1 maggio che significato ha per te?
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Bess
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Mede@
lepidezza
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1 maggio che significato ha per te?
Erano in tanti, quel giorno, duemila tra lavoratori,
bambini, donne.
Sui monti che danno sulla piana c'era pure Giuliano
con la banda, i fascisti della Decima MAS, gli
americani e chissà chi altro, tutti armati.
Due minuti di colpi di mitragliatore e fucili in
mezzo alla folla, undici morti, tra cui due bambini
(Giovanni Megna, Vito Allotta, Vincenza La Fata,
Giovanni Grifò, Lorenzo Di Maggio, Francesco Vicari,
Castrenza Intravaia, Giorgio Cusenza, Margherita
Clesceri, Serafino Lascari, Filippo Di Salvo),
cinquanta feriti.
Si disse che era stato Giuliano, che la politica non
c'entrava (Scelba: "Niente,
questo è banditismo comune; basta con gli arresti di
mafiosi e mandanti indiziati"),
poi Giuliano fu ammazzato da Pisciotta e Pisciotta
avvelenato in carcere. Scelba rimase, come tutti gli
altri, Guttuso ne fece alcuni
quadri e i nomi e i cognomi dei mandanti non
furono mai individuati.
Ci sono, però, le
interviste ai testimoni, che qualcuno si è preso
la briga di raccogliere con buona volontà e, come
sempre, chi lo vuole davvero troverà le ragioni e i
colpevoli, ancora oggi.
lepidezza- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
REGGIO CALABRIA, 1 MAG - Corteo a Rosarno organizzato
per il Primo Maggio da Cgil,Cisl,Uil. Il leader della Cisl
Bonanni: senza immigrati l'Italia si ferma.
Il corteo si è mosso dall'ex Rognetta, la fabbrica che ospitava
gli immigrati africani allontanati dopo la rivolta di gennaio e
i successivi scontri con gli abitanti del paese. Oltre a
sindacalisti ed esponenti politici, al corteo partecipano anche
due bande e gli attivisti di un'associazione, I Giganti, che
sfilano dentro grandi sagome di cartapesta.
per il Primo Maggio da Cgil,Cisl,Uil. Il leader della Cisl
Bonanni: senza immigrati l'Italia si ferma.
Il corteo si è mosso dall'ex Rognetta, la fabbrica che ospitava
gli immigrati africani allontanati dopo la rivolta di gennaio e
i successivi scontri con gli abitanti del paese. Oltre a
sindacalisti ed esponenti politici, al corteo partecipano anche
due bande e gli attivisti di un'associazione, I Giganti, che
sfilano dentro grandi sagome di cartapesta.
lepidezza- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
Sfruttati. Sottopagati. Alloggiati in luridi
tuguri. Massacrati di botte se
protestano.
Io, schiavo in Puglia
Diario di una settimana nell'inferno redatto da
Fabrizio Gatti, brianzolo di
Albiate, giornalista de l'Espresso, tra i braccianti stranieri nella
provincia di Foggia.
lepidezza- Utente... preoccupante >10.000 Post
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lepidezza- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
«Festa del lavoro?
No, del dolore»
di GIUSEPPE DIMICCOLI
BARLETTA - «Primo maggio» festa dei lavoratori? Dipende. Anche giorno di sofferenza e, senza dubbio, di lacrime di dolore. E se proprio non ci crederete provatelo a chiedere a tutte quelle famiglie, e sono troppe, che hanno perso un loro caro proprio per il lavoro. Che cosa vi potrebbe dire la signora Falconetti che, da sola, da agosto del 2007 sta crescendo i suoi quattro figli dopo che suo marito è morto in Alto Adige cadendo da una impalcatura? Forse vi dirà che di tutto quello che le era stato promesso ha visto solo l’ombra. Gli unici aiuti sono giunti - grazie all’operazione Sorriso del cavalliere Sebastia - no Lavecchia - da due imprenditori barlettani del settore pastificio di Barletta, Savino Maffei e Ruggiero Vaccariello, e dal sindaco di Montella Ferruccio Capone.
E allora proprio questo giorno è opportuno ascoltare il «grido di dolore» del barlettano Giuseppe Ricco e di tutta la sua famiglia. Suo figlio ferroviere Domenico di appena 27 anni fu travolto il 5 novembre del 2009 in circostanze poco chiare alla stazione di Rifredi a poche centinaia di metri da Firenze Santa Maria Novella. Questo si conosce bene ed è scritto con le lacrime. Però dell’indagine della magistratura e di quella interna (come annunciata personalmente durante i funerali dai dirigenti Calogero Di Venuta e Andrea Pr atesi), ad oggi, non si conosce nulla.
«Sono passati circa sei mesi da quando è morto mio figlio Domenico ma nessuno ci ha detto che cosa è successo - riferisce alla Gazzetta papà Giuseppe -. La magistratura ordinaria ha aperto una inchiesta le Ferrovie anche ma tutti continuano a tacere in merito alle modalità della tragedia che ha colpito la mia famiglia». Poi aggiunge: «Vi sembra giusto tutto questo? Perchè nessuno ci fa sapere a che punto stanno le indagini? Io lavoro da 40 anni in Ferrovia e mi sono fatto una idea chiara di quello che è successo e mi meraviglia molto che coloro che indagano abbiano ancora dubbi in merito all’accaduto. Forse si vuole che passi tempo per farci dimenticare quello che è accaduto? Questo non accadrà mai perchè mio figlio è una vittima del lavoro e non merita tutto questo. Mi limito a dire che per la tragedia di Viareggio l’indagine è andata spedita e subito sono stati individuati i probabili responsabili. Per mio figlio ancora nulla. Io non mollo e proprio oggi chiedo che mi figlio sia ricordato. In tutta Italia da quando è morto mio figlio ad oggi ci sono stati altri sei investimenti. Sei famiglie distrutte come la mia». Chi non ha dimenticato Domenico sono stati i suoi colleghi che la settimana scorsa hanno giocato un memorial regionale di calcio dedicato a lui. Ferrovieri da Gioia del Colle, Bari, Barletta, Foggia e Taranto Brindisi e Lecce hanno ricordato «un amico troppo buono strappato alla vita dal lavoro insicuro».
E quando il vice sindaco Franco Caputo ha premiato la squadra vincitrice di Foggia, in tanti non hanno trattenuto lacrime.
LA STORIA - Disoccupato con 4 figli e l’alluminio sulla spiaggia
BARLETTA - «Non mi vergogno a fare questo. È l'unica cosa che posso fare e stare a casa senza far niente per me è un supplizio». È sincero Marco, nome di fantasia, 52 anni, quando sulla litoranea di Ponente racconta al cronista la sua storia di padre disoccupato con quattro figli «da sistemare». Il sole è splendente. Ma il suo viso è scuro. Però non dispera in un futuro migliore. Mentre è intento, con una pinza e i guanti a raccogliere le lattine di alluminio, molti lo salutano. E lui risponde.
«Non avrei mai pensato di dover far questo. Però è l'unica cosa. Devo solo capire se per me è conveniente o meno perché per 15 chilogrammi di alluminio prendo 10 euro. Due giorni di lavoro e molta benzina che se ne va. Vedremo». Barlettano puro sangue per oltre 20 anni, con altri tre soci, ha avuto una confezione. Per lui lavoravano 15 persone. Poi però «nel 2003 a causa della concorrenza dall'estero ho dovuto chiudere ed è iniziato il mio periodo di sofferenza».
