G.A.S.Fo.M.
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Re: G.A.S.Fo.M.
LucyGordon ha scritto:trovata....trovata......
in fondo si può scaricare in pdf
http://magistraturademocratica.it/node/174
Quella è la sentenza di Primo Grado...bisognerebbe cercà quest'ultima...ossia la sentenza della corte d'Appello di Secondo Grado....dopopranzo provo a scartabbbbellare su web, perchè E' il caso di capire esattamente le Motivazioni - Reato accertato per quella condanna a sette anni....e non come viene riportata da "giornalai di parte" (di qualunque parte, intendo).
Anche perchè giuvinot, se Dell'Utri operava era a SUA insaputa, come Scajola con i soldi di casa sua, naturalmente
Re: G.A.S.Fo.M.
@Canta: dovrebbe essere questa
http://ilnichilista.files.wordpress.com/2010/11/sentenza_dellutri1.pdf
sono 641 pagine
comunque alla fine c'è un indice, le prime 140 pagg circa sono di "riassunto delle puntate precedenti"
http://ilnichilista.files.wordpress.com/2010/11/sentenza_dellutri1.pdf
sono 641 pagine
comunque alla fine c'è un indice, le prime 140 pagg circa sono di "riassunto delle puntate precedenti"
Vale82- Utente Aficionado: 501-2000 post
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Data d'iscrizione : 07.06.10
Re: G.A.S.Fo.M.
esattament quella Vale, Grazzzzzie
La prima parte di quelle 600 e passa pagine è la sentenza di primo grado che aveva linkato ieri Liussi ..
Nelle ultime tre pg. invece c'è l'INDICE ...quindi si può Ricercare da là la parte relativa alle MOTIVAZIONI di Condanna, sono quelle che vanno lette integralmente perchè ogni fonte le può riportare ad minkiam come gli "conviene"...e non credo siano molte pag.
Vedrò di "tagliarle" dal pdf e ricopiaincollarle qui in forum, così RESTANO in archivios.
Diciamo che basta leggere la TITOLAZIONE Di quell'indice per andare a trovare le parti di MOTIVAZIONE della sentenza nelle parti di Conferma-pena. Diciamo che partono da pag. 185 fino alla 420, piu' o meno...ma si possono leggere anche a saltare guardando i titoli-indice
La prima parte di quelle 600 e passa pagine è la sentenza di primo grado che aveva linkato ieri Liussi ..
Nelle ultime tre pg. invece c'è l'INDICE ...quindi si può Ricercare da là la parte relativa alle MOTIVAZIONI di Condanna, sono quelle che vanno lette integralmente perchè ogni fonte le può riportare ad minkiam come gli "conviene"...e non credo siano molte pag.
Vedrò di "tagliarle" dal pdf e ricopiaincollarle qui in forum, così RESTANO in archivios.
Diciamo che basta leggere la TITOLAZIONE Di quell'indice per andare a trovare le parti di MOTIVAZIONE della sentenza nelle parti di Conferma-pena. Diciamo che partono da pag. 185 fino alla 420, piu' o meno...ma si possono leggere anche a saltare guardando i titoli-indice
Re: G.A.S.Fo.M.
Motivazione sentenza d’appello da pag. 626 a pag. 635
STATUIZIONI FINALI - DETERMINAZIONE DELLA PENA
.......STATUIZIONI FINALI - DETERMINAZIONE DELLA PENA
Così esaurita la disamina delle risultanze processuali la Corte rileva che
le conclusioni cui è pervenuta la sentenza appellata sono dunque solo
parzialmente condivisibili per le ragioni analiticamente sin qui esposte.
Quanto all’imputato Gaetano Cinà, deceduto il 23 febbraio 2006 dopo
la pronuncia della sentenza di primo grado, rileva la Corte che alla stregua
delle argomentazioni svolte e delle risultanze probatorie acquisite, non
emerga dagli atti la prova della sua estraneità agli addebiti, ovvero
dell’infondatezza degli stessi, nei termini richiesti dall’art.129 c.p.p..
Ne consegue pertanto che deve dichiararsi l’improcedibilità dell’azione
penale nei confronti di Gaetano Cinà in ordine ai reati ascrittigli perché
estinti per morte del reo.
Va confermata invece, ancorchè solo parzialmente, la condanna di
Marcello Dell’Utri in ordine all’unico reato di concorso esterno in
associazione di tipo mafioso nei limiti temporali e giuridici appresso esposti
(assorbita l’imputazione ascritta al capo A) della rubrica in quella di cui al
capo B) e limitatamente alle condotte commesse sino al 1992).
Risulta in conclusione provato, come in precedenza già osservato, che
egli ha svolto, ricorrendo all’amico Gaetano Cinà ed alle sue “autorevoli”
conoscenze e parentele, un’attività di “mediazione” quale canale di
collegamento tra l’associazione mafiosa cosa nostra, in persona del suo più
influente esponente dell’epoca Stefano Bontate, e Silvio Berlusconi, così
apportando un consapevole rilevante contributo al rafforzamento del
sodalizio criminoso al quale ha procurato una cospicua fonte di guadagno
illecito rappresentata da una delle più affermate realtà imprenditoriali di quel
periodo, divenuta nel volgere di pochi anni un vero e proprio impero
finanziario ed economico.
