articolo di Paolo Giordano
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articolo di Paolo Giordano
nostro inviato a Sanremo
Dentro uno e poi l’altro, alla fine fanno quattro: Marco Mengoni, Noemi
e Tony Maiello (nella Nuova Generazione) da X Factor, Valerio Scanu da
Amici, dove pochi mesi fa s’è giocato la vittoria fino all’ultimo.
Proprio così: al Festival di Sanremo che inizia domani c’è una bella
invasione di ragazzi allenati, forgiati e lanciati dalla tv diventata
maestra di musica e guarda un po’ che risultati. Sanremo talentoso,
Sanremo Factor, Amici di Sanremo e via con i giochi di parole.
Soprattutto: Sanremo giovane perché quest’anno addio cariatidi, basta
con Matia Bazar e gerontopop del genere e largo a chi si è appena fatto
largo.
D’accordo, a Mengoni spettava di diritto come
vincitore dell’ultimo X Factor, ma gli altri l’Ariston se lo sono
conquistato passo dopo passo, a pane dischi d’oro e tournée, senza
correre sul dorso di scintillanti gossip o di roboanti raccomandazioni.
Semplicemente piacciono. E, ancor più semplicemente, hanno belle
canzoni. Uno dice: troppo facile, questi sono i cocchi della tv e per
forza che vanno a Sanremo. In realtà ci sono arrivati a furor di popolo
perché Briciole di Noemi è stato uno dei brani più martellati dalle
radio nell’estate scorsa e Scanu ha trotterellato per l’Italia cantando
senza sosta e incidendo due album, mentre Tony Maiello, che sarà il più
spaesato di tutti perché è così inesperto, ha fatto quello che aveva
promesso in tv: si è messo a perfezionare la sua musica.
D’altronde lui, napoletano, vent’anni, è il
frutto della scuola Mara Maionchi, la sua produttrice: palla lunga e
pedalare, il lavoro innanzitutto, perché è l’unico modo per far
germogliare il talento se ce l’hai. E così sbarca tra i giovani con un
brano mica male, un bell’r&b all’italiana che è azzeccato non solo
musicalmente, calibrato e corposo com’è, ma squaderna un testo (suo)
che fai fatica a non canticchiare subito. Per di più, le parole de Il
linguaggio della resa non sono la solita trafila di sole cuore amore
oppure di pensieri accatastati a caso per esigenze metriche. Ma parlano
del silenzio, di quel silenzio che segue la fine di un amore e dà la
forza di andare avanti. Diciamolo, dai, di solito a vent’anni si è in
tutt’altre riflessioni affaccendati e dal silenzio si scappa a gambe
levate senza pensarci troppo su.
Insomma, Enrico Ruggeri e Irene Grandi. Il
trio principesco con Pupo, Emanuele Filiberto (in qualche modo anche
lui figlio di un talent show, Ballando con le stelle) e il tenore Luca
Canonici. Anche Nino D’Angelo e Toto Cutugno.
Ma il Sanremo dei sessant’anni quest’anno
festeggia con le novità ventenni, altro che. Prendi Marco Mengoni, nato
nel Natale 1988, vincitore morganatico di X Factor nel senso che Morgan
era il suo caposquadra, propensione ai suoni soul, molto vicino
all’anglolibanese Mika che sta facendo impazzire il mondo. Mentre
pubblica il cd Re matto, Mengoni arriva all’Ariston con Credimi ancora,
brano poco sanremese, molto complesso per arrangiamenti, cantato in
modo strepitoso perché questo ragazzo «tiene voce», come direbbe Enrico
Caruso: molto strutturata, agile, impaziente di arrivare ai toni alti
senza perdere carico.
ostro inviato a Sanremo
Dentro uno e poi l’altro, alla fine fanno quattro: Marco Mengoni, Noemi
e Tony Maiello (nella Nuova Generazione) da X Factor, Valerio Scanu da
Amici, dove pochi mesi fa s’è giocato la vittoria fino all’ultimo.
Proprio così: al Festival di Sanremo che inizia domani c’è una bella
invasione di ragazzi allenati, forgiati e lanciati dalla tv diventata
maestra di musica e guarda un po’ che risultati. Sanremo talentoso,
Sanremo Factor, Amici di Sanremo e via con i giochi di parole.
Soprattutto: Sanremo giovane perché quest’anno addio cariatidi, basta
con Matia Bazar e gerontopop del genere e largo a chi si è appena fatto
largo.
D’accordo, a Mengoni spettava di diritto come
vincitore dell’ultimo X Factor, ma gli altri l’Ariston se lo sono
conquistato passo dopo passo, a pane dischi d’oro e tournée, senza
correre sul dorso di scintillanti gossip o di roboanti raccomandazioni.