Non si è arreso e armato di buona volontà, ha sfruttato la patente C che aveva conseguito. «Per tre anni ho lavorato come autista in una azienda di Modugno di cartellonistica stradale. Poi la crisi ha colpito quel settore e, con altre colleghi, siamo stati licenziati».
Ma come si fa ad andare avanti senza una entrata economica e mantenere quattro figli? «Per fortuna la casa dove abitiamo è di proprietà di mia moglie e almeno il fitto non dobbiamo pagarlo. Però il condominio ogni mese bussa. Mia figlia di 29 anni sta a casa con noi e questa cosa mi preoccupa perché prima o poi dovremo pensare a sposarla. Poi ho una ragazza di 16 anni che frequenta la scuola e non vi dico le spese per libri, quaderni e tanto altro. Per fortuna mio figlio di 26 anni lavora come metalmeccanico in una azienda del barese e ci aiuta molto con il suo stipendio. Ma lui è un ragazzo. Qualcosina ci arriva da un impiego saltuario di mia figlia che si è appena diplomata ragioniera».
Sogni e speranze? «Solo quello di trovare un lavoro. Qualsiasi cosa. Io non mi vergogno di niente, ripeto. Guardiano di notte, magazziniere, autista, tutto per me andrebbe bene. La cosa importante è che la mattina non sia oppresso dal fatto di alzarmi e di non aver nulla da fare. Se qualcuno è in grado di darmi una mano si faccia vivo. Io tanta buona volontà e la responsabilità di portare avanti i miei figli»
LA LETTERA - «Quella rassegnazione che prende chi neppure cerca più il lavoro»
BARLETTA - Ma quanto incide la disoccupazione negli equilibri di una famiglia? Che cosa prova un padre che vede suo figlio non avere «lo straccio di un posto di lavoro»? Francesco Paolo Dellaquila è un pensionato barlettano. Lui è uno dei tanti padri che vivono il calvario dei propri figli. Sulla loro pelle e nel loro cuore. Da pochissimi anni ha lasciato il servizio attivo come bancario e proprio no si capacita di quello accade. Un vero e proprio dramma. Un tunnel buio.
«Sono un padre, sicuramente non unico, che rivolge la sua attenzione non tanto alle cause che hanno gravemente elevato il tasso di disoccupazione per lo più dovute a una crisi mondiale, ma all'impatto psicologico che inevitabilmente colpisce chi cerca lavoro e non lo trova - scrive in una lettera inviata alla Gazzetta - Sappiamo benissimo quali possono essere le conseguenze, lo stato di angoscia e le sofferenze del giovane disoccupato. Ma solo chi vive e affianca situazioni simili, può veramente toccare la drammaticità quotidiana e sempre più dolorosa cui è colpito chi al mattino si alza con l'unica certezza di trovare sempre e soltanto porte chiuse».
«La mia riflessione nasce e matura nel guardare il volto di mio figlio che non è più di disperazione perché almeno questa è reattiva, ma è di rassegnazione, di un volto che gira nel vuoto, di un uomo che non ha più dignità, nessuna prospettiva, nessuna possibilità di costruirsi una famiglia; è il volto di chi ha assimilato la sconfitta in tutta la sua drammaticità. - prosegue Dellaquila - In lui si perde persino la percezione e il timore dell'ignoto talmente ormai è assente tutto ciò che gli circonda! La perdita di ogni ideale, la perdita della propria coscienza, l'immobilismo causa di sfiducia nei confronti di tutti ma soprattutto nei confronti di se stesso e fuori da ogni concezione di essere umano. Ma qual è il principio sancito proprio dal primo articolo della Costituzione?».
E allora vale la pena ricordare a chi ha responsabilità di governo, a tutti i livelli, che il primo articolo della Costituzione recita: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione».
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/
No, del dolore»
di GIUSEPPE DIMICCOLI
BARLETTA - «Primo maggio» festa dei lavoratori? Dipende. Anche giorno di sofferenza e, senza dubbio, di lacrime di dolore. E se proprio non ci crederete provatelo a chiedere a tutte quelle famiglie, e sono troppe, che hanno perso un loro caro proprio per il lavoro. Che cosa vi potrebbe dire la signora Falconetti che, da sola, da agosto del 2007 sta crescendo i suoi quattro figli dopo che suo marito è morto in Alto Adige cadendo da una impalcatura? Forse vi dirà che di tutto quello che le era stato promesso ha visto solo l’ombra. Gli unici aiuti sono giunti - grazie all’operazione Sorriso del cavalliere Sebastia - no Lavecchia - da due imprenditori barlettani del settore pastificio di Barletta, Savino Maffei e Ruggiero Vaccariello, e dal sindaco di Montella Ferruccio Capone.
E allora proprio questo giorno è opportuno ascoltare il «grido di dolore» del barlettano Giuseppe Ricco e di tutta la sua famiglia. Suo figlio ferroviere Domenico di appena 27 anni fu travolto il 5 novembre del 2009 in circostanze poco chiare alla stazione di Rifredi a poche centinaia di metri da Firenze Santa Maria Novella. Questo si conosce bene ed è scritto con le lacrime. Però dell’indagine della magistratura e di quella interna (come annunciata personalmente durante i funerali dai dirigenti Calogero Di Venuta e Andrea Pr atesi), ad oggi, non si conosce nulla.
«Sono passati circa sei mesi da quando è morto mio figlio Domenico ma nessuno ci ha detto che cosa è successo - riferisce alla Gazzetta papà Giuseppe -. La magistratura ordinaria ha aperto una inchiesta le Ferrovie anche ma tutti continuano a tacere in merito alle modalità della tragedia che ha colpito la mia famiglia». Poi aggiunge: «Vi sembra giusto tutto questo? Perchè nessuno ci fa sapere a che punto stanno le indagini? Io lavoro da 40 anni in Ferrovia e mi sono fatto una idea chiara di quello che è successo e mi meraviglia molto che coloro che indagano abbiano ancora dubbi in merito all’accaduto. Forse si vuole che passi tempo per farci dimenticare quello che è accaduto? Questo non accadrà mai perchè mio figlio è una vittima del lavoro e non merita tutto questo. Mi limito a dire che per la tragedia di Viareggio l’indagine è andata spedita e subito sono stati individuati i probabili responsabili. Per mio figlio ancora nulla. Io non mollo e proprio oggi chiedo che mi figlio sia ricordato. In tutta Italia da quando è morto mio figlio ad oggi ci sono stati altri sei investimenti. Sei famiglie distrutte come la mia». Chi non ha dimenticato Domenico sono stati i suoi colleghi che la settimana scorsa hanno giocato un memorial regionale di calcio dedicato a lui. Ferrovieri da Gioia del Colle, Bari, Barletta, Foggia e Taranto Brindisi e Lecce hanno ricordato «un amico troppo buono strappato alla vita dal lavoro insicuro».
E quando il vice sindaco Franco Caputo ha premiato la squadra vincitrice di Foggia, in tanti non hanno trattenuto lacrime.