Va riaffermato che l’imputato non ha svolto solo un ruolo di
collaborazione con l’imprenditore estorto al fine esclusivo di trovare
soluzione ai suoi problemi, ma ha invece coscientemente mantenuto negli
anni amichevoli rapporti con coloro che erano gli aguzzini del suo amico e
datore di lavoro, incontrando e frequentando sia Gaetano Cinà che Vittorio
Mangano, pranzando con loro ed a loro ricorrendo ogni qualvolta sorgevano
problemi derivanti da attività criminali rispetto ai quali i suoi amici ed
interlocutori avevano una sperimentata ed efficace capacità di intervento.
Non dunque un reato di “amicizia” per avere frequentato un soggetto
dalle parentele “ingombranti” ed un esponente mafioso in ascesa, bensi il
consapevole sfruttamento di quell’amicizia e di quel rapporto che gli
consentivano di porsi in diretto collegamento con i vertici della potente
mafia siciliana.
Marcello Dell’Utri ha così oggettivamente fornito un rilevante
contributo all’associazione mafiosa cosa nostra consentendo ad essa, con
piena coscienza e volontà, di perpetrare un’intensa attività estorsiva ai danni
del facoltoso imprenditore milanese imponendogli sistematicamente per
quasi due decenni il pagamento di ingenti somme di denaro in cambio di
“protezione” personale e familiare.
Infatti, anche dopo la morte di Stefano Bontate nell’aprile del 1981 e
l’ascesa in seno all’associazione mafiosa di Salvatore Riina, l’imputato ha
mantenuto i suoi rapporti con cosa nostra specificamente adoperandosi, fino
agli inizi degli anni ’90, affinchè il gruppo imprenditoriale facente capo a
Silvio Berlusconi continuasse a pagare cospicue somme di danaro a titolo
estorsivo al sodalizio mafioso in cambio di “protezione” a vario titolo
assicurata.
Ciò Dell’Utri ha potuto fare proprio perché ha mantenuto negli anni,
mai rinnegandoli ed anzi alimentandoli, amichevoli e continuativi rapporti
con i due esponenti mafiosi in contatto con i vertici di cosa nostra i quali
hanno accresciuto nel tempo il loro peso criminale in seno al sodalizio
proprio in ragione del fatto che l’imputato ha loro consentito di accreditarsi
come tramiti per giungere a Silvio Berlusconi, destinato a diventare uno dei
più importanti esponenti del mondo economico-finanziario del paese, prima
di determinarsi anche verso un impegno personale anche in politica.
Marcello Dell’Utri, dunque, per circa due decenni, ogni volta che
l’amico imprenditore Silvio Berlusconi subiva attentati ed illecite richieste
ad opera della criminalità organizzata, si è proposto come soggetto capace,
in forza delle sue risalenti conoscenze, di risolvere il problema con l’unico
sistema che conosceva, ovvero favorire le ragioni di cosa nostra inducendo
l’amico a soddisfarne le pressanti pretese estorsive.
Egli è divenuto dunque costante ed insostituibile punto di riferimento
sia per Silvio Berlusconi, che lo ha interpellato ogni volta che ha dovuto
confrontarsi con minacce, attentati e richieste di denaro sistematicamente
subite negli anni, sia soprattutto per l’associazione mafiosa cosa nostra che,
sfruttando il rapporto preferenziale ed amichevole con lui intrattenuto dai
suoi due membri, Gaetano Cinà e Vittorio Mangano, sapeva di disporre di
un canale affidabile e proficuo per conseguire i propri illeciti scopi non
rischiando denunce ed interventi delle forze dell’ordine, quanto piuttosto con
la garanzia di un esito positivo e dell’accoglimento delle proprie pretese
estorsive.
Tale condotta dell’imputato, che anche per la sua sistematicità va
fondatamente ritenuto abbia consapevolmente contribuito al consolidamento
ed al rafforzamento dell’associazione mafiosa, integra dunque il contestato
concorso nel reato associativo che deve tuttavia ritenersi sussistente solo
fino ad epoca in cui, in forza delle risultanze acquisite, può ritenersi
inconfutabilmente provato il pagamento da parte di Silvio Berlusconi delle
somme richiestegli in favore di cosa nostra.
E’ stato evidenziato come la critica ed approfondita disamina delle
dichiarazioni dei collaboratori imponga di ritenere certamente provata la
corresponsione, da parte del Berlusconi per il tramite di Dell’Utri, di somme
di denaro a cosa nostra, fino al 1992, difettando invece elementi certi per
affermare che ciò sia avvenuto anche negli anni successivi ed in particolare
dopo la strage di Capaci e nel periodo in cui, dalla fine del 1993,
l’imprenditore Berlusconi decise di assumere il ruolo a tutti noto nella
politica del paese.
Mancano infatti per il periodo successivo al 1992 prove inequivoche e
certe di concrete e consapevoli condotte di contributo materiale ascrivibili a
Marcello Dell’Utri aventi rilevanza causale in ordine al rafforzamento
dell’organizzazione criminosa.
Se infatti la giurisprudenza della Suprema Corte a Sezioni Unite
impone che la prova da acquisìre ai fini della configurabilità del reato di
concorso esterno in associazione mafiosa debba riguardare ogni singolo
contributo apportato dall’agente ed alla sua portata agevolativa rispetto agli
scopi dell’associazione, risultando insufficiente ad integrare il reato una
condotta che configuri mera “disponibilità” o “vicinanza”, deve concludersi
che per Marcello Dell’Utri il contributo penalmente rilevante apportato agli
scopi dell’associazione è stato rappresentato, per le ragioni esposte, dalla
comprovata condotta di mediazione, consapevolmente svolta per circa due
decenni consentendo a cosa nostra di estorcere denaro a Berlusconi, con
certezza protrattasi solo sino al 1992.