Semplicemente piacciono. E, ancor più semplicemente, hanno belle
canzoni. Uno dice: troppo facile, questi sono i cocchi della tv e per
forza che vanno a Sanremo. In realtà ci sono arrivati a furor di popolo
perché Briciole di Noemi è stato uno dei brani più martellati dalle
radio nell’estate scorsa e Scanu ha trotterellato per l’Italia cantando
senza sosta e incidendo due album, mentre Tony Maiello, che sarà il più
spaesato di tutti perché è così inesperto, ha fatto quello che aveva
promesso in tv: si è messo a perfezionare la sua musica.
D’altronde lui, napoletano, vent’anni, è il
frutto della scuola Mara Maionchi, la sua produttrice: palla lunga e
pedalare, il lavoro innanzitutto, perché è l’unico modo per far
germogliare il talento se ce l’hai. E così sbarca tra i giovani con un
brano mica male, un bell’r&b all’italiana che è azzeccato non solo
musicalmente, calibrato e corposo com’è, ma squaderna un testo (suo)
che fai fatica a non canticchiare subito. Per di più, le parole de Il
linguaggio della resa non sono la solita trafila di sole cuore amore
oppure di pensieri accatastati a caso per esigenze metriche. Ma parlano
del silenzio, di quel silenzio che segue la fine di un amore e dà la
forza di andare avanti. Diciamolo, dai, di solito a vent’anni si è in
tutt’altre riflessioni affaccendati e dal silenzio si scappa a gambe
levate senza pensarci troppo su.
Insomma, Enrico Ruggeri e Irene Grandi. Il
trio principesco con Pupo, Emanuele Filiberto (in qualche modo anche
lui figlio di un talent show, Ballando con le stelle) e il tenore Luca
Canonici. Anche Nino D’Angelo e Toto Cutugno.
Ma il Sanremo dei sessant’anni quest’anno
festeggia con le novità ventenni, altro che. Prendi Marco Mengoni, nato
nel Natale 1988, vincitore morganatico di X Factor nel senso che Morgan
era il suo caposquadra, propensione ai suoni soul, molto vicino
all’anglolibanese Mika che sta facendo impazzire il mondo. Mentre
pubblica il cd Re matto, Mengoni arriva all’Ariston con Credimi ancora,
brano poco sanremese, molto complesso per arrangiamenti, cantato in
modo strepitoso perché questo ragazzo «tiene voce», come direbbe Enrico
Caruso: molto strutturata, agile, impaziente di arrivare ai toni alti
senza perdere carico.
Dentro uno e poi l’altro, alla fine fanno quattro: Marco Mengoni, Noemi
e Tony Maiello (nella Nuova Generazione) da X Factor, Valerio Scanu da
Amici, dove pochi mesi fa s’è giocato la vittoria fino all’ultimo.
Proprio così: al Festival di Sanremo che inizia domani c’è una bella
invasione di ragazzi allenati, forgiati e lanciati dalla tv diventata
maestra di musica e guarda un po’ che risultati. Sanremo talentoso,
Sanremo Factor, Amici di Sanremo e via con i giochi di parole.
Soprattutto: Sanremo giovane perché quest’anno addio cariatidi, basta
con Matia Bazar e gerontopop del genere e largo a chi si è appena fatto
largo.
D’accordo, a Mengoni spettava di diritto come
vincitore dell’ultimo X Factor, ma gli altri l’Ariston se lo sono
conquistato passo dopo passo, a pane dischi d’oro e tournée, senza
correre sul dorso di scintillanti gossip o di roboanti raccomandazioni.
Semplicemente piacciono. E, ancor più semplicemente, hanno belle
canzoni. Uno dice: troppo facile, questi sono i cocchi della tv e per
forza che vanno a Sanremo. In realtà ci sono arrivati a furor di popolo
perché Briciole di Noemi è stato uno dei brani più martellati dalle
radio nell’estate scorsa e Scanu ha trotterellato per l’Italia cantando
senza sosta e incidendo due album, mentre Tony Maiello, che sarà il più
spaesato di tutti perché è così inesperto, ha fatto quello che aveva
promesso in tv: si è messo a perfezionare la sua musica.
D’altronde lui, napoletano, vent’anni, è il
frutto della scuola Mara Maionchi, la sua produttrice: palla lunga e
pedalare, il lavoro innanzitutto, perché è l’unico modo per far
germogliare il talento se ce l’hai. E così sbarca tra i giovani con un
brano mica male, un bell’r&b all’italiana che è azzeccato non solo
musicalmente, calibrato e corposo com’è, ma squaderna un testo (suo)
che fai fatica a non canticchiare subito. Per di più, le parole de Il
linguaggio della resa non sono la solita trafila di sole cuore amore
oppure di pensieri accatastati a caso per esigenze metriche. Ma parlano
del silenzio, di quel silenzio che segue la fine di un amore e dà la
forza di andare avanti. Diciamolo, dai, di solito a vent’anni si è in
tutt’altre riflessioni affaccendati e dal silenzio si scappa a gambe
levate senza pensarci troppo su.