LA STORIA - Disoccupato con 4 figli e l’alluminio sulla spiaggia
BARLETTA - «Non mi vergogno a fare questo. È l'unica cosa che posso fare e stare a casa senza far niente per me è un supplizio». È sincero Marco, nome di fantasia, 52 anni, quando sulla litoranea di Ponente racconta al cronista la sua storia di padre disoccupato con quattro figli «da sistemare». Il sole è splendente. Ma il suo viso è scuro. Però non dispera in un futuro migliore. Mentre è intento, con una pinza e i guanti a raccogliere le lattine di alluminio, molti lo salutano. E lui risponde.
«Non avrei mai pensato di dover far questo. Però è l'unica cosa. Devo solo capire se per me è conveniente o meno perché per 15 chilogrammi di alluminio prendo 10 euro. Due giorni di lavoro e molta benzina che se ne va. Vedremo». Barlettano puro sangue per oltre 20 anni, con altri tre soci, ha avuto una confezione. Per lui lavoravano 15 persone. Poi però «nel 2003 a causa della concorrenza dall'estero ho dovuto chiudere ed è iniziato il mio periodo di sofferenza».
Non si è arreso e armato di buona volontà, ha sfruttato la patente C che aveva conseguito. «Per tre anni ho lavorato come autista in una azienda di Modugno di cartellonistica stradale. Poi la crisi ha colpito quel settore e, con altre colleghi, siamo stati licenziati».
Ma come si fa ad andare avanti senza una entrata economica e mantenere quattro figli? «Per fortuna la casa dove abitiamo è di proprietà di mia moglie e almeno il fitto non dobbiamo pagarlo. Però il condominio ogni mese bussa. Mia figlia di 29 anni sta a casa con noi e questa cosa mi preoccupa perché prima o poi dovremo pensare a sposarla. Poi ho una ragazza di 16 anni che frequenta la scuola e non vi dico le spese per libri, quaderni e tanto altro. Per fortuna mio figlio di 26 anni lavora come metalmeccanico in una azienda del barese e ci aiuta molto con il suo stipendio. Ma lui è un ragazzo. Qualcosina ci arriva da un impiego saltuario di mia figlia che si è appena diplomata ragioniera».
Sogni e speranze? «Solo quello di trovare un lavoro. Qualsiasi cosa. Io non mi vergogno di niente, ripeto. Guardiano di notte, magazziniere, autista, tutto per me andrebbe bene. La cosa importante è che la mattina non sia oppresso dal fatto di alzarmi e di non aver nulla da fare. Se qualcuno è in grado di darmi una mano si faccia vivo. Io tanta buona volontà e la responsabilità di portare avanti i miei figli»
LA LETTERA - «Quella rassegnazione che prende chi neppure cerca più il lavoro»
BARLETTA - Ma quanto incide la disoccupazione negli equilibri di una famiglia? Che cosa prova un padre che vede suo figlio non avere «lo straccio di un posto di lavoro»? Francesco Paolo Dellaquila è un pensionato barlettano. Lui è uno dei tanti padri che vivono il calvario dei propri figli. Sulla loro pelle e nel loro cuore. Da pochissimi anni ha lasciato il servizio attivo come bancario e proprio no si capacita di quello accade. Un vero e proprio dramma. Un tunnel buio.
«Sono un padre, sicuramente non unico, che rivolge la sua attenzione non tanto alle cause che hanno gravemente elevato il tasso di disoccupazione per lo più dovute a una crisi mondiale, ma all'impatto psicologico che inevitabilmente colpisce chi cerca lavoro e non lo trova - scrive in una lettera inviata alla Gazzetta - Sappiamo benissimo quali possono essere le conseguenze, lo stato di angoscia e le sofferenze del giovane disoccupato. Ma solo chi vive e affianca situazioni simili, può veramente toccare la drammaticità quotidiana e sempre più dolorosa cui è colpito chi al mattino si alza con l'unica certezza di trovare sempre e soltanto porte chiuse».
«La mia riflessione nasce e matura nel guardare il volto di mio figlio che non è più di disperazione perché almeno questa è reattiva, ma è di rassegnazione, di un volto che gira nel vuoto, di un uomo che non ha più dignità, nessuna prospettiva, nessuna possibilità di costruirsi una famiglia; è il volto di chi ha assimilato la sconfitta in tutta la sua drammaticità. - prosegue Dellaquila - In lui si perde persino la percezione e il timore dell'ignoto talmente ormai è assente tutto ciò che gli circonda! La perdita di ogni ideale, la perdita della propria coscienza, l'immobilismo causa di sfiducia nei confronti di tutti ma soprattutto nei confronti di se stesso e fuori da ogni concezione di essere umano. Ma qual è il principio sancito proprio dal primo articolo della Costituzione?».
E allora vale la pena ricordare a chi ha responsabilità di governo, a tutti i livelli, che il primo articolo della Costituzione recita: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione».
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Mede@- Admin Medea
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
Tutti sono daccordo nel condannare l'illegalità, il lavoro nero e lo
sfruttamento, ma quanti di noi poi si interrogano realmente quando fanno
fanno scelte d'acquisto di fronte ai richiami promozionali dei prodotti
economici?
Pensiamo ai divani (le offerte mozzafiato sui divani
in pelle a 1000 euro o sui divani letto a 600 euro che molti di ricevono
via posta) :
come possono essere prodotti in condizioni di rispetto
dei diritti e delle legalità?
Ma non solo , pensiamo
all'abbigliamento o all'elettronica: come si pone il nostro senso etico
di fronte alla consapevolezza che ogni nostro acquisto sostiene il
lavoro minorile e lo sfruttamento?
Da Report abbiamo imparato
che anche i marchi Made in Italy possono nascondere delle sorprese:
quanti di noi si interrogano se il nostro fornitore fa produrre a
terzisti cinesi irregolari?
Non è solo un problema di rispetto
delle regole e della concorrenza sleale ma anche di comportamento del
consumatore, corresponsabile attraverso il suo acquisto di questo
processo distorto.
Intorno a Forlì c’è il distretto del divano, uno dei più importanti
d’Italia, andato in crisi ancora prima che la tempesta finanziaria
partita dagli Usa investisse l’Italia. Ma non una crisi di mercato o di
commesse: il mercato delle poltrone e dei divani tiene e le commesse non
hanno subito particolari flessioni. Da qualche anno però, ha
raccontato l’inchiesta di Report andata in onda su Rai tre ieri sera, le
piccole imprese italiane che lavorano per le grandi marche nazionali o
francesi, come Poltronesofà o Roche Bobois chiudono a ripetizione,
lasciando a casa i lavoratori.
Perché al loro posto, anche qui, sono
arrivati i cinesi. Poche regole o nessuna regola, lavoratori
formalmente part-time che in realtà si trovano in situazioni ai
confini dello schiavismo. Una infiltrazione rapida e profonda, che ha
ben presto messo fuori mercato le piccole imprese locali
impossibilitate a seguire la picchiata dei prezzi. Al punto che qualche
«terzista » italiano, per non restare tagliato fuori, prende le
commesse e le passa alle ditte controllate dal Dragone.
Risultato: già nel 2006 nel distretto
del «mobile imbottito» di Forlì avevano chiuso i battenti 50
imprese italiane, mentre il numero delle ditte cinesi aumentava del
135%. Senza che questo fenomeno, come del resto è accaduto a Prato,
avesse destato particolare attenzione. Nell’anno in questione c’erano
stati 12 controlli del locale ispettorato del lavoro. Ma anche se i 12
controlli avevano fatto scoprire ben 314 illeciti, 110 lavoratori
irregolari e 23 clandestini, questo non aveva destato alcun allarme.