In difformità a quanto ritenuto dal primo Giudice, osserva infatti la
Corte, all’esito dell’approfondita ed obiettiva analisi delle risultanze
acquisite, che non sussiste alcun concreto elemento ancorchè indiziario
comprovante l’esistenza di contatti o rapporti, diretti o indiretti, tra Marcello
Dell’Utri ed i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, essendo risultato
sostanzialmente inconsistente anche il contributo offerto nel presente
giudizio di appello da Gaspare Spatuzza, le cui dichiarazioni, al di là del
risalto mediatico oggettivamente assunto, si sono palesate prive di ogni
effettiva valenza probatoria, sia per l’inutilizzabilità processuale delle mere
deduzioni ed inammissibili congetture che hanno caratterizzato l’esame del
predetto, sia soprattutto per la manifesta genericità dell’unico concreto
riferimento alla persona dell’imputato.
La Corte infine ribadisce che l’obiettivo e rigoroso esame dei dati
processuali acquisiti, costituiti prevalentemente da plurime dichiarazioni di
collaboratori di giustizia, non ha evidenziato prove certe idonee a supportare
la grave accusa contestata a Marcello Dell’Utri di avere stipulato nel 1994
un accordo politico-mafioso con cosa nostra nei termini richiesti per la
configurabilità della fattispecie di cui agli artt.110 e 416 bis c.p. nel caso
paradigmatico del patto di scambio tra l’appoggio elettorale da parte della
associazione e l’appoggio promesso a questa da parte del candidato.
Non risulta infatti provato né che l’imputato Marcello Dell’Utri abbia
assunto impegni nei riguardi del sodalizio mafioso, né che tali pretesi
impegni, il cui contenuto riferito da taluni collaboranti (generica promessa di
interventi legislativi e di modifiche normative) difetta di ogni specificità e
concretezza, siano stati in alcun modo rispettati ovvero abbiano comunque
efficacemente ed effettivamente inciso sulla conservazione e sul
rafforzamento del sodalizio mafioso.
L’imputato va dunque assolto dall’imputazione ascritta, relativamente
alle condotte contestate come commesse in epoca successiva al 1992, perché
il fatto non sussiste.
Passando alle statuizioni concernenti la condanna dell’imputato, ritiene
la Corte che debba essere accolta la richiesta subordinata della difesa di
assorbimento in un unico reato associativo di natura permanente dei due
contestati reati di cui agli artt.416 e 416 bis c.p., escludendosi pertanto la
continuazione ed il conseguente aumento di pena.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, qualora la
condotta sia stata posta in essere fin da prima dell'entrata in vigore della
legge 13 settembre 1982 n.646, che ha introdotto la fattispecie criminosa di
cui all’art.416 bis c.p., si configura un unico reato associativo di natura
permanente, con esclusione della continuazione fra i reati previsti dagli
artt.416 e 416 bis c.p. ed applicazione, anche per il periodo precedente
all'entrata in vigore della predetta legge 646/1982, della pena prevista
dall'art.416 bis c.p. (Cass. Sez. II sentenza n.2963 dell’8/2/1996).
Il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, invero, pur
autonomo rispetto a quello dell'associazione per delinquere previsto
dall'art.416 c.p., ne costituisce un'ipotesi specifica, in quanto la finalità
perseguita con la pratica del metodo mafioso è pur sempre quella di
commettere delitti, analogamente a quanto avviene nel delitto di
associazione per delinquere.
Ne consegue che, stante la natura permanente del reato associativo,
tutta la condotta incriminata, se cessata in epoca successiva all'entrata in
vigore della norma speciale, è soggetta alla disciplina da questa dettata.
L'applicabilità dell'art.416 bis c.p. si estende pertanto anche a condotte
che, pur inquadrabili nelle previsioni di detta norma, siano state poste in
essere prima della sua entrata in vigore e proseguite come nel caso in esame
anche in epoca successiva, senza che ciò comporti la violazione dell'art.2
c.p., non verificandosi in tal caso il fenomeno della retroattività, ma solo
quello della naturale operatività della nuova specificante qualificazione di
una medesima condotta la quale altrimenti, per la parte pregressa,
rimarrebbe autonomamente sanzionabile, con svantaggio per l'imputato, in
base alla più generica norma incriminatrice preesistente, costituita
dall'art.416 c.p. (cfr. Cass. Sez. I sentenza n.80 del 30/1/1992).
Resta pertanto assorbito nel delitto di cui all’art.416 bis, quale reato
progressivo permanente, il reato meno grave di associazione per delinquere
eventualmente in precedenza già sussistente.
Giova inoltre rilevare come il momento consumativo dell’unico reato
progressivo permanente, che in generale si verifica all'atto del recesso
volontario del partecipe all'associazione, nel caso del concorso esterno in
associazione mafiosa, integrato dai singoli contributi apportati dall’agente
agli scopi del sodalizio, deve individuarsi, anche per quanto rileva ai fini del
decorso del termine di prescrizione, nella data dell’ultimo contributo fornito
dall’agente e dunque, per l’imputato Marcello Dell’Utri, nell’anno 1992.
Ritiene la Corte che all’imputato non possano riconoscersi le invocate
circostanze attenuanti generiche in ragione sia del precedente penale da cui
risulta gravato, sia soprattutto avuto riguardo all’estrema gravità della
condotta criminosa addebitata concretatasi nell’avere apportato un
contributo sistematico protrattosi nel tempo per circa due decenni
all’associazione mafiosa cosa nostra, tra le più pericolose e ramificate
organizzazioni criminali operanti nel nostro paese.