Insomma, Enrico Ruggeri e Irene Grandi. Il
trio principesco con Pupo, Emanuele Filiberto (in qualche modo anche
lui figlio di un talent show, Ballando con le stelle) e il tenore Luca
Canonici. Anche Nino D’Angelo e Toto Cutugno.
Ma il Sanremo dei sessant’anni quest’anno
festeggia con le novità ventenni, altro che. Prendi Marco Mengoni, nato
nel Natale 1988, vincitore morganatico di X Factor nel senso che Morgan
era il suo caposquadra, propensione ai suoni soul, molto vicino
all’anglolibanese Mika che sta facendo impazzire il mondo. Mentre
pubblica il cd Re matto, Mengoni arriva all’Ariston con Credimi ancora,
brano poco sanremese, molto complesso per arrangiamenti, cantato in
modo strepitoso perché questo ragazzo «tiene voce», come direbbe Enrico
Caruso: molto strutturata, agile, impaziente di arrivare ai toni alti
senza perdere carico.
ostro inviato a Sanremo
Dentro uno e poi l’altro, alla fine fanno quattro: Marco Mengoni, Noemi
e Tony Maiello (nella Nuova Generazione) da X Factor, Valerio Scanu da
Amici, dove pochi mesi fa s’è giocato la vittoria fino all’ultimo.
Proprio così: al Festival di Sanremo che inizia domani c’è una bella
invasione di ragazzi allenati, forgiati e lanciati dalla tv diventata
maestra di musica e guarda un po’ che risultati. Sanremo talentoso,
Sanremo Factor, Amici di Sanremo e via con i giochi di parole.
Soprattutto: Sanremo giovane perché quest’anno addio cariatidi, basta
con Matia Bazar e gerontopop del genere e largo a chi si è appena fatto
largo.
D’accordo, a Mengoni spettava di diritto come
vincitore dell’ultimo X Factor, ma gli altri l’Ariston se lo sono
conquistato passo dopo passo, a pane dischi d’oro e tournée, senza
correre sul dorso di scintillanti gossip o di roboanti raccomandazioni.
Semplicemente piacciono. E, ancor più semplicemente, hanno belle
canzoni. Uno dice: troppo facile, questi sono i cocchi della tv e per
forza che vanno a Sanremo. In realtà ci sono arrivati a furor di popolo
perché Briciole di Noemi è stato uno dei brani più martellati dalle
radio nell’estate scorsa e Scanu ha trotterellato per l’Italia cantando
senza sosta e incidendo due album, mentre Tony Maiello, che sarà il più
spaesato di tutti perché è così inesperto, ha fatto quello che aveva
promesso in tv: si è messo a perfezionare la sua musica.
D’altronde lui, napoletano, vent’anni, è il
frutto della scuola Mara Maionchi, la sua produttrice: palla lunga e
pedalare, il lavoro innanzitutto, perché è l’unico modo per far
germogliare il talento se ce l’hai. E così sbarca tra i giovani con un
brano mica male, un bell’r&b all’italiana che è azzeccato non solo
musicalmente, calibrato e corposo com’è, ma squaderna un testo (suo)
che fai fatica a non canticchiare subito. Per di più, le parole de Il
linguaggio della resa non sono la solita trafila di sole cuore amore
oppure di pensieri accatastati a caso per esigenze metriche. Ma parlano
del silenzio, di quel silenzio che segue la fine di un amore e dà la
forza di andare avanti. Diciamolo, dai, di solito a vent’anni si è in
tutt’altre riflessioni affaccendati e dal silenzio si scappa a gambe
levate senza pensarci troppo su.
Insomma, Enrico Ruggeri e Irene Grandi. Il
trio principesco con Pupo, Emanuele Filiberto (in qualche modo anche
lui figlio di un talent show, Ballando con le stelle) e il tenore Luca
Canonici. Anche Nino D’Angelo e Toto Cutugno.
Ma il Sanremo dei sessant’anni quest’anno
festeggia con le novità ventenni, altro che. Prendi Marco Mengoni, nato
nel Natale 1988, vincitore morganatico di X Factor nel senso che Morgan
era il suo caposquadra, propensione ai suoni soul, molto vicino
all’anglolibanese Mika che sta facendo impazzire il mondo. Mentre
pubblica il cd Re matto, Mengoni arriva all’Ariston con Credimi ancora,
brano poco sanremese, molto complesso per arrangiamenti, cantato in
modo strepitoso perché questo ragazzo «tiene voce», come direbbe Enrico
Caruso: molto strutturata, agile, impaziente di arrivare ai toni alti
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