Tanto che nel 2007 i controlli dell’ispettorato del lavoro, ha rivelato
l’inchiesta di Report condotta da Sabrina Giannini, si erano ridotti a
cinque.
Tutto questo mentre Elena Ciocca e
Manuela Amadori tempestavano sindacati, ispettorato del lavoro e
le associazioni imprenditoriali. Denunce cadute a quanto pare nel
vuoto, finché un esposto non è arrivato al questore Calogero Germanà e
le due imprenditrici sono state chiamate a rendere la loro
testimonianza. A quel punto è scoppiato il caso. Il sostituto
procuratore della Repubblica di Forlì, Fabio Di Vizio, ha avviato
un’indagine che ipotizza ben 78 violazione del codice penale: dal
mancato rispetto delle norme di sicurezza alla turbativa di mercato.
Secondo Report , l’indagine ha coinvolto almeno tre imprese italiane
(Polaris, Cosmosalotto e Tre Erre) che lavorano direttamente o
indirettamente per le multinazionali della poltrona. E si è conclusa nei
giorni scorsi con un esito clamoroso. «Turbativa del commercio e
dell’industria» è l’ipotesi di reato confermata al termine
dell’inchiesta giudiziaria. Una ipotesi suffragata anche
dall’esistenza, affermano i magistrati, di una «società di fatto» fra
alcuni imprenditori italiani che avrebbero fornito alle ditte cinesi
capannoni e macchinari, e le ditte cinesi che avrebbero fornito agli
imprenditori italiani prodotti a prezzi stracciati. Ma in attesa che
la giustizia faccia il suo corso, nel distretto del divano forlivese è
cambiato poco o nulla. Le ditte cinesi coinvolte nell’inchiesta, ha
documentato la trasmissione di Milena Gabanelli, hanno cambiato
ragione sociale: e così continuano a lavorare per gli stessi committenti
italiani.
http://guyfawkes.myblog.it/archive/2009/10/21/forli-divani-cinesi.html
"Abbiamo letto che i vertici
di Confindustria dicono che il fenomeno non è così diffuso e che i
controlli vengono fatti, non sappiamo se queste persone vivono a Forlì o
dove", sbottano Elena e Manuela, che riflettono sulle reazioni a caldo
di questi giorni. Ospitano RomagnaOggi.it nel piccolo
laboratorio tessile di Elena Ciocca di Santa Maria Nuova di Bertinoro.
Manuela Amadori, invece, ha la sua attività a Forlimpopoli, entrambe
conto-terziste dell'ormai ex distretto del mobile imbottito forlivese.
Ciocca ha sei dipendenti, Amadori nove. Piccole realtà, famiglie che
rischiano di restare senza stipendio.
Confindustria sostiene che non questo problema della
concorrenza cinese non esiste.
"Crediamo che gli imprenditori dovrebbero tornare sui loro passi, sta
a loro per primi cambiare la situazione. Tutti sanno cosa succede,
anche i grossi committenti della distribuzione che acquistano i divani
sono al corrente, non si può far finta di non sapere".
Dicono anche che rispetto alla delocalizzazione di imprese in
Cina, avere i cinesi qui è il male minore.
"Per noi che cambia? Dov'è il reddito per l'italiano, se devo
lasciare a casa le mie dipendenti, tanto vale che portino tutte le
produzioni là, almeno non vediamo".
Ce l'avete coi cinesi?
Manuela Amadori: "Io ho tre dipendenti cinesi, tre su nove, il primo è
arrivato tre anni fa. I miei cinesi lavorano otto ore al giorno e li
pago regolarmente, e loro il lavoro se lo tengono stretto: credo di fare
io integrazione".
sfruttamento, ma quanti di noi poi si interrogano realmente quando fanno
fanno scelte d'acquisto di fronte ai richiami promozionali dei prodotti
economici?
Pensiamo ai divani (le offerte mozzafiato sui divani
in pelle a 1000 euro o sui divani letto a 600 euro che molti di ricevono
via posta) :
come possono essere prodotti in condizioni di rispetto
dei diritti e delle legalità?
Ma non solo , pensiamo
all'abbigliamento o all'elettronica: come si pone il nostro senso etico
di fronte alla consapevolezza che ogni nostro acquisto sostiene il
lavoro minorile e lo sfruttamento?
Da Report abbiamo imparato
che anche i marchi Made in Italy possono nascondere delle sorprese:
quanti di noi si interrogano se il nostro fornitore fa produrre a
terzisti cinesi irregolari?
Non è solo un problema di rispetto
delle regole e della concorrenza sleale ma anche di comportamento del
consumatore, corresponsabile attraverso il suo acquisto di questo
processo distorto.
Intorno a Forlì c’è il distretto del divano, uno dei più importanti
d’Italia, andato in crisi ancora prima che la tempesta finanziaria
partita dagli Usa investisse l’Italia. Ma non una crisi di mercato o di
commesse: il mercato delle poltrone e dei divani tiene e le commesse non
hanno subito particolari flessioni. Da qualche anno però, ha
raccontato l’inchiesta di Report andata in onda su Rai tre ieri sera, le
piccole imprese italiane che lavorano per le grandi marche nazionali o
francesi, come Poltronesofà o Roche Bobois chiudono a ripetizione,
lasciando a casa i lavoratori.
Perché al loro posto, anche qui, sono
arrivati i cinesi. Poche regole o nessuna regola, lavoratori
formalmente part-time che in realtà si trovano in situazioni ai
confini dello schiavismo. Una infiltrazione rapida e profonda, che ha
ben presto messo fuori mercato le piccole imprese locali
impossibilitate a seguire la picchiata dei prezzi. Al punto che qualche
«terzista » italiano, per non restare tagliato fuori, prende le
commesse e le passa alle ditte controllate dal Dragone.
Risultato: già nel 2006 nel distretto
del «mobile imbottito» di Forlì avevano chiuso i battenti 50
imprese italiane, mentre il numero delle ditte cinesi aumentava del
135%. Senza che questo fenomeno, come del resto è accaduto a Prato,
avesse destato particolare attenzione. Nell’anno in questione c’erano
stati 12 controlli del locale ispettorato del lavoro. Ma anche se i 12
controlli avevano fatto scoprire ben 314 illeciti, 110 lavoratori
irregolari e 23 clandestini, questo non aveva destato alcun allarme.
Tanto che nel 2007 i controlli dell’ispettorato del lavoro, ha rivelato
l’inchiesta di Report condotta da Sabrina Giannini, si erano ridotti a
cinque.
Tutto questo mentre Elena Ciocca e
Manuela Amadori tempestavano sindacati, ispettorato del lavoro e
le associazioni imprenditoriali. Denunce cadute a quanto pare nel
vuoto, finché un esposto non è arrivato al questore Calogero Germanà e
le due imprenditrici sono state chiamate a rendere la loro
testimonianza. A quel punto è scoppiato il caso. Il sostituto
procuratore della Repubblica di Forlì, Fabio Di Vizio, ha avviato
un’indagine che ipotizza ben 78 violazione del codice penale: dal
mancato rispetto delle norme di sicurezza alla turbativa di mercato.