Ritiene la Corte che la pena da infliggere all’imputato, considerando
l’esclusione della continuazione e la pronuncia parzialmente assolutoria,
debba pertanto determinarsi in anni sette di reclusione che, pur superiore ai
minimi edittali previsti dal reato aggravato ai sensi dei commi 4 e 6
dell’art.416 bis c.p., risulta conforme ai parametri di cui all’art.133 c.p. ed
adeguata in particolare alla rilevante gravità dei fatti contestati costituiti
dall’instaurazione e dal mantenimento di stabili ed illeciti rapporti criminosi,
dal 1974 al 1992, con l’associazione mafiosa cosa nostra e con alcuni dei
suoi esponenti di maggiore rilievo.
Non merita accoglimento invece la richiesta di aggravamento della pena
formulata con l’atto di appello incidentale proposto dal Procuratore della
Repubblica di Palermo e reiterata dal P.G. nel presente giudizio di appello.
Il sostanziale e tutt’affatto irrilevante ridimensionamento, anche sotto il
profilo del tempus commissi delicti, delle condotte criminose per le quali è
stata confermata la penale responsabilità dell’imputato, assolto invece per
insussistenza del fatto da quella parte dell’imputazione, contestata e ritenuta
provata dalla sentenza appellata, che addebitava a Marcello Dell’Utri la
stipula con l’associazione mafiosa di un patto politico-mafioso, impone di
non accogliere la richiesta di aggravamento del trattamento sanzionatorio
formulata dal P.G. procedendo invece ad una pur contenuta riduzione della
pena.
La sentenza appellata va confermata nel resto condannandosi l’imputato
Marcello Dell’Utri alla refusione delle spese sostenute dalle parti civili
costituite Provincia Regionale di Palermo e Comune di Palermo nei termini
di cui al dispositivo.
La particolare complessità del processo, avuto riguardo alla gravità
delle imputazioni ed alla rilevante mole degli atti processuali da esaminare e
valutare, contenuti in oltre 140 faldoni, ha imposto la fissazione del termine
massimo (90 giorni) per il deposito della motivazione della sentenza.
P.Q.M.
Visti gli artt. 150 c.p., 530, 531 e 605 c.p.p.;
in riforma della sentenza del Tribunale di Palermo dell’11 dicembre
2004 appellata da Cinà Gaetano e Dell’Utri Marcello ed incidentalmente dal
Procuratore della Repubblica di Palermo;
dichiara non doversi procedere nei confronti di Cinà Gaetano in ordine
ai reati ascrittigli perché estinti per morte del reo;
assorbita l’imputazione ascritta al capo A) della rubrica in quella di cui
al capo B), assolve Dell’Utri Marcello dal reato ascrittogli, limitatamente
alle condotte contestate come commesse in epoca successiva al 1992, perché
il fatto non sussiste e per l’effetto riduce la pena allo stesso inflitta ad anni
sette di reclusione.
Conferma nel resto l’appellata sentenza.
Condanna Dell’Utri Marcello alla refusione delle spese sostenute dalle
parti civili costituite Provincia Regionale di Palermo e Comune di Palermo
che si liquidano per ciascuna di esse in complessivi euro 7.000,00 oltre spese
generali, IVA e CPA come per legge.
Indica in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.
Palermo, 29 giugno 2010
Il Cons. estensore Il Presidente
Dott. Salvatore Barresi Dott. Claudio Dall’Acqua
..............
Indice completo del pdf
LA SENTENZA DI PRIMO GRADO……………………….……………………..pag. 1
APPELLO DELL’IMPUTATO GAETANO CINA’……………………………..pag. 59
APPELLO DELL’IMPUTATO MARCELLO DELL’UTRI………………….. ..pag. 61
APPELLO INCIDENTALE DEL P.M………………………………………….. .pag. 116
MOTIVI NUOVI PER L’IMPUTATO DELL’UTRI……………………………pag. 118
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO IN APPELLO………………………………pag. 121
MOTIVI DELLA DECISIONE - QUESTIONI
DI NATURA PROCESSUALE…………………………………………………………………...pag. 143
RAPPORTI DI MARCELLO DELL’UTRI CON CINA’ E MANGANO -
L’ASSUNZIONE DI MANGANO AD ARCORE……………………………… pag. 185
LE DICHIARAZIONI DI FRANCESCO DI CARLO – L’INCONTRO DI
MILANO…………………………………………………………………………...pag. 200
IL FALLITO SEQUESTRO DEL PRINCIPE D’ANGERIO…………………..pag. 225
LE DICHIARAZIONI DI GALLIANO E CUCUZZA …………………………pag. 232
GLI ATTENTATI ALLA VILLA DI VIA ROVANI A MILANO…………….pag. 242
LA CONTINUITA’ DEI RAPPORTI TRA DELL’UTRI E MANGANO…….pag. 250
IL MATRIMONIO DI GIROLAMO FAUCI A LONDRA……………………pag. 257
IL RUOLO DI MARCELLO DELL’UTRI …………………….………………pag. 259
I PAGAMENTI DI BERLUSCONI PER LA PROTEZIONE DI COSA NOSTRA –
LE DICHIARAZIONI DEI COLLABORANTI……………….………………..pag. 264
RAPPORTI CON FILIPPO ALBERTO RAPISARDA………………………...pag. 275
