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Messaggio Da bilquis Ven 08 Ott 2010, 15:45

Il buono, il brutto e il cattivo (Marco Travaglio)

Avendo assaggiato i trattamenti speciali dei massaggiatori del Giornale (e non solo di quello), potremmo commentare la notizia come farebbero loro se i perquisiti fossimo noi: “Incastrati i terroristi del Fatto: la Procura di Napoli smaschera i seminatori di odio”. Invece siamo coscienti che l’inchiesta sfociata nelle perquisizioni al Giornale si muove sul filo del rasoio: il rischio di scivolare dai doverosi accertamenti su una notizia di reato (avvalorata dalla testimonianza di Emma Marcegaglia) in una lesione della libertà di stampa è concreto e reale. E ne sono consapevoli gli stessi Pm Woodcock e Piscitelli (sostenuti dal procuratore Lepore, magistrato superprudente), quando precisano che il giornalista “ha il pieno diritto di scrivere ciò che ritiene, di criticare anche in modo duro, pungente e veemente” e “anche di essere fazioso”, ma non di “utilizzare la prospettazione dei propri scritti al solo scopo di coartare la volontà altrui”. In attesa di conoscere gli sviluppi dell’indagine, che è agli inizi (i fatti sono di pochi giorni fa) e serve appunto a verificare la fondatezza o meno di un’accusa, accantoniamo gli aspetti penali della vicenda, che affidiamo ai giudici. E concentriamoci su quelli politici e deontologici, di cui l’Ordine dei giornalisti, dopo le frasi di rito contro le perquisizioni al Giornale, farebbe bene a occuparsi. Un iscritto all’Albo dei giornalisti, che ancora l’altra sera si presentava in tv come “volto umano del Giornale” diretto da Sallusti (definito scherzosamente “belva umana”), scrive un sms al portavoce della Marcegaglia poche ore dopo che questa ha duramente criticato il governo B.: “Domani superpezzo giudiziario sugli affaire della family Marcegaglia”. Un’ora dopo rincara: “Ora ci divertiamo, per venti giorni rompiamo il culo alla Marcegaglia come pochi al mondo. Abbiamo spostato i segugi da Montecarlo a Mantova”. I “segugi” sono i cronisti che massacrano Fini da due mesi, precisamente dal giorno in cui Fini è stato cacciato dal Pdl per ordine di B. Contestualizziamo, direbbe monsignor Fisichella: per la presidente di Confindustria si prospetta un trattamento Fini, Boffo, Di Pietro, Boccassini, Mesiano, Ariosto, Prodi, D’Addario, Veronica, Montanelli, Santoro, Biagi, Luttazzi e così via (aggiungete, a piacere, chiunque si sia messo di traverso sulla strada di B. in questi 16 anni). La signora, avendo evidentemente motivi per temere qualcosa (ci sono indagini sul suo gruppo, in corso per smaltimento illegale di rifiuti e già concluse con patteggiamenti per corruzione), si allarma e alza il telefono. Per chiamare chi? Non Porro o Sallusti o Feltri (il buono, il brutto e il cattivo). Ma Confalonieri. Che chiama Feltri. Risultato tutt’altro che imprevedibile: i dossier sulla Marcegaglia, casomai i segugi li stessero raccogliendo, non escono.
Domanda: con chi parliamo quando ci chiama un cronista del Giornale o di altri quotidiani specializzati nel killeraggio degli avversari di B.? La Marcegaglia si risponde: sto parlando con B. in uno dei suoi vari travestimenti. E si sente minacciata, come tanti suoi illustri predecessori nel trattamento (“ho percepito l’avvertimento come un rischio reale e concreto alla mia persona e immagine... Al Giornale erano piccati per le mie dichiarazioni contro il governo...”). E ne riceve conferma a stretto giro (“Confalonieri mi richiamò, mi disse di aver parlato con Feltri e che era tutto a posto: il Giornale avrebbe desistito”). Porro dice che scherzava: speriamo sia così, anche se dovrebbe domandarsi perché è stato frainteso (il “contesto”, appunto). Sallusti non trova di meglio che invocare una perquisizione al Fatto. Forse non sa che è già accaduto (i Pm di Bari cercavano le fonti del nostro scoop sull’inchiesta di Trani). In ogni caso, si accomodi: noi le notizie le pubblichiamo quando le abbiamo e tutte, che danneggino la destra o la sinistra o la destra e la sinistra insieme. E gl’interessati se le leggono sul giornale. Non siamo usi avvertirli in anticipo, magari per ritrarre la penna in cambio di qualche favore al padrone. Forse perché non abbiamo padroni.


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Messaggio Da lepidezza Ven 08 Ott 2010, 15:54

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Messaggio Da bilquis Ven 08 Ott 2010, 16:11

Maroni indagato per finanziamento illecito

I pm confermano: "Interrogato nei giorni scorsi"
Confermate le anticipazioni dell'Espresso: il ministro dell'Interno iscritto nel registro degli indagati per una consulenza da 60 mila euro. L'ipotesi è che il compenso sia stato ricevuto per un lavoro non effettuato

Maroni indagato per finanziamento illecito I pm confermano: "Interrogato nei giorni scorsi" La copertina dell'Espresso che anticipa l'indagine su Maroni

ROMA - Il minstro dell'Interno Roberto Maroni è indagato a Roma per finanziamento illecito in relazione a una consulenza da 60 mila euro pagata dalla società Mythos. Viene così confermato quanto riporato da L'espresso 1 nel numero in edicola oggi.