Secondo Report , l’indagine ha coinvolto almeno tre imprese italiane
(Polaris, Cosmosalotto e Tre Erre) che lavorano direttamente o
indirettamente per le multinazionali della poltrona. E si è conclusa nei
giorni scorsi con un esito clamoroso. «Turbativa del commercio e
dell’industria» è l’ipotesi di reato confermata al termine
dell’inchiesta giudiziaria. Una ipotesi suffragata anche
dall’esistenza, affermano i magistrati, di una «società di fatto» fra
alcuni imprenditori italiani che avrebbero fornito alle ditte cinesi
capannoni e macchinari, e le ditte cinesi che avrebbero fornito agli
imprenditori italiani prodotti a prezzi stracciati. Ma in attesa che
la giustizia faccia il suo corso, nel distretto del divano forlivese è
cambiato poco o nulla. Le ditte cinesi coinvolte nell’inchiesta, ha
documentato la trasmissione di Milena Gabanelli, hanno cambiato
ragione sociale: e così continuano a lavorare per gli stessi committenti
italiani.
http://guyfawkes.myblog.it/archive/2009/10/21/forli-divani-cinesi.html
"Abbiamo letto che i vertici
di Confindustria dicono che il fenomeno non è così diffuso e che i
controlli vengono fatti, non sappiamo se queste persone vivono a Forlì o
dove", sbottano Elena e Manuela, che riflettono sulle reazioni a caldo
di questi giorni. Ospitano RomagnaOggi.it nel piccolo
laboratorio tessile di Elena Ciocca di Santa Maria Nuova di Bertinoro.
Manuela Amadori, invece, ha la sua attività a Forlimpopoli, entrambe
conto-terziste dell'ormai ex distretto del mobile imbottito forlivese.
Ciocca ha sei dipendenti, Amadori nove. Piccole realtà, famiglie che
rischiano di restare senza stipendio.
Confindustria sostiene che non questo problema della
concorrenza cinese non esiste.
"Crediamo che gli imprenditori dovrebbero tornare sui loro passi, sta
a loro per primi cambiare la situazione. Tutti sanno cosa succede,
anche i grossi committenti della distribuzione che acquistano i divani
sono al corrente, non si può far finta di non sapere".
Dicono anche che rispetto alla delocalizzazione di imprese in
Cina, avere i cinesi qui è il male minore.
"Per noi che cambia? Dov'è il reddito per l'italiano, se devo
lasciare a casa le mie dipendenti, tanto vale che portino tutte le
produzioni là, almeno non vediamo".
Ce l'avete coi cinesi?
Manuela Amadori: "Io ho tre dipendenti cinesi, tre su nove, il primo è
arrivato tre anni fa. I miei cinesi lavorano otto ore al giorno e li
pago regolarmente, e loro il lavoro se lo tengono stretto: credo di fare
io integrazione".
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
Asinara. Primo maggio all'insegna dell' ambiente e del lavoro
Venerdì 30 Aprile 2010 10:39
di Milena Dominici
Legambiente: “Dalla crisi si esce puntando su ambiente, innovazione e sostenibilità. Una fabbrica più pulita è una fabbrica più competitiva"
ROMA - La questione ambientale e quella sociale sono due aspetti dello stesso problema che può essere affrontato concretamente con una reale riconversione economica, che faccia leva su un equilibrato rapporto tra innovazione industriale, rivoluzione energetica, economie verdi e risorse naturali della Sardegna.
Lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica può garantire una ripresa dell’economia e dell’occupazione in Sardegna e nel resto d’Italia. Molto poi si può fare investendo in maniera innovativa nei settori dell’edilizia, dei trasporti e della sicurezza ambientale”.
Legambiente partecipa alle celebrazioni del Primo maggio all’Asinara insieme ai cassintegrati della Vinyls. Ma insieme alla solidarietà per i lavoratori, presenta una piattaforma dettagliata delle possibilità di ripresa occupazionale ed economica fondata sul binomio ambiente e lavoro che propone di concentrare risorse pubbliche e private in una politica industriale capace di riconvertire le produzioni più inquinanti e di intervenire sui cicli produttivi per renderli ambientalmente sostenibili e più sicuri per chi vi lavora. Contemporaneamente è necessario creare nuove imprese in grado di fornire prodotti e tecnologie utili al risanamento ambientale e, più in generale, alla trasformazione ecologica dell’economia di questo paese.
“Quelle che proponiamo – ha dichiarato il vicepresidente nazionale di Legambiente Sebastiano Venneri - sono priorità alternative a quelle assunte dal Governo. Interventi selezionati che possono avere effetti positivi immediati e su ampia scala, interessare ampi settori del sistema produttivo italiano e dei distretti, perché spingono investimenti privati nella ricerca e verso l’innovazione, perché premiano una concorrenza che ha come obiettivo quello di migliorare l'efficienza energetica e ridurre le tariffe per i cittadini”.
http://www.dazebao.org/news/index.php?option=com_content&view=article&id=9860:asinara-primo-maggio-allinsegna-dell-ambiente-e-del-lavoro&catid=55:ambiente&Itemid=173
Venerdì 30 Aprile 2010 10:39
di Milena Dominici
Legambiente: “Dalla crisi si esce puntando su ambiente, innovazione e sostenibilità. Una fabbrica più pulita è una fabbrica più competitiva"
ROMA - La questione ambientale e quella sociale sono due aspetti dello stesso problema che può essere affrontato concretamente con una reale riconversione economica, che faccia leva su un equilibrato rapporto tra innovazione industriale, rivoluzione energetica, economie verdi e risorse naturali della Sardegna.
Lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica può garantire una ripresa dell’economia e dell’occupazione in Sardegna e nel resto d’Italia. Molto poi si può fare investendo in maniera innovativa nei settori dell’edilizia, dei trasporti e della sicurezza ambientale”.
Legambiente partecipa alle celebrazioni del Primo maggio all’Asinara insieme ai cassintegrati della Vinyls. Ma insieme alla solidarietà per i lavoratori, presenta una piattaforma dettagliata delle possibilità di ripresa occupazionale ed economica fondata sul binomio ambiente e lavoro che propone di concentrare risorse pubbliche e private in una politica industriale capace di riconvertire le produzioni più inquinanti e di intervenire sui cicli produttivi per renderli ambientalmente sostenibili e più sicuri per chi vi lavora. Contemporaneamente è necessario creare nuove imprese in grado di fornire prodotti e tecnologie utili al risanamento ambientale e, più in generale, alla trasformazione ecologica dell’economia di questo paese.
“Quelle che proponiamo – ha dichiarato il vicepresidente nazionale di Legambiente Sebastiano Venneri - sono priorità alternative a quelle assunte dal Governo. Interventi selezionati che possono avere effetti positivi immediati e su ampia scala, interessare ampi settori del sistema produttivo italiano e dei distretti, perché spingono investimenti privati nella ricerca e verso l’innovazione, perché premiano una concorrenza che ha come obiettivo quello di migliorare l'efficienza energetica e ridurre le tariffe per i cittadini”.
http://www.dazebao.org/news/index.php?option=com_content&view=article&id=9860:asinara-primo-maggio-allinsegna-dell-ambiente-e-del-lavoro&catid=55:ambiente&Itemid=173
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
Il 12 febbraio scorso a Vinovo, in provincia di Torino, un giovane di 28 anni si è tolto la vita impiccandosi negli stabilimenti dell’azienda in cui lavorava, azienda che proprio in quei giorni aveva perso un’importante commessa di lavoro e che era sull’orlo della chiusura...
