna bellissima e complicata ed è questo che rende, per noi, così difficile accettare la sua mancanza". Uno stile di vita stravagante, che ha portato le sue poesie a sparpagliarsi per le case di amici e parenti, in barba alla Siae (organismo a cui la Merini lottò tutta la vita per non iscriversi). "A volte qualcuno ci chiama per dirci che ha poesie di nostra madre", racconta divertita Emanuela. Mentre parla della madre la Carniti si commuove, ed è difficile fare domande senza toccare corde dolorose. Alla sua primogenita Alda Merini dedicò versi meravigliosi ("E un'altra figlia ho ancora, Manuela / piena di grazia come una Madonna...") e un rapporto intenso, fatto di amore, litigi. E telefonate: "Sono quelle che mi mancano di più", aggiunge, e poi chiede gentilmente di cambiare argomento.

La poetessa milanese Alda Merini è scomparsa il 1 novembre del 2009. La donna che fu amica di mostri sacri come Quasimodo e Manganelli e di artisti come Vecchioni e Dalla aveva una personalità complessa. "Non si capiva mai cosa volesse - continua la figlia Emanuela - a volte sembrava che desiderasse una cosa, poi cambiava idea. Di sicuro per lei i soldi non erano importanti. Non si è mai venduta. Accettava di fare qualcosa solo se le andava davvero". Forse è anche questo che l'ha resa così vicina ai suoi lettori, questa capacità di entrare a fondo nelle cose semplici, riuscendo a descriverle in tutta la loro intensità. "Al funerale - racconta Emanuela - si sono avvicinate a noi persone di ogni tipo: dalla donna che aveva trascorso mesi in un ospedale psichiatrico alla casalinga, dallo studente al letterato. La piazza del Duomo di Milano era piena, e di gente 'famosa' io ne ho vista poca. C'erano persone normali, che davvero amavano mia madre e le sue poesie".

Un'eredità che si riflette nelle testimonianze lasciate sul forum e nei continui omaggi di case editrici e istituzioni. Per ricordarne la scomparsa uscirà, a ottobre, il cofanetto dvd "Eternamente vivo" e, a novembre, la raccolta "Il suono dell'ombra" (Mondadori), curata da Ambrogio Borsani, grande conoscitore dell'opera della Merini. Le sue poesie sono diventate canzoni (molte sono state musicate da Giovanni Nuti nelle opere "Rasoi di seta", "Poema della croce" e "Una piccola ape furibonda"), altre verranno scolpite su pietra (a Sesto San Giovanni, dove il Comune sta allestendo un parco dedicato alla poetessa) e ricordate con una stele (a Rocca Imperiale, in Calabria, nel "Paese della poesia"). "Ma sono talmente tante le iniziative dedicate a mia madre che elencarle tutte è difficile", conclude Emanuela. Tra le più importanti c'è la decisione del Comune di Milano di intitolare alla poetessa una parte dello Spazio Oberdan. Un omaggio prezioso, ma mai tanto quanto le parole e il ricordo di quella "piccola ape furibonda".
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