A quanto si apprende, Maroni è già stato interrogato in gran segreto nei giorni scorsi. Nel corso dell'interrogatorio, il ministro avrebbe affermato che i soldi ricevuti dalla Mythos non costituiscono il compenso per alcuna attività illegale. Si tratterebbe al contrario, secondo il numero uno del Viminale, del compenso di una consulenza legale effettuata in qualità di avvocato. Maroni avrebbe consegnato agli inquirenti anche una documentazione a sostegno delle sue affermazioni.

Gli atti dell'indagine che vede coinvolto Roberto Maroni sono ora al vaglio della magistratura romana che ha iscritto il nominativo del ministro nel registro degli indagati per l'ipotesi di finanziamento illecito ad un parlamentare. L'inchiesta è condotta dal procuratore Giovanni Ferrara e dall'aggiunto Alberto Caperna. Secondo l'ipotesi originaria di indagine, formulata dai pm di Milano, la somma incassata da Maroni sarebbe stata fatturata nel 2007-2008 ma la consulenza professionale non sarebbe mai stata svolta. Nell'inchiesta risulta coinvolto anche Franco Boselli, manager della Mythos.

(08 ottobre 2010)

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Messaggio Da xenas Ven 08 Ott 2010, 16:19

Gesto di delicatezza nella tv veritàGesto di delicatezza nella tv verità

Il delitto perfetto. Non per chi l’ha commesso, ma per la tv: le telecamere sono in casa dell’assassino mentre il colpevole confessa l’omicidio in una vicina caserma dei carabinieri. E la prima ad apprendere la notizia, è la madre della povera Sarah Scazzi. Con un crescendo drammaturgico di grande intensità: le mezze conferme, le mezze smentite, l’incertezza sulla localizzazione del ritrovamento, il numero dei «fermati». A un certo punto, sul finire della trasmissione, la conduttrice Federica Sciarelli dice: «Una notizia che non avremmo mai voluto dare». C’è da crederle.

Ma sul piano mediatico era quella la notizia che ogni programma, dei tanti che si sono occupati del caso, avrebbe voluto dare. Poteva capitare a una delle tv locali che in Puglia hanno seguito ossessivamente la vicenda; poteva capitare a Porta a porta, con l’inevitabile commento a caldo di qualche criminologo; poteva capitare, ed è capitato, a Chi l’ha visto?, la trasmissione più titolata a seguire la scomparsa della ragazza, la trasmissione che una settimana fa aveva mandato in onda le lacrime dello zio, Michele Misseri, disperato perché aveva trovato i resti del telefonino di Sarah.

Con le telecamere ormai accese 24 ore su 24, in una società organizzata attorno ai media, nella piena consapevolezza che ormai gli strumenti multimediali rappresentano il nuovo ambiente in cui viviamo, è inutile chiedersi se questo strazio collettivo in diretta andasse fermato o no. Da tempo viviamo nel post-Vermicino.

Quando la Sciarelli si premura di dire alla mamma di Sarah, Concetta Serrano, se desidera interrompere il collegamento compie un gesto di estrema delicatezza, ma manda, contemporaneamente, un’indicazione linguistica: questo non è un reality, questa è tv verità. Il fatto è che la verità non sembra mai vera, si vorrebbe dire di no alla verità dell’apparenza, spegnendo le telecamere, nella speranza che ci sia una verità diversa dell’essere.
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Messaggio Da Mede@ Ven 08 Ott 2010, 16:22

Concetta, prigioniera di Teledolore


Il volto di Concetta, lo sguardo pietrificato e sconvolto, davanti alle telecamere. E a noi. Il volto di Concetta: la bocca semiaperta, l’espressione attonita, la sofferenza che non si metabolizza. È successo mercoledì notte e dall’altra parte dello schermo c’eravamo noi, un frammento di Italia: un po’ solidale un po’ guardona.

Di nuovo, per la seconda volta nella nostra storia – dopo la notte di Vermicino – una morte in diretta. Di nuovo una maratona di “teledolore” che ci frigge nella carne, una madre che apprende la morte della figlia e la colpevolezza del cognato in pochi minuti, esponendo il suo sconcerto, costretta a mostrarsi indifesa al mondo. Quanti segni da decifrare in quella inquadratura. Concetta nel tinello della casa di sua sorella, apprende in quel momento dalla tv, che è anche la casa dell’assassino di sua figlia. Siede al fianco di sua nipote. Che però, apprende in quel momento dalla tv, è anche la figlia omertosa che forse proteggeva il padre. E che forse lo subiva: nipote complice e vittima. Scopre tutto questo e noi lo scopriamo con lei, in un gioco perverso: lo spettacolo sono le notizie, ma anche il modo in cui rimbalzano sul suo viso: se piange, se tace, se si dispera, se capisce o soccombe. In mezzo il grande circo di una provincia contadina: la difficoltà di difendersi di una famiglia semplice, che dopo aver guardato per anni la tv, ci si ritrova dentro, masticata e digerita.