A fine gennaio un operaio bergamasco di Brembate si è tolto la vita cospargendosi di benzina e dandosi fuoco: l’uomo era disoccupato da due mesi, da quando la sua ditta era fallita.
Pochi giorni prima a Macerata un operaio disoccupato di 55 anni si era ucciso perché non avendo un lavoro, non ce la faceva più a pagare l’affitto di casa. Il tragico elenco potrebbe continuare ma a chi volesse farsi un’idea quantitativa del livello di questa silenziosa ecatombe, basterebbe digitare su un motore di ricerca Internet le parole “suicidio + disoccupazione”: ne uscirebbero molte pagine tristi, troppe, in cui si narrano i casi di suicidio attuato o solo tentato per situazioni collegate alla perdita del lavoro e alla disoccupazione. Qualcuno di questi gesti ha addirittura portato a una strage familiare, come a Reggio Emilia, dove a fine agosto un disoccupato ha sterminato la famiglia e poi tentato il suicidio.
In Italia non si è ancora agli agghiaccianti numeri di Telecom France, dove dal 2008, in un anno e mezzo 25 persone si sono tolte la vita in una situazione di terrore aziendale sviluppatasi in seguito a una ristrutturazione gestita in maniera selvaggia, ma anche da noi il fenomeno della disperazione a fronte delle difficoltà lavorative esiste, anche se colpevolmente sottovalutato.
L’argomento suicidio-disoccupazione è un tabù ancora difficile da infrangere: si preferisce non approfondire l’argomento come fosse inesplicabile e remoto. A differenza di altri campi, dove abbondano ricerche, numeri e interpretazioni, su questo fenomeno non esistono specifiche indagini e anche nei resoconti di cronaca, il fattore mancanza di lavoro viene spesso liquidato come una nota a margine, citato come un epitaffio e sempre sottodimensionato rispetto a vaghi “disagi personali”.
Eppure che il fenomeno sia allarmante lo si deduce dalla frequenza con cui questi due elementi si legano in una sorta di terribile causa-effetto. Durante il 45° congresso della Società Italiana di Psichiatria che si è tenuto a Roma a ottobre 2009, è stato affrontato il problema presentando per la prima volta alcuni numeri. La crescente disoccupazione rilevano gli specialisti, può essere strettamente collegata all'aumento del tasso dei suicidi: in Europa per ogni incremento del 3% della disoccupazione, aumenta di quasi il 5% il tasso dei suicidi. La crisi economica ha portato cioè, in poco più di un anno, ad oltre 1.700 suicidi in più.
È chiaro che non è mai possibile stabilire una connessione diretta tra un gesto estremo e disperato come il suicidio e la perdita del lavoro, in quanto a questa si sommano sempre specifici vissuti personali che aggravano la disperazione. Ma è altrettanto innegabile che questi suicidi sono lo spaccato di una situazione di disgregazione sociale dove la perdita del lavoro viene vissuta come un dramma della solitudine irrisolvibile e senza via d’uscita.
Chiunque in Italia abbia avuto a che fare con periodi più o meno lunghi di non lavoro, nella maggioranza dei casi si è dovuto confrontare oltre che col problema psicologico della perdita d’identità, con due oggettive difficoltà: l’assenza di una forma di sostegno al reddito e la enorme difficoltà, a prescindere dalle professionalità acquisite, di rientrare nel circuito lavorativo.
La condizione di disoccupazione nel nostro paese esiste per tante persone ed è più forte e più lacerante di quanto si possa credere. Proprio i dati Istat di alcuni giorni fa dicono che il tasso di disoccupazione continua a salire e a gennaio 2010 è arrivato all'8,6 %, il dato peggiore dal 2004. Il numero delle persone in cerca di lavoro risulta pari a 2.144.000 e di questi secondo i dati del Ministero del Lavoro, solo il 30% ha accesso a forme di sostegno al reddito (dagli ammortizzatori sociali all’indennità di disoccupazione) mentre gli altri si devono arrangiare. Arrangiarsi in questo strano paese significa mettersi da soli alla ricerca di un nuovo lavoro, ma anche qui troviamo dei dati sconfortanti che possono aiutarci a capire il senso di smarrimento che ci si trova a vivere in questi casi. Una rilevazione presentata a Luglio 2009 da Unioncamere mostra come in Italia il 53% delle aziende assuma solo tramite conoscenza o segnalazione, senza passare per quelli che dovrebbero essere i canali usuali di ricollocazione: Centri per l’Impiego, inserzioni su quotidiani o periodici specializzati, Agenzie per il lavoro. Insomma, se hai una rete di contatti hai qualche possibilità di ricollocarti, altrimenti si fa oggettivamente dura.
Il dato sconfortante e schizofrenico, viene poi confermato anche da una ricerca fatta dalla GIDP, un’associazione dei direttori di Risorse umane che a inizio anno ha presentato i risultati di una sua indagine sui trend occupazionali futuri. Secondo questi dati le imprese che assumeranno nel 2010 apriranno le loro porte soprattutto a figure professionali con un'età compresa tra 25 e 34 anni. Un po’di spazio la troverà anche la generazione di mezzo (i 35-40enni) mentre quasi nulle sono invece le opportunità per chi ha superato i 40 anni.
Questa fascia di “emarginati dal lavoro” è quasi sempre anche quella che rimane tagliata fuori dalle poche forme di sostegno al reddito, è lontanissima dal traguardo pensionistico e spesso è quella che deve far fronte a una serie di obblighi familiari, quali mutui accesi per l’acquisto di una casa, spese scolastiche e mediche per i figli.
È abbastanza ovvio che, se da un giorno all’altro alla condizione di disoccupazione si aggiunge anche la carenza di politiche di sostegno per sopperire ai bisogni basilari di una famiglia, si viene a creare un senso di solitudine e ineluttabilità capace di spingere l’individuo verso gesti estremi e disperati. Nel nostro paese le selvagge politiche del lavoro ultraliberiste adottate negli ultimi anni, oltre ad aver istituzionalizzato lo stato di “precarietà permanente” di alcune fasce di cittadini, hanno dilaniato qualsiasi sistema di soccorso e solidarietà sociale: è passata una logica della ricerca del lavoro basta su un selvaggio e anomico “fai da te”, in cui le reti istituzionali delegate a questo compito sono inefficienti e insufficienti e hanno perso (se mai lo hanno avuto) qualsiasi ruolo di riferimento. La disperazione di non trovare lavoro è un fenomeno sociale che investe due milioni di persone ma nella realtà quotidiana diventa un fatto privato, un dramma individuale, una vergogna che trasforma gli individui in fantasmi privi di identità senza, nessun interlocutore che possa fornire loro, se non un lavoro, almeno la possibilità di essere ascoltati, presi in considerazione, valutati per le loro professionalità. Il tutto mentre se da un lato si perde il diritto di “cittadinanza lavorativa”, per la stesso lavoratore licenziato e tenuto ai margini di qualsiasi circuito di ricollocazione i doveri sociali continuano a essere tassativi e improcrastinabili.