IL “PIZZO PER LE ANTENNE”………………………………………………...pag. 282
LE DICHIARAZIONI DI GANCI, ANZELMO E GALLIANO…………….…pag. 287
LE DICHIARAZIONI DI GIOVAN BATTISTA FERRANTE – GLI ALTRI
COLLABORANTI…………………………………………………….…………..pag. 308
IL CONCORSO DI DELL’UTRI NEL REATO CONTESTATO - LE PROVE
DELLA CONDOTTA FINO AL 1992 .....……………………………………….pag. 317
GLI ATTENTATI AI MAGAZZINI STANDA DI CATANIA………………..pag. 328
I RAPPORTI CON GIUSEPPE E FILIPPO GRAVIANO – LA VICENDA
D’AGOSTINO……………………………………………………………………..pag. 361
LA STAGIONE POLITICA………………………………………………………pag. 382
SICILIA LIBERA E LE DICHIARAZIONI DI TULLIO CANNELLA……...pag. 386
LE DICHIARAZIONI DI ANTONIO CALVARUSO………………………….pag. 394
L’IMPEGNO POLITICO DI BERLUSCONI - LA SCELTA DI COSA NOSTRA DI
SOSTENERE “FORZA ITALIA”………………………………………………..pag. 400
LE DICHIARAZIONI DI ANTONINO GIUFFRE’…………………………….pag. 406
IL RUOLO DI MANGANO IN COSA NOSTRA NEL 1993-94………………..pag. 426
LE DICHIARAZIONI DI CUCUZZA SUGLI INCONTRI DELL’UTRI-
MANGANO………………………………………………………………………...pag. 432
LE ANNOTAZIONI NELLE AGENDE DELLA SEGRETARIA DI
DELL’UTRI………………………………………………………………………..pag. 443
LE DICHIARAZIONI DI DI NATALE E LA MARCA….…………………….pag. 451
L’ESAME DI GASPARE SPATUZZA…………………………………………..pag. 458
LE INTERCETTAZIONI DEL 1999 E DEL 2001………………………………pag. 501
LE DICHIARAZIONI DI MAURIZIO DI GATI……………………………….pag. 509
LE ASPETTATIVE INFONDATE DI COSA NOSTRA……………………….pag. 515
LA TESI DELLA MILLANTERIA DI VITTORIO MANGANO……………..pag. 519
L’INSUSSISTENZA DEL PATTO POLITICO-MAFIOSO…..………………pag. 527
LE RICHIESTE DEL P.G. RELATIVE A MASSIMO
CIANCIMINO……………………………………………………………………..pag. 545
LE DICHIARAZIONI DI VINCENZO LA PIANA…………………………….pag. 565
LA VICENDA DELLA PALLACANESTRO TRAPANI………………………pag. 571
I CONTATTI DI DELL’UTRI CON CIRFETA E CHIOFALO….………….pag. 597
LE DICHIARAZIONI DI MICHELE ORESTE………………………………..pag. 609
STATUIZIONI FINALI - DETERMINAZIONE DELLA PENA……………...pag. 627
DISPOSITIVO……………………………………………………………………..pag. 638
.........................................................................................................
Ps. non ho naturalmente modificato alcunchè. Ognuno che legge si faccia le sue "deduzioni".
Nel pdf che ha linkato Vale trovate l'intero contenuto di 638 pp.
Re: G.A.S.Fo.M.
Elkann, Dell'Utri, Mussolini, Buttafuoco
Nel dramma Romolo il Grande (1949), Friedrich Dürrenmatt nota che “il modo migliore per nascondere un grande scandalo è cominciarne uno piccolo”. Stamattina, il giorno dopo la motivazione della sentenza d’appello di condanna a 7 anni per associazione mafiosa, il senatore del PdL Marcello Dell’Utri era su La7 a parlare dei suoi diari di Mussolini editi da Bompiani, ospite del celestiale Alain Elkann insieme con l’intellettuale fascista Pietrangelo Buttafuoco. “Diari veri o presunti?” era lo scandalo piccolo di cui si occupava la discussione. Certo, il programma è stato registrato mesi fa, quando Dell’Utri era ancora uno sconosciuto; ciò non toglie che la messa in onda del salottino sia stata, sotto ogni aspetto, imperdonabile.*
* A un certo punto, che i diari siano una patacca propagandistica diventava un particolare irrilevante, rispetto ai revisionismi spericolati di Buttafuoco. Panegirici su Mussolini, su Pavolini e addirittura su Ettore Muti! Roba da matti.
www.danieleluttazzi.it
1. Dell'Utri: "La sentenza dei giudici riciccia le solite cose trite e ritrite."
2. Dell'Utri: "Lo sanno tutti che sono stato il mediatore tra Berlusconi e Cosa Nostra."
(palestra )
Nel dramma Romolo il Grande (1949), Friedrich Dürrenmatt nota che “il modo migliore per nascondere un grande scandalo è cominciarne uno piccolo”. Stamattina, il giorno dopo la motivazione della sentenza d’appello di condanna a 7 anni per associazione mafiosa, il senatore del PdL Marcello Dell’Utri era su La7 a parlare dei suoi diari di Mussolini editi da Bompiani, ospite del celestiale Alain Elkann insieme con l’intellettuale fascista Pietrangelo Buttafuoco. “Diari veri o presunti?” era lo scandalo piccolo di cui si occupava la discussione. Certo, il programma è stato registrato mesi fa, quando Dell’Utri era ancora uno sconosciuto; ciò non toglie che la messa in onda del salottino sia stata, sotto ogni aspetto, imperdonabile.*
* A un certo punto, che i diari siano una patacca propagandistica diventava un particolare irrilevante, rispetto ai revisionismi spericolati di Buttafuoco. Panegirici su Mussolini, su Pavolini e addirittura su Ettore Muti! Roba da matti.