In mezzo – come lampi di una telenovela tragica – ingenuità e violenza: un avvocato che non riesce a proteggerti, i filmini matrimoniali dello zio-cognato-assassino, le interviste bugiarde in cui piangeva come un vitello, lanciando appelli lacrimevoli e depistanti: “Torna Sarah!!”. E le domande della Sciarelli alla figlia: “Quelli erano i giorni felici, vero?”. La cosa più pericolosa, mentre un intero paese deve ancora metabolizzare il trauma di questa angoscia spettacolarizzata è la violenza della tv del dolore, così calda protettiva e rassicurante mentre la ingerisci, così dolorosa quando spegni. La cosa più facile e sbagliata, invece, è cercare un capro espiatorio per autoassolversi. Oppure dare la caccia a “un mostro”, liberarsi del dolore tramutandolo in rabbia, magari invocando corda e sapone, un linciaggio che lavi con il sangue le macchie oscure.

Nessuno di noi, soprattutto i giornalisti tv – io che scrivo – sa cosa significhi trovarsi a bordo di un treno in corsa mentre cadono le bombe. È difficile capire se Federica Sciarelli, la conduttrice di Chi l’ha visto?, che spesso è riuscita a muoversi con passo lieve in mezzo alle peggiori sciagure, sia consapevole sino in fondo del paradosso che il suo programma ha prodotto ieri.

La diretta era padrona di tutto: dei carnefici e delle vittime. Riceveva le notizie delle indagini in modo quasi reale, ma allo stesso tempo aveva “in ostaggio” le vittime. Lo faceva oggettivamente, perché “il telefonino non prende”, e allora nemmeno i Carabinieri riescono a parlare con Concetta: solo la tv può decidere se liberarla o meno. Allo stesso modo è difficile capire se la Sciarelli sia pienamente consapevole che chiedere a una madre se “vuole interrompere la trasmissione?” non ha senso. Quando le forze dell’ordine vanno a spiegare a qualcuno che suo figlio è morto – se fanno bene il loro lavoro – portano uno psicologo, danno assistenza, non fanno domande. Il volto di Concetta, quel maledetto telefonino senza campo, le sue parole spezzate: “Stanno trovando un cadavere… È assurdo…”. È vero che la conduttrice le dava la possibilità di tirarsi fuori. Ma è altrettanto vero che per 2 ore e 42 minuti lei era dentro, la più indifesa di tutti noi: un tempo interminabile, in cui le notizie sono deflagrate in studio fra smentite e conferme, come bombe a frammentazione: “Qui c’è il Quotidiano di Puglia che dice…”. “Qui l’Agi conferma”. Anche la Sciarelli entrava in quel tinello come una bomba: “C’è Sabrina? Vuole parlare?”. La tv possedeva tutti i testimoni e tutti i personaggi del dramma, li “deteneva” (nel senso letterale) e anche quando loro si ritraevano dal suo sguardo ustorio, ci spiegava cosa accadeva, come in un reality: “Sabrina sta telefonando”, spiegava l’inviata. Ed era sempre lei a offrire un bicchier d’acqua a Concetta, non i padroni di casa.

Dentro questa storia ci sono stereotipi antichi e piccoli misteri. C’è la differenza di classe, tra chi si può difendere dalla tv e chi non può. C’è il potere di controllo, che non si attenua concedendo la possibilità di uscita volontaria, ma che semmai si esalta nella forza suggestiva che ti spinge a dire no. Il vero mistero è proprio quel tinello. Perché la Sciarelli fa il programma a casa dello zio? “Perché lui era diventato – spiega – il cuore della storia”. Ma Michele era già sotto interrogatorio da ore. E la tv aspettava il suo ritorno, interrogando la sua famiglia e portandogli a casa la sua vittima. Però c’era una cosa che forse si doveva fare prima.

Quando la Sciarelli ha saputo la verità su Sarah, non doveva, come ci ha raccontato , “provare a prolungare la trasmissione nella speranza che arrivasse una smentita”. Doveva chiudere il collegamento, liberarla, liberarci. Avere la forza di toglierci il nostro macabro spettacolo. Per il bene di Concetta. E anche per quello di noi, i guardoni di casa.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/08/concetta-prigioniera-di-teledolore/70002/

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Messaggio Da bilquis Ven 08 Ott 2010, 16:26

Consulenze fantasma e quel doppio stipendio a Roberto Maroni e alla sua assistente

La notizia anticipata dal sito de L'Espresso parte da una indagine della procura di Milano. Secondo l'accusa il politico leghista avrebbe incassato alla vigilia delle elezioni del 2008, 60 mila euro

Cinquemila euro al mese per lui. Altri duemila per la sua portavoce. Denaro che a partire dal 2007, la Mythos, società inquisita per tangenti ed evasione fiscale, ha pagato al ministro dell’Interno Roberto Maroni e a Isabella Votino. Il tutto contabilizzato sotto la voce consulenze. In realtà, per la procura di Milano, si tratterebe di finanziamento illecito ai partiti. La notizia – anticipata oggi dal sito de L’Espresso, da domani in edicola – deriva da un’indagine del luglio 2009 tenuta nascosta sino allo scorso 1 ottobre.

Secondo l’accusa il politico leghista avrebbe incassato alla vigilia delle elezioni del 2008, 60 mila euro. Pagamenti motivati da fatture che Maroni ha emesso nella sua qualità di avvocato. Ma di cui non si trova alcuna traccia: nessun procedimento, nessun parere legale scritto. A fare il nome del ministro è stato un ex dirigente del gruppo Mythos, Franco Boselli. Si tratta del primo teste della difesa convocato in tribunale. Venerdì scorso, incalzato dalle domande dei pm, Boselli ha reso noto anche la somma versata al ministro: “Sessantamila euro”.