Da qui, alla disperazione che porta a gesti estremi, il passo è breve, salvo poi nelle analisi degli esperti di management, girare la testa dall’altra parte, citare la “crisi” come alibi adeguato per ogni evento o nefandezza e magari liquidare il tutto nei titoli di giornali con un semplice “stato generale di depressione”.
di Stefano Giusti - Sociologo - 09 Marzo 2010
http://www.dirittidistorti.it/articoli/12-lavoro/165-suicidi-e-disoccupazione-tabu-e-difficili-verita.html
A fine gennaio un operaio bergamasco di Brembate si è tolto la vita cospargendosi di benzina e dandosi fuoco: l’uomo era disoccupato da due mesi, da quando la sua ditta era fallita.
Pochi giorni prima a Macerata un operaio disoccupato di 55 anni si era ucciso perché non avendo un lavoro, non ce la faceva più a pagare l’affitto di casa. Il tragico elenco potrebbe continuare ma a chi volesse farsi un’idea quantitativa del livello di questa silenziosa ecatombe, basterebbe digitare su un motore di ricerca Internet le parole “suicidio + disoccupazione”: ne uscirebbero molte pagine tristi, troppe, in cui si narrano i casi di suicidio attuato o solo tentato per situazioni collegate alla perdita del lavoro e alla disoccupazione. Qualcuno di questi gesti ha addirittura portato a una strage familiare, come a Reggio Emilia, dove a fine agosto un disoccupato ha sterminato la famiglia e poi tentato il suicidio.
In Italia non si è ancora agli agghiaccianti numeri di Telecom France, dove dal 2008, in un anno e mezzo 25 persone si sono tolte la vita in una situazione di terrore aziendale sviluppatasi in seguito a una ristrutturazione gestita in maniera selvaggia, ma anche da noi il fenomeno della disperazione a fronte delle difficoltà lavorative esiste, anche se colpevolmente sottovalutato.
L’argomento suicidio-disoccupazione è un tabù ancora difficile da infrangere: si preferisce non approfondire l’argomento come fosse inesplicabile e remoto. A differenza di altri campi, dove abbondano ricerche, numeri e interpretazioni, su questo fenomeno non esistono specifiche indagini e anche nei resoconti di cronaca, il fattore mancanza di lavoro viene spesso liquidato come una nota a margine, citato come un epitaffio e sempre sottodimensionato rispetto a vaghi “disagi personali”.
Eppure che il fenomeno sia allarmante lo si deduce dalla frequenza con cui questi due elementi si legano in una sorta di terribile causa-effetto. Durante il 45° congresso della Società Italiana di Psichiatria che si è tenuto a Roma a ottobre 2009, è stato affrontato il problema presentando per la prima volta alcuni numeri. La crescente disoccupazione rilevano gli specialisti, può essere strettamente collegata all'aumento del tasso dei suicidi: in Europa per ogni incremento del 3% della disoccupazione, aumenta di quasi il 5% il tasso dei suicidi. La crisi economica ha portato cioè, in poco più di un anno, ad oltre 1.700 suicidi in più.
È chiaro che non è mai possibile stabilire una connessione diretta tra un gesto estremo e disperato come il suicidio e la perdita del lavoro, in quanto a questa si sommano sempre specifici vissuti personali che aggravano la disperazione. Ma è altrettanto innegabile che questi suicidi sono lo spaccato di una situazione di disgregazione sociale dove la perdita del lavoro viene vissuta come un dramma della solitudine irrisolvibile e senza via d’uscita.
Chiunque in Italia abbia avuto a che fare con periodi più o meno lunghi di non lavoro, nella maggioranza dei casi si è dovuto confrontare oltre che col problema psicologico della perdita d’identità, con due oggettive difficoltà: l’assenza di una forma di sostegno al reddito e la enorme difficoltà, a prescindere dalle professionalità acquisite, di rientrare nel circuito lavorativo.
La condizione di disoccupazione nel nostro paese esiste per tante persone ed è più forte e più lacerante di quanto si possa credere. Proprio i dati Istat di alcuni giorni fa dicono che il tasso di disoccupazione continua a salire e a gennaio 2010 è arrivato all'8,6 %, il dato peggiore dal 2004. Il numero delle persone in cerca di lavoro risulta pari a 2.144.000 e di questi secondo i dati del Ministero del Lavoro, solo il 30% ha accesso a forme di sostegno al reddito (dagli ammortizzatori sociali all’indennità di disoccupazione) mentre gli altri si devono arrangiare. Arrangiarsi in questo strano paese significa mettersi da soli alla ricerca di un nuovo lavoro, ma anche qui troviamo dei dati sconfortanti che possono aiutarci a capire il senso di smarrimento che ci si trova a vivere in questi casi. Una rilevazione presentata a Luglio 2009 da Unioncamere mostra come in Italia il 53% delle aziende assuma solo tramite conoscenza o segnalazione, senza passare per quelli che dovrebbero essere i canali usuali di ricollocazione: Centri per l’Impiego, inserzioni su quotidiani o periodici specializzati, Agenzie per il lavoro. Insomma, se hai una rete di contatti hai qualche possibilità di ricollocarti, altrimenti si fa oggettivamente dura.
Il dato sconfortante e schizofrenico, viene poi confermato anche da una ricerca fatta dalla GIDP, un’associazione dei direttori di Risorse umane che a inizio anno ha presentato i risultati di una sua indagine sui trend occupazionali futuri. Secondo questi dati le imprese che assumeranno nel 2010 apriranno le loro porte soprattutto a figure professionali con un'età compresa tra 25 e 34 anni. Un po’di spazio la troverà anche la generazione di mezzo (i 35-40enni) mentre quasi nulle sono invece le opportunità per chi ha superato i 40 anni.
Questa fascia di “emarginati dal lavoro” è quasi sempre anche quella che rimane tagliata fuori dalle poche forme di sostegno al reddito, è lontanissima dal traguardo pensionistico e spesso è quella che deve far fronte a una serie di obblighi familiari, quali mutui accesi per l’acquisto di una casa, spese scolastiche e mediche per i figli.
È abbastanza ovvio che, se da un giorno all’altro alla condizione di disoccupazione si aggiunge anche la carenza di politiche di sostegno per sopperire ai bisogni basilari di una famiglia, si viene a creare un senso di solitudine e ineluttabilità capace di spingere l’individuo verso gesti estremi e disperati. Nel nostro paese le selvagge politiche del lavoro ultraliberiste adottate negli ultimi anni, oltre ad aver istituzionalizzato lo stato di “precarietà permanente” di alcune fasce di cittadini, hanno dilaniato qualsiasi sistema di soccorso e solidarietà sociale: è passata una logica della ricerca del lavoro basta su un selvaggio e anomico “fai da te”, in cui le reti istituzionali delegate a questo compito sono inefficienti e insufficienti e hanno perso (se mai lo hanno avuto) qualsiasi ruolo di riferimento. La disperazione di non trovare lavoro è un fenomeno sociale che investe due milioni di persone ma nella realtà quotidiana diventa un fatto privato, un dramma individuale, una vergogna che trasforma gli individui in fantasmi privi di identità senza, nessun interlocutore che possa fornire loro, se non un lavoro, almeno la possibilità di essere ascoltati, presi in considerazione, valutati per le loro professionalità. Il tutto mentre se da un lato si perde il diritto di “cittadinanza lavorativa”, per la stesso lavoratore licenziato e tenuto ai margini di qualsiasi circuito di ricollocazione i doveri sociali continuano a essere tassativi e improcrastinabili.