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1. Dell'Utri: "La sentenza dei giudici riciccia le solite cose trite e ritrite."
2. Dell'Utri: "Lo sanno tutti che sono stato il mediatore tra Berlusconi e Cosa Nostra."
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Re: G.A.S.Fo.M.
lunedì, 22 novembre 2010 ore 11:02
Le tre ministre e le intercettazioni hard
Rispunta il fantasma dell’estate 2008
di Fabrizio d'Esposito
Ventitré giorni all’Apocalisse. Il primo sexgate e il paragone dipietrista con Clinton.
Nella foto: il Ministro delle pari opportunità Mara Carfagna e il Ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini
Da quando, nel tardo pomeriggio di venerdì, è deflagrato il caso Carfagna, un fantasma è tornato ad aleggiare sui due palazzi romani del Sultano, Chigi e Grazioli. Come dimostra l’avvertimento a mezza bocca che si lasciano scappare dall’inner circle del Cavaliere: «Mara? Non le conviene andarsene...». Il fantasma è quello famigerato delle intercettazioni hard della collezione primavera-estate 2008. Procure di Milano e Napoli. Mai uscite, però. Brandelli di conversazioni comparsi qua e là nelle redazioni, compresa la nostra. Il primo vero sexgate del Cavaliere. Quello più dirompente, per certi versi. Tre le presunte protagoniste delle intercettazioni hard sul premier: Mara Carfagna, Mariastella Gelmini, Michela Vittoria Brambilla. Tre ministre. Per Silvio Berlusconi la paura fu tale che cercò di forzare la mano sul bavaglio alle intercettazioni. Nacque così lo spudorato giallo del refuso. Per il consiglio dei ministri era pronto un ordine del giorno con la dicitura «dl intercettazioni». Decreto legge, addirittura. Il Colle si infuriò e intervenne e Berlusconi fu costretto a fare marcia indietro e smentire: «Il sottosegretario Letta mi ha avvertito che nell’ordine del giorno del cdm c’è stato un errore materiale. Ci sarà un disegno di legge e non un decreto legge sulle intercettazioni». Ddl, non dl. Mah.
Il terrore di Mara
Il testo delle intercettazioni era talmente piccante e imbarazzante per il premier (e le tre ministre) che nel paese si creò uno spasmodico clima di attesa. Dagospia parlò di «Apocalisse vicina». Al centro della tempesta proprio lei, la Mara che sta scappando a gambe levate dal bunker. I dipietristi ci andarono giù duro. Accusarono Berlusconi di essere un «magnaccia», sic et simpliciter. Le intercettazioni parlavano di sesso orale e Donadi dell’Italia dei Valori fece un paragone con il caso Lewinsky. Con una differenza, però: «Clinton, Monica Lewinsky non l’ha portata al governo». Le conversazioni dell’Apocalisse, in base alla vulgata di Palazzo, sarebbero dovute apparire sull’Espresso. A Viale Mazzini fu predisposto anche un piano di emergenza con vari speciali sulle reti nazionali per dare spazio alle ragioni del premier. Ma non successe nulla. Quei preziosi testi rimasero chiusi in un cassetto. Anzi, in una cassaforte, come sostiene qualcuno. Domanda finale, quindi, dei falchi del Pdl: «Mara è sicura che se va via non uscirà nulla come è successo fino a oggi?». Già.
I fornitori delle Mini
Per rimanere in tema. Ma nel bunker del Cavaliere si continua a fare bunga bunga? Del resto il clima è propizio. Anzi, il mese. Novembre è infatti il mese magico del bunga bunga del Sultano-Drago divoratore di vergini. Le notti magiche di Patrizia D’Addario, matura escort munita di registratore, si collocano nel novembre del 2008, pochi mesi dopo il giallo delle intercettazioni sulle ministre. Patrizia entra nel lettone di Putin per giacere con il premier in contemporanea con un evento storico in America: l’elezione di Obama, la prima volta di un presidente nero. Tre settimane dopo, sul finire di novembre, una trasferta del Cavaliere in Umbria per rilassarsi e fare bunga bunga nel centro benessere di Mességué. Come già accaduto con la D’Addario, anche questa volta a procurare le ragazze è l’imprenditore pugliese Tarantini, che chiama pure l’amico Silvio per chiedergli informazioni sulla strada da fare. Un’epoca grassa di regali e feste. L’epoca delle Mini donate alle invitate delle varie residenze del premier. E che adesso tornano d’attualità grazie allo scoop di Novella 2000, il settimanale Rcs diretta da Candida Morvillo: Nicole Minetti, l’igienista dentale eletta consigliere regionale in Lombardia, nonché tra le protagoniste del Rubygate, ha una Mini sottoposta a fermo amministrativo. In merito: il premier ha due fornitori di Mini, tra Milano e Roma. E quello della capitale è parecchio noto.
da il riformista
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Re: G.A.S.Fo.M.
Il Corriere e il nucleare
Ciao Daniele. Volevo porre alla tua attenzione il commento scritto ieri (14 nov) da Andrea Balzanetti sul Corriere della sera.
http://archiviostorico.corriere.it/2010/novembre/14/Nucleare_Non_nel_Mio_Cortile_co_9_101114042.shtml
La mia prima reazione è stata di enorme stupore, poi mi sono reso conto di quanto paraculismo ci sia in questo articolo. Quello che la Corte Costituzionale boccia è la legittimità delle leggi regionali, ma l'autore ci vede il superamento di un ostacolo verso una "nuova e più moderna politica energetica" grazie anche alla nomina di Umberto Veronesi (deputato PD, nominato dal governo) senza ricordare minimamente il referendum abrogativo. Ma le ultime righe mi fanno proprio schifo: lasciano intendere che il non essere in linea con questa sentenza sia segno di arretratezza, e che si voglia remare contro il benessere di un bellissimo paese. A chi avrà fatto piacere questo articolo? Cercano in tutti i modi di inocularci questo virus.