La Mythos, in passato considerata un colosso delle consulenze aziendali, secondo l’accusa, sarebbe una “centrale nazionale dell’evasione e della corruzione fiscale”. Il sistema entra in crisi cinque anni fa. Quando due avvocati decidono di denunciare alla procura Giuseppe Berghella, uno dei fondatori della Mythos, che pretendeva di farsi pagare una mazzetta. Il 29 settembre 2005 Berghella viene arrestato mentre versa tangenti per 50 mila euro a tre funzionari di vertice dell’Agenzia delle entrate di Milano.

Dal caso Berghella, i Pm Maurizio Romanelli e Gaetano Ruta, allargano l’inchiesta a decine di casi di corruzione e frode fiscale. E da qui arriveranno a una lista di collaboratori e consulenti che avrebbero effettivamente incassato fatture dall’azienda di Berghella.

Tra questi il ministro dell’Interno Roberto Maroni, che ha deciso di querelare L’Espresso.

http://oknotizie.virgilio.it/go.php?us=79111044cd49bdfd
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Messaggio Da lepidezza Ven 08 Ott 2010, 16:28

esatto teledolore!
telese sintetizza bene.
non capisco se queste domande siano retoriche o paracule. È difficile capire se Federica Sciarelli, la conduttrice di Chi l’ha visto?, che spesso è riuscita a muoversi con passo lieve in mezzo alle peggiori sciagure, sia consapevole sino in fondo del paradosso che il suo programma ha prodotto ieri.

Allo stesso modo è difficile capire se la Sciarelli sia pienamente consapevole che chiedere a una madre se “vuole interrompere la trasmissione?” non ha senso. Quando le forze dell’ordine vanno a spiegare a qualcuno che suo figlio è morto – se fanno bene il loro lavoro – portano uno psicologo, danno assistenza, non fanno domande.
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Messaggio Da G.Kaplan Ven 08 Ott 2010, 16:30

Mede@ ha scritto:Concetta, prigioniera di Teledolore


Il volto di Concetta, lo sguardo pietrificato e sconvolto, davanti alle telecamere. E a noi. Il volto di Concetta: la bocca semiaperta, l’espressione attonita, la sofferenza che non si metabolizza. È successo mercoledì notte e dall’altra parte dello schermo c’eravamo noi, un frammento di Italia: un po’ solidale un po’ guardona.

Di nuovo, per la seconda volta nella nostra storia – dopo la notte di Vermicino – una morte in diretta. Di nuovo una maratona di “teledolore” che ci frigge nella carne, una madre che apprende la morte della figlia e la colpevolezza del cognato in pochi minuti, esponendo il suo sconcerto, costretta a mostrarsi indifesa al mondo. Quanti segni da decifrare in quella inquadratura. Concetta nel tinello della casa di sua sorella, apprende in quel momento dalla tv, che è anche la casa dell’assassino di sua figlia. Siede al fianco di sua nipote. Che però, apprende in quel momento dalla tv, è anche la figlia omertosa che forse proteggeva il padre. E che forse lo subiva: nipote complice e vittima. Scopre tutto questo e noi lo scopriamo con lei, in un gioco perverso: lo spettacolo sono le notizie, ma anche il modo in cui rimbalzano sul suo viso: se piange, se tace, se si dispera, se capisce o soccombe. In mezzo il grande circo di una provincia contadina: la difficoltà di difendersi di una famiglia semplice, che dopo aver guardato per anni la tv, ci si ritrova dentro, masticata e digerita.

In mezzo – come lampi di una telenovela tragica – ingenuità e violenza: un avvocato che non riesce a proteggerti, i filmini matrimoniali dello zio-cognato-assassino, le interviste bugiarde in cui piangeva come un vitello, lanciando appelli lacrimevoli e depistanti: “Torna Sarah!!”. E le domande della Sciarelli alla figlia: “Quelli erano i giorni felici, vero?”. La cosa più pericolosa, mentre un intero paese deve ancora metabolizzare il trauma di questa angoscia spettacolarizzata è la violenza della tv del dolore, così calda protettiva e rassicurante mentre la ingerisci, così dolorosa quando spegni. La cosa più facile e sbagliata, invece, è cercare un capro espiatorio per autoassolversi. Oppure dare la caccia a “un mostro”, liberarsi del dolore tramutandolo in rabbia, magari invocando corda e sapone, un linciaggio che lavi con il sangue le macchie oscure.

Nessuno di noi, soprattutto i giornalisti tv – io che scrivo – sa cosa significhi trovarsi a bordo di un treno in corsa mentre cadono le bombe. È difficile capire se Federica Sciarelli, la conduttrice di Chi l’ha visto?, che spesso è riuscita a muoversi con passo lieve in mezzo alle peggiori sciagure, sia consapevole sino in fondo del paradosso che il suo programma ha prodotto ieri.