Da qui, alla disperazione che porta a gesti estremi, il passo è breve, salvo poi nelle analisi degli esperti di management, girare la testa dall’altra parte, citare la “crisi” come alibi adeguato per ogni evento o nefandezza e magari liquidare il tutto nei titoli di giornali con un semplice “stato generale di depressione”.
di Stefano Giusti - Sociologo - 09 Marzo 2010
http://www.dirittidistorti.it/articoli/12-lavoro/165-suicidi-e-disoccupazione-tabu-e-difficili-verita.html
Bess- Utente Aficionado: 501-2000 post
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
Ma non era il giorno del grande concerto a Roma e di festività a scuola?
mariele4ever- Utente Colonna: 2001-5000 post
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
il concerto dovrebbe celebrare e festeggiare il ruolo sociale dei lavoratori.. dalla rivoluzione industriale in qua.
Ricordare i 20 anni in cui il fascismo lo proibì.
con le 2 ore e mezzo di penale per ogni respiro oltre la fatica.
Ricordare i 20 anni in cui il fascismo lo proibì.
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lepidezza- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2010/04/bialetti-chiusura-fabbrica.shtml
Dove sono i princìpi?
Dove sono i princìpi?
- Spoiler:
seunanotte- Utente Colonna: 2001-5000 post
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
Buongiorno a tutti.
Volevo fare i complimenti per il banner fattore x primo maggio....molto carino e dare un Buon Primo Maggio a chi un lavoro ce l'ha.
Volevo fare i complimenti per il banner fattore x primo maggio....molto carino e dare un Buon Primo Maggio a chi un lavoro ce l'ha.
IsyJoke- Utente Residente: 150-500 Post
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
" Compagni operai! Si avvicina il giorno del primo Maggio, nel quale gli operai di tutti i paesi celebrano il loro risveglio alla vita cosciente, celebrano la loro unione nella lotta contro ogni sorta di violenza e di oppressione dell'uomo sull'uomo, nella lotta per la liberazione di milioni di lavoratori [...] ".
Lenin (1904)
judylee- Utente Fattiscente: 5001-9999 Post
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
Mi piacerebbe sapere come mai i sindacati spuntano fuori solo alle feste
da wikipedia
La Festa del lavoro o Festa dei lavoratori è una festività celebrata il 1º maggio di ogni anno che intende ricordare l'impegno del movimento sindacale ed i traguardi raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori. La festa del lavoro è riconosciuta in molte nazioni del mondo ma non in tutte
La classe operaia per i sindacati è divisa in caste, chi si merita la loro rappresentanza e chi no.
da wikipedia
La Festa del lavoro o Festa dei lavoratori è una festività celebrata il 1º maggio di ogni anno che intende ricordare l'impegno del movimento sindacale ed i traguardi raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori. La festa del lavoro è riconosciuta in molte nazioni del mondo ma non in tutte
La classe operaia per i sindacati è divisa in caste, chi si merita la loro rappresentanza e chi no.
liut123**- Utente Fattiscente: 5001-9999 Post
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
Kahlil Gibran "Sul lavoro"
- Spoiler:
- Allora un contadino disse:
Parlaci del Lavoro.
E lui rispose dicendo:
Voi lavorate per assecondare il ritmo della terra e l'anima della terra.
Poiché oziare è estraniarsi dalle stagioni e uscire dal corso della vita,
che avanza in solenne e fiera sottomissione verso l'infinito.
Quando lavorate siete un flauto
attraverso il quale il sussurro del tempo si trasforma in musica.
Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa e muta
quando tutte le altre cantano all'unisono?
Sempre vi è stato detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura.
Ma io vi dico che quando lavorate esaudite una parte del sogno più remoto della terra,
che vi fu dato in sorte quando il sogno stesso ebbe origine.
Vivendo delle vostre fatiche,
voi amate in verità la vita.
E amare la vita attraverso la fatica è comprenderne il segreto più profondo.
Ma se nella vostra pena voi dite
che nascere è dolore e il peso della carne una maledizione scritta sulla fronte,
allora vi rispondo:
tranne il sudore della fronte niente laverà ciò che vi è stato scritto.
Vi è stato detto che la vita è tenebre
e nella vostra stanchezza voi fate eco a ciò che è stato detto dagli esausti.
E io vi dico che in verità la vita è tenebre fuorché quando è slancio,
E ogni slancio è cieco fuorché quando è sapere,
E ogni sapere è vano fuorché quando è lavoro,
E ogni lavoro è vuoto fuorché quando è amore;
E quando lavorate con amore voi stabilite un vincolo con voi stessi,
con gli altri e con Dio.
E cos'è lavorare con amore?
È tessere un abito con i fili del cuore,
come se dovesse indossarlo il vostro amato.
È costruire una casa con dedizione come se dovesse abitarla il vostro amato.
È spargere teneramente i semi e mietere il raccolto con gioia,
come se dovesse goderne il frutto il vostro amato.
È diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito,
E sapere che tutti i venerati morti stanno vigili intorno a voi.
Spesso vi ho udito dire, come se parlaste nel sonno:
"Chi lavora il marmo e scopre la propria anima configurata nella pietra,
è più nobile di chi ara la terra.
E chi afferra l'arcobaleno e lo stende sulla tela in immagine umana,
è più di chi fabbrica sandali per i nostri piedi".
Ma io vi dico,
non nel sonno ma nel vigile e pieno mezzogiorno,
il vento parla dolcemente alla quercia gigante come al più piccolo filo d'erba;
E che è grande soltanto chi trasforma la voce del vento in un canto reso più dolce dal proprio amore.
Il lavoro è amore rivelato.
E se non riuscite a lavorare con amore,
ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e,
seduti alla porta del tempio,
accettare l'elemosina di chi lavora con gioia.
Poiché se cuocete il pane con indifferenza,
voi cuocete un pane amaro,
che non potrà sfamare l'uomo del tutto.
E se spremete l'uva controvoglia,
la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino.
E anche se cantate come angeli,
ma non amate il canto,
renderete l'uomo sordo alle voci del giorno e della notte.
seunanotte- Utente Colonna: 2001-5000 post
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Re: 1 maggio che significato ha per te?
E' meravigliosa.Grazie seunanotte
Tanto per ricordarceli fra gli altri:
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
PRINCIPI FONDAMENTALI
art. 1. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
art. 4. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
RAPPORTI ECONOMICI
art. 35. La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.
art. 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè ed alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
art. 37. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.
art. 38. Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera.
art. 39. L'organizzazione sindacale è libera.
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
art. 40. Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.
art. 41. L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché‚ l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
art. 46. Ai fini dell'elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.
Tanto per ricordarceli fra gli altri:
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
PRINCIPI FONDAMENTALI
art. 1. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
art. 4. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
RAPPORTI ECONOMICI
art. 35. La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.
art. 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè ed alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
art. 37. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.
art. 38. Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera.
art. 39. L'organizzazione sindacale è libera.
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
art. 40. Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.
art. 41. L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché‚ l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
art. 46. Ai fini dell'elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.
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