Saluti
E.M.
http://www.danieleluttazzi.it/node/833#comment-84526
Ciao Daniele. Volevo porre alla tua attenzione il commento scritto ieri (14 nov) da Andrea Balzanetti sul Corriere della sera.
http://archiviostorico.corriere.it/2010/novembre/14/Nucleare_Non_nel_Mio_Cortile_co_9_101114042.shtml
- Spoiler:
- Nucleare «Non nel Mio Cortile»? il No della Corte Costituzionale
Non hanno avuto dubbi i giudici della Corte Costituzionale: le Regioni (in questo caso Puglia, Basilicata e Campania) non possono legiferare per vietare l' installazione sul loro territorio di centrali nucleari e la costruzione di siti di stoccaggio di rifiuti radioattivi. Come spieghiamo in dettaglio nell' articolo pubblicato sul Corriere di oggi, alla base della decisione ci sono unicamente complesse ed ineccepibili motivazioni giuridiche. Ma questa sentenza, forse, va letta anche con una lente diversa, più «politica». Su un tema così sensibile come il nucleare, la Consulta in pochi mesi, infatti, è intervenuta due volte (la prima la scorsa estate respingendo il ricorso di dieci Regioni contro la legge delega del governo sul ritorno del nucleare in Italia) per ribadire lo stesso principio: in questa materia è finita l' epoca del potere di veto delle Regioni (e degli enti locali in generale). Un potere di veto che finora ha reso complicato ogni tentativo di affrontare l' annosa questione energetica e che ha compattato gli amministratori locali, senza distinzione di partito. Basterebbe ricordare le reazioni all' annuncio di questo governo sul ritorno al nucleare. Tutti i presidenti di Regione del centrosinistra hanno risposto con un «no» secco, «senza se e senza ma». La maggior parte dei colleghi del centrodestra ha preso posizioni «fantasiose», ma sempre contrarie (per carità!), giustificate magari dalla autosufficienza regionale. La sentenza della Corte Costituzionale, dunque, potrebbe aver sgomberato dagli ultimi ostacoli la strada per il ritorno dell' energia nucleare in Italia. E si aggiunge alla prestigiosa nomina di Umberto Veronesi alla presidenza dell' Agenzia per la sicurezza nucleare, altro importante punto segnato dai sostenitori di una nuova e più moderna politica energetica. La speranza è che ora la agguerrita sezione italiana del partito del Nimby (i seguaci del motto «Non nel mio cortile») accetti con serenità la sentenza della Consulta. Sarebbe un segnale di grande saggezza e modernità. Andrea Balzanetti RIPRODUZIONE RISERVATA
Balzanetti Andrea
Pagina 28
(14 novembre 2010) - Corriere della Sera
La mia prima reazione è stata di enorme stupore, poi mi sono reso conto di quanto paraculismo ci sia in questo articolo. Quello che la Corte Costituzionale boccia è la legittimità delle leggi regionali, ma l'autore ci vede il superamento di un ostacolo verso una "nuova e più moderna politica energetica" grazie anche alla nomina di Umberto Veronesi (deputato PD, nominato dal governo) senza ricordare minimamente il referendum abrogativo. Ma le ultime righe mi fanno proprio schifo: lasciano intendere che il non essere in linea con questa sentenza sia segno di arretratezza, e che si voglia remare contro il benessere di un bellissimo paese. A chi avrà fatto piacere questo articolo? Cercano in tutti i modi di inocularci questo virus.
Saluti
E.M.
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Re: G.A.S.Fo.M.
Il Giornale: "Le motivazioni della sentenza di condanna di Dell’Utri provano che l'appoggio della mafia a Forza Italia non derivò da un patto." Sarà piaciuto il jingle.
La Carfagna pensa di lasciare il PDL. Trova il paradosso.
La Carfagna lascia il PdL. A ruba il Giornale
1. Mara Carfagna: "Lascio il governo e il partito."
2. Jenna Jameson: "Lascio il mondo del porno."
http://www.danieleluttazzi.it/( palestra)
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Re: G.A.S.Fo.M.
Questa è geniale!lepidezza ha scritto:
La Carfagna lascia il PdL. A ruba il Giornale
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Gaufre- Forum Expatriée
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Re: G.A.S.Fo.M.
e il materiale non mancava prima figurati il dopo!
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Re: G.A.S.Fo.M.
Napolitano: mai ricevuto decreto sui rifiuti
http://www.corriere.it/
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/11/22/news/napolitano_rifiuti-9368181/?ref=HREA-1
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Re: G.A.S.Fo.M.