La diretta era padrona di tutto: dei carnefici e delle vittime. Riceveva le notizie delle indagini in modo quasi reale, ma allo stesso tempo aveva “in ostaggio” le vittime. Lo faceva oggettivamente, perché “il telefonino non prende”, e allora nemmeno i Carabinieri riescono a parlare con Concetta: solo la tv può decidere se liberarla o meno. Allo stesso modo è difficile capire se la Sciarelli sia pienamente consapevole che chiedere a una madre se “vuole interrompere la trasmissione?” non ha senso. Quando le forze dell’ordine vanno a spiegare a qualcuno che suo figlio è morto – se fanno bene il loro lavoro – portano uno psicologo, danno assistenza, non fanno domande. Il volto di Concetta, quel maledetto telefonino senza campo, le sue parole spezzate: “Stanno trovando un cadavere… È assurdo…”. È vero che la conduttrice le dava la possibilità di tirarsi fuori. Ma è altrettanto vero che per 2 ore e 42 minuti lei era dentro, la più indifesa di tutti noi: un tempo interminabile, in cui le notizie sono deflagrate in studio fra smentite e conferme, come bombe a frammentazione: “Qui c’è il Quotidiano di Puglia che dice…”. “Qui l’Agi conferma”. Anche la Sciarelli entrava in quel tinello come una bomba: “C’è Sabrina? Vuole parlare?”. La tv possedeva tutti i testimoni e tutti i personaggi del dramma, li “deteneva” (nel senso letterale) e anche quando loro si ritraevano dal suo sguardo ustorio, ci spiegava cosa accadeva, come in un reality: “Sabrina sta telefonando”, spiegava l’inviata. Ed era sempre lei a offrire un bicchier d’acqua a Concetta, non i padroni di casa.

Dentro questa storia ci sono stereotipi antichi e piccoli misteri. C’è la differenza di classe, tra chi si può difendere dalla tv e chi non può. C’è il potere di controllo, che non si attenua concedendo la possibilità di uscita volontaria, ma che semmai si esalta nella forza suggestiva che ti spinge a dire no. Il vero mistero è proprio quel tinello. Perché la Sciarelli fa il programma a casa dello zio? “Perché lui era diventato – spiega – il cuore della storia”. Ma Michele era già sotto interrogatorio da ore. E la tv aspettava il suo ritorno, interrogando la sua famiglia e portandogli a casa la sua vittima. Però c’era una cosa che forse si doveva fare prima.

Quando la Sciarelli ha saputo la verità su Sarah, non doveva, come ci ha raccontato , “provare a prolungare la trasmissione nella speranza che arrivasse una smentita”. Doveva chiudere il collegamento, liberarla, liberarci. Avere la forza di toglierci il nostro macabro spettacolo. Per il bene di Concetta. E anche per quello di noi, i guardoni di casa.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/08/concetta-prigioniera-di-teledolore/70002/

Tremendo!
Son due giorni che non accendo la tivvì per non incappare in questa storiaccia. Cmq la Sciarelli mi ha stupito, la facevo una gionalista seria. Che triste triste storia!
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Messaggio Da lepidezza Ven 08 Ott 2010, 16:31

teledolore parte da c'è posta per te ad amici sino alle interviste al citofono delle vittime: come sta?vuole dirci qualcosa?

su Maroni bilquis..
Roma ladrona sta facendo la scalata alle banche come I DS di consorte..
con il casino prossimo venturo ci si assicura di avere il timone sulla barca degli aguzzini..
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Messaggio Da G.Kaplan Ven 08 Ott 2010, 16:37

lepidezza ha scritto:teledolore parte da c'è posta per te ad amici sino alle interviste al citofono delle vittime: come sta?vuole dirci qualcosa?
su Maroni bilquis..
Roma ladrona sta facendo la scalata alle banche come I DS di consorte..
con il casino prossimo venturo ci si assicura di avere il timone sulla barca degli aguzzini..

Ma tu l'hai vista la puntata di Chi l'ha visto?
Agghiacciante! E te lo dico io che, date coordinate geografiche, son venuta su a pane ed orco..
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Messaggio Da xenas Ven 08 Ott 2010, 16:40

non mi piace il pezzo di telese....

1) vermicino io c'ero..... e li hai visto davvero la morte in diretta, ancora me la sogno la voce arrivare dal pozzo.... tutta un'altra cosa...

2) le accuse alla figlia di complicità e di essere abusata e alle altre persone... i giornalisti dovrebbero smettere di essere giuria e giudice....

non ho letto altro perchè mi viene il vomito, ma per dire questo mi sono bastate le prime righe... lui sciacallo come gli altri.
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Messaggio Da lepidezza Ven 08 Ott 2010, 16:42

che anche la redazione di chi l'ha visto si sia piegata a questo la dice lunga sull'uso della paura e del dolore in tv finalizzato allo spazio pubblitario.

stringere sul dolore di qualcuno e gestirlo a favore di camera non è comunicazione..
non è informazione.
e laddove non c'è cronaca, ma è addirittura intrattenimento attraverso il dolore non mi sento di fare distinzioni se non di casi.Ma la strumentalizzazione è la stessa e il fine identico.
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Messaggio Da xenas Ven 08 Ott 2010, 16:47

I 70 anni di Lennon, nel cuore di tanti e "tradito" per business da Yoko Ono Per celebrarlo la Emi pubblica una valanga di dischi

di Simona Orlando

ROMA (8 ottobre) - Domani John Lennon compie 70 anni. E’ il caso di usare il presente per un artista verso il quale l’entusiasmo non accenna a spegnersi. Per celebrarlo la Emi pubblica una valanga di dischi, rimasterizzati da Yoko Ono e da una squadra di ingegneri del suono, in parte presso i mitici studi londinesi di Abbey Road.


Power to the people: the hits raccoglie i suoi quindici brani più famosi (Instant karma, Jealous guy, Mind games, Imagine...), Gimme some truth è un box di quattro cd con oltre settanta canzoni divise per temi: le sue influenze rock ‘n’ roll (cover di Be-bop-a-lula, Stand by me...), i contenuti socio-politici (Working class hero, Sunday bloody sunday...), le canzoni d’amore (Jealous guy, I'm losing you, Beautiful boy) e esistenziali (Nobody told me, Scared, Watching the wheels...). Inoltre il cofanetto John Lennon signature box accorpa gli otto album da solista (venduti anche singolarmente) da John Lennon/ Plastic Ono Band del 1970 fino a Milk and honey del 1984, uscito postumo utilizzando incisioni incomplete risalenti alla lavorazione di Double fantasy.

Proprio Double fantasy era stato pubblicato due settimane prima della sua morte e sanciva il ritorno ufficiale dopo cinque anni di silenzio. L’8 dicembre 1980 Lennon ne autografò una copia al suo futuro assassino. Cinque ore più tardi, davanti allo stesso ingresso del Dakota Building di New York, dove alloggiava, il disturbato Mark David Chapman gli scaricò il revolver sulla schiena. Tre pallottole lo trapassarono, una gli recise l’aorta.

«Non ero nessuno finché non ho ucciso il più grande qualcuno che esiste sulla terra», dichiarò Chapman, che oggi resta in prigione e si vede respinta l’ennesima richiesta di libertà vigilata. Chissà se ha capito che successo e fama sono cose distinte, essendo la seconda ottenibile per vie criminali.

Moriva così a soli quarant’anni il compositore, musicista, cantante, che ha regalato al pop la sua accezione migliore. Un comunicatore eccellente, che sapeva trascinare senza pontificare. Un pericolo pubblico, secondo il dossier dell’Fbi, perché mentre l’America scaricava napalm sul Vietnam lui cantava insieme a migliaia di ragazzi Give peace a chance.

Lennon credeva nella reale forza politica del rock e avanzava spinto da una doppia energia; da una parte l’urgenza di esprimersi, dall’altra quasi il dovere di farlo. Da un lato la libertà personale, dall’altro la liberazione collettiva. Non voleva essere inscatolato, diventare merce di una società consumistica (fu uno dei motivi addotti alla separazione dai Beatles) eppure vendeva milioni di dischi ed era chiamato a trattare con il music business.

Lennon riusciva ad essere dolce e cinico, visionario e concreto, voleva essere accettato ma odiava il conformismo, era interprete di una generazione ma rifiutava di essere mitizzato, desiderava che gli fosse riconosciuto il genio ma minimizzava le sue trovate ridicolizzando chi affibbiava un significato intellettuale ad alcuni suoi testi nonsense, ironici, basati sul semplice gioco di parole. Mentiva ai giornalisti e faceva grandi sparate nelle interviste, ma tornava sincero e semplice nelle canzoni.

A differenza di ciò che cantava McCartney in Yesterday, Lennon non credeva nel passato, non nutriva verso di esso alcun romanticismo. In quest’ottica non avrebbe gradito l’iperattività post-mortem a cui la sua vedova e la sua etichetta discografica lo hanno costretto. Non avrebbe voluto essere vittima di decisioni altrui.

Lo sfruttamento economico del suo nome era del tutto prevedibile, il suo maltrattamento no. Basti pensare al tributo a Los Angeles di qualche giorno fa, organizzato da Yoko Ono, che per ricordare uno dei più influenti artisti del Novecento ha eletto Lady Gaga a ospite d’onore, ovvero quanto di più distante dall’idea di musica che Lennon coltivava. Basti pensare alla mostra newyorkese del 2009 ideata dalla donna-drago (enigmatica figura orientale sempre al fianco di John), dove vennero esposti gli abiti che lui indossava al momento dell’omicidio: panni schiacciati nel sacchetto del Roosevelt Hospital e occhiali sporchi di sangue, come fossero oggetti di avanguardia. Yoko Ono ha anche prestato il volto dell’ex-Beatle alla pubblicità di una nota utilitaria francese, e dire che se fosse vivo e coerente, oggi lo vedremmo ecologista incallito che gira in bicicletta, magari capofila di una critical mass.

Ancora lei ha chiesto alla Gibson, nota marca di chitarre, di festeggiare il prossimo compleanno di John Lennon con una produzione limitata di tre modelli acustici basati sulla J160E: 70 esemplari di colore bianco denominati "Imagine", 70 repliche della chitarra con la caricatura della coppia disegnata al lato, e 500 copie della chitarra con cui suonò nei Beatles fra il 1963 e il 1964. Costo: dai quattromila ai quindicimila dollari per uno strumento generalmente venduto a molto meno e non certo destinato agli “eroi della classe operaia”. Imagine no possessions.

Oltre a ciò e alle derive fanatiche tipo l’acquisto del suo water (battuto all’asta per oltre 11.000 euro) o del suo ultimo disco autografato con tanto di impronte (venduto a 525.000 dollari), esistono in ogni nazione sane iniziative che si limitano a celebrare la sua carriera. Il 9 ottobre Liverpool, sua città natale, darà il via al “Lennon Remembered”, due mesi di concerti, esposizioni, film e poesie alla Echo Arena e al Cavern Club; a Central Park sarà proiettato il documentario "LennonNYC" (finalmente qualcosa di gratuito) e al Rock and Roll Hall of Fame and Museum di Cleveland l’intera opera lennoniana sarà chiusa in tre capsule del tempo che verranno riaperte il 9 ottobre 2040, per il centenario della nascita, davanti ai futuri sognatori.
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Messaggio Da lepidezza Ven 08 Ott 2010, 16:50

si yoko ono va ricordata per averlo sfruttato anche dopo.. ma i dischi ristampati è giusto che continuino ad essere ascoltati per tytto ciò che hanno saputo dare e daranno ancora ...
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Messaggio Da xenas Ven 08 Ott 2010, 16:53

La famiglia perfetta e l'abuso

di Luana De Vita

ROMA (8 ottobre) - La famiglia perfetta si nasconde tra noi. La famiglia perfetta è quella che mamma crede essere sua, quella che papà è ancora convinto di sostenere con il suo lavoro indefesso. La famiglia perfetta è quella che una donna, Maria, ha raccontato in una lettera anonima al Messaggero, la famiglia di chi non appartiene alla nostra, almeno crediamo. E’ la famiglia dei segreti di famiglia, quelli chiusi nel cuore di qualcuno dei nostri cari, quei segreti che non conosceremo mai e mai vorremo conoscere, forse.

Eppure quella verità logora la nostra memoria e distrugge il presente.
Donne dal cuore ferito, strappato, lacerato. Donne bambine, cui qualcuno ha distrutto l’anima prima ancora che l’imene. Donne, piccole, piccole donne che hanno taciuto per non uccidere le nonne, le mamme, le zie, le amiche di famiglia raccontando che i loro padri, fratelli, mariti, figli o amici erano solo ignobili mostri.

Donne violate, corpi violati. Donne di cui nessuno saprà mai nulla, perse nel loro silenzio, storie brutali di desiderio e segreti, di abusi e violenze costruiti intorno all’affetto, alla sicurezza, al calore di una famiglia, la nostra famiglia, la famiglia italiana. Quella famiglia che le bambine violate cercano comunque di proteggere con il loro silenzio, sperando di riuscire così ad essere protette da una colpa non loro.

Donne bambine massacrate, uccise nel silenzio della casa di famiglia, donne gettate nei campi di famiglia, nei pozzi.

Donne che guardano una lapide, come Maria. Un cimitero e un uomo sepolto, un uomo rispettabile? Sì, almeno per quanto la società è interessata a conoscere. Per il resto, a chi importa?

Maria è la voce e il silenzio di tutte, le mani che hanno ferito il suo corpo hanno ferito anche il nostro e quello delle nostre bambine, quello delle nostre mamme e quello delle nostre nonne e sorelle.

Le mani di chi uccide una figlia, una nipote, sono sempre le stesse, mani cui incautamente ci hanno affidato, mani di cui avremo dovuto e voluto fidarci. L’abuso di una è l’abuso che tutte abbiamo subito, l’abuso che spesso abbiamo taciuto, lo stesso che in qualche caso abbiamo tentato di raccontare: l’hai sognato!

Un brutto sogno, questo le mamme preferivano raccontare per consegnare all’oblio l’orrore e la difficoltà di affrontare quello che non avremo mai dovuto raccontare. Un sogno, un incubo, che importa? Comunque il silenzio. Quello era l’unico posto dove rinchiudere, consegnare, nascondere l’abuso rivelato.

Nessun segreto rende le nostre famiglie migliori, nessun abuso può essere consegnato a Morfeo, non c’è sonno né sogno che libera le bambine dalla tragedia di un abuso sessuale. La storia orrenda di Sara Scazzi ci deve aiutare a trovare sicurezza nella denuncia, aiutiamo le nostre bambine a non vivere intrappolate nel loro segreto, perché è possibile superare questo affronto, questo orrore contro natura, solo con il coraggio della rivolta al silenzio, solo vincendo l’ordine tacito di non parlarne. Non è solo una questione di leggi e di pene ma di cultura della famiglia, di educazione all’ascolto, di sostegno e costruzioni di percorsi di sviluppo sano, sereno.

A noi che ancora nascondiamo in un angolo della nostra infanzia quella tragedia o una che gli somiglia, a noi mamme che possiamo intuire qualcosa, a noi sorelle, zie, nonne: basta!

Parliamone e parliamone ancora. Perché non deve più accadere, non nella nostra famiglia perfetta, che perfetta non è. Il 70% degli abusi su minori avviene in famiglia, di quelli denunciati almeno. Possiamo solo intuire quali numeri nasconda il silenzio di famiglia considerando che nei casi più gravi di violenza sessuale l’abuso è commesso dal padre nell’80,4%, dai fratelli nel 73,2, dai nonni nel 59,55% e dagli zii per il 55%. E sono proprio i papà, i fratelli , i nonni e gli zii i responsabili delle violenze ripetute.

Questo però riguarda sempre le famiglie degli altri. La famiglia perfetta è la nostra nel nostro mondo perfetto, un mondo in cui invece non esistono famiglie perfette ma madri che possono ascoltare, vedere e capire, quindi intervenire e parlare, parlare, denunciare. Consegnando al passato un brutto ricordo e restituendo un sorriso sereno alle figlia finalmente libera dal peso di un tremendo segreto, senza alcuna colpa e protette dall’aggressività dell’orco di famiglia.
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Messaggio Da xenas Ven 08 Ott 2010, 16:55

Proteste contro Santoro anche davanti alla sede Rai di viale Mazzini a Roma. Il sottosegretario all'Attuazione del programma, Daniela Santanchè, ospite ieri sera in trasmissione, ha invece lodato il conduttore affermando di non aver mai avuto la possibilità di parlare così tanto in tv.

e non è satira eh!
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Messaggio Da lepidezza Ven 08 Ott 2010, 17:18

io me lo vedo stasera..in replica..
la snatanchè nostrasignoradellecauseperse.
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Messaggio Da bilquis Ven 08 Ott 2010, 17:45

lepidezza ha scritto:io me lo vedo stasera..in replica..
la snatanchè nostrasignoradellecauseperse.


Le avrei messo le mani addosso......

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Messaggio Da lepidezza Ven 08 Ott 2010, 17:46

che difende la libertà delle donne, il velo etc..
dov'era quando hanno comprato le 200 hostess taliane che si convertivano al corano nel convegno di gheddafi?
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Messaggio Da Amantide_Religiosa Ven 08 Ott 2010, 17:49

lepidezza ha scritto:io me lo vedo stasera..in replica..
la snatanchè nostrasignoradellecauseperse.

Io non lo guardo più, sinceramente mi ha rotto. Trovo che l'unico che fà un programma veramente serio è Gard Lerner. Preparatissimo.

_________________________________
""The Common Market: We (British) went into it to screw the French by splitting them off from the Germans. The French went in to protect their inefficient farmers from commercial competition. The Germans went in to purge themselves of genocide and apply for readmission to the human race."
Yes Minister! :neve:
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Messaggio Da lepidezza Ven 08 Ott 2010, 17:54

concordo sulla formula talk politici scassapalle e ingrossaovaie.
concordo meno sui servizi e i collegamenti dalle varie realtà che domandano"spesso meglio degli stessi giornalisti"al poltico quanto sia al corrente di quel che li riguarda..
Mitica la figura di merda di tremonti con i cassaintegrati all'asinara..

O quella di la Russa settimana scorsa che ad un portavoce delle forze dell'ordine che elencava i tagli e le condizioni in cui lavorano, ha detto che non era un poliziotto vero.
O i cittadini di acerra che hanno smentito in diretta le balle di berlusconi sulla chiusura della discarica.

Io toglierei il talk. che ruba tempo in discussioni da condominio..
il resto conferma una buona redazione e dà voce al apese reale.
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Messaggio Da mambu Ven 08 Ott 2010, 17:59

lepidezza ha scritto:concordo sulla formula talk politici scassapalle e ingrossaovaie.
concordo meno sui servizi e i collegamenti dalle varie realtà che domandano"spesso meglio degli stessi giornalisti"al poltico quanto sia al corrente di quel che li riguarda..
Mitica la figura di merda di tremonti con i cassaintegrati all'asinara..

O quella di la Russa settimana scorsa che ad un portavoce delle forze dell'ordine che elencava i tagli e le condizioni in cui lavorano, ha detto che non era un poliziotto vero.
O i cittadini di acerra che hanno smentito in diretta le balle di berlusconi sulla chiusura della discarica.

Io toglierei il talk. che ruba tempo in discussioni da condominio..
il resto conferma una buona redazione e dà voce al apese reale.

G.A.S.Fo.M. - Pagina 26 187966 pezzi delle trasmissioni di santoro li ho visti quando c'era prima l'inchiesta di mezz'ora buona e poi il dibattito (di cui non guardo un minuto dal 1990).

Quando ha cominciato a mescolare ho mollato tutto, sapendo che mi perdo anche qualcosa di buono ma il mio odio per la formula tòlc è totale G.A.S.Fo.M. - Pagina 26 905791
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Messaggio Da lepidezza Ven 08 Ott 2010, 18:02

santoro lo diceva l'anno scorso non vuole morire facendo annozero..
ma o quello con gli ospiti che le segreterie accettano di mandare o niente
possibilmente senza vauro e travaglio che facendo sorridere catturano l'attenzione di molti.
oppure te ne vai ...
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Messaggio Da mambu Ven 08 Ott 2010, 18:18

xenas ha scritto:Emma Marcegaglia viene sentita come persona informata dei fatti: «Dopo il racconto che l’Arpisella mi fece, ho sicuramente percepito l’ ”avvertimento” del Porro come un rischio reale e concreto per la mia persona e per la mia immagine, tanto reale e concreto che effettivamente ci mettemmo, anzi mi misi personalmente in contatto con Confalonieri... Non mi era mai capitata una cosa simile, e cioè non mi era mai capitato che un quotidiano ovvero qualsivoglia altro giornale tentasse di coartare la mia volontà con queste modalità per ottenere una intervista...».

G.A.S.Fo.M. - Pagina 26 953427 bello vedere come la lingua dei verbali passa indenne attraverso gli anni.


Come il Fatica ho nutrito subito dei dubbi sull'aspetto penale; non sono giurista ma mi sembra molto difficile. E francamente mi interessa poco.

Noto invece per l'ennesima volta come questi verbali costruiti anche su intercettazioni ci mettono in scena i balletti del potere. L'importanza delle relazioni e dello scambio personale.

Nulla di nuovo, dicono tutti, "si sapeva".
Sì, ma altra cosa è leggersi le sceneggiature originali.

E visto che gli scambi e i rapporti personali entrano in conflitto con l'idea fondamentale di democrazia liberale, chiedo (un po' rozzamente): visto che questa è una malattia comune a tutto il mondo, c'è un grado di tollerabilità? un punto oltre il quale diventa patologia del potere e una democrazia non è più definibile come tale?
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Messaggio Da lepidezza Ven 08 Ott 2010, 18:20

la soglia si è abbassata.
siamo tutti colpevoli nessuna distinzione
è ambiente.
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