"Non è un paese per dottorandi"
Il serbatoio dei cervelli in fuga
Il PhD all'estero è l'inizio della carriera accademica, in Italia spesso l'anticamera del precariato. Borse fino a mille euro, ma la metà sono "ospiti paganti" degli atenei. Sempre di più, dopo aver conseguito il titolo, se ne vanno di MANUEL MASSIMO
Studenti, ricercatori, professori: categorie ben definite all'interno del sistema universitario italiano, figure facilmente identificabili in base ai compiti che svolgono, al ruolo che rivestono e alle istanze che portano avanti tra le mura accademiche. Ma nei dipartimenti delle facoltà esiste anche la categoria "ibrida" dei dottorandi da sempre in cerca di un proprio status: studiano ma non sono più semplici studenti, fanno ricerca ma non sono ancora ricercatori a tutti gli effetti, tengono moduli didattici (spesso gratuitamente o dietro un compenso simbolico) e svolgono esami proprio come i professori titolari ma la maggior parte di loro - pur aspirando legittimamente a una cattedra - non riuscirà mai ad entrare in ruolo perché, nell'università dei tagli, ci sarà posto solo per 1 su 5 (il 20%). Così il titolo di "dottore di ricerca" o "PhD" - che all'estero è considerato come il primo step della carriera accademica - in Italia sempre più spesso rappresenta semplicemente l'anticamera del precariato intellettuale. Nonostante questa congiutura negativa gli iscritti ai corsi triennali di dottorato sono complessivamente 40mila (con circa 13mila nuovi iscritti l'anno).
O la borsa o la fame. L'ultimo provvedimento legislativo a favore dei dottorandi risale a quasi due anni e mezzo fa: a giugno del 2008 il ministro Mariastella Gelmini, all'inizio del suo mandato, firma il decreto di aumento delle borse di dottorato (pratica istruita dal suo predecessore Mussi prima
della caduta del governo Prodi, ndr) portandole da 800 a poco più di 1.000 euro mensili. Ma il beneficio economico non è rivolto a tutti: per legge le borse devono coprire almeno il 50% dei posti banditi. Così il vero nodo da sciogliere - mai affrontato dalla politica - riguarda la figura tutta italiana del "dottorando senza borsa" che per svolgere la sua attività di ricerca - fianco a fianco dei suoi "colleghi con borsa" - non solo non viene retribuito, ma si trova anche nella paradossale situazione di dover pagare le tasse universitarie. In pratica l'ateneo lo considera come uno studente postlaurea "ospite pagante", quando in realtà i compiti svolti e le ricerche prodotte nei laboratori del dipartimento vanno a vantaggio dell'università e producono conoscenza (come le pubblicazioni scientifiche) e ritorno economico (nel caso di brevetti).
Trent'anni di dottorato. In questi giorni stanno scadendo gli ultimi bandi per le selezioni del XXVI Ciclo - in partenza a gennaio 2011 - e proprio quest'anno cade il trentennale del dottorato di ricerca in Italia, istituito per decreto nel 1980. Un anniversario che invita a tirare le somme. Fernando D'Aniello, segretario nazionale dell'Adi (Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani), fa il punto della situazione partendo dalle criticità: "Il bilancio non può che essere negativo, per due ragioni: una strutturale, perché l'Italia è un paese che ha sempre investito poco nella ricerca e mancano sbocchi lavorativi adeguati; l'altra contingente, legata alla valorizzazione del titolo, visto che non riceviamo risposte concrete dalla politica. Sono anni che il ministro Gelmini annuncia di voler colpire i baroni e promuovere la meritocrazia negli atenei ma all'orizzonte non si vedono provvedimenti in tal senso".
Se l'impresa pensa in piccolo. Una volta arrivati all'agognato traguardo, poi, chi giocoforza è costretto a cercare la propria strada fuori dall'università trova un contesto extra-accademico "penalizzante", dove peraltro bisogna giocare anche contro il fattore tempo, come sottolinea D'Aniello; "Qui da noi il titolo si consegue mediamente a 29 anni, ma spesso il sistema produttivo - fatto di piccole e medie imprese - considera il dottore di ricerca come un semplice neolaureato, soltanto con tre anni di più sulle spalle, e non gli riconosce un trattamento economico più sostanzioso". Insomma: più ombre che luci. Un'inversione di rotta potrebbe esserci solo con una reale valorizzazione del titolo a livello legislativo: valutandolo nei concorsi pubblici, promuovendo l'inserimento dei dottori di ricerca nell'insegnamento secondario e prevedendo dei finanziamenti "ad hoc" per favorire la loro assunzione nel mondo dell'impresa.
Identikit del dottorando. Il X Rapporto del Cnvsu (Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario) è il più recente documento ministeriale disponibile che contiene dati sul dottorato di ricerca in Italia aggiornati all'a. a. 2008/2009. I numeri parlano da soli: c'è un'eccessiva frammentazione dei corsi (2.145); la capacità attrattiva di nuovi iscritti che hanno conseguito la laurea in un ateneo straniero è piuttosto bassa (7,3%); nel triennio 2005-2008 i fondi Miur a copertura delle borse di studio per i dottorandi si sono ridotti dal 58,6% al 50,5% e gli atenei hanno dovuto sopperire a questa mancanza aumentando la propria quota dal 21,5% al 30,6%. Per quanto riguarda i dottorandi: solo il 28,9% degli iscritti ai corsi si è laureato in un ateneo diverso da quello del dottorato; il 34,4% dei dottorandi non riceve alcun sostegno per il triennio di dottorato.
Bye Bye Italy. Alla luce dei dati il nostro sistema accademico appare eccessivamente chiuso e poco stimolante, specie se messo a confronto con le realtà accademiche straniere ad alto tasso d'internazionalità. Anche per questo non si fa fatica a capire perché una percentuale sempre maggiore di dottori di ricerca, in particolare di aree tecnico-scientifiche, decide di emigrare all'estero una volta conseguito il titolo. In alcuni casi la "fuga di cervelli" avviene con qualche anno d'anticipo e il periodo di dottorato si fa "fuori": non solo per il miglior trattamento economico rispetto all'Italia, ma anche per l'ambiente aperto e multiculturale con cui ci si troverà ad interagire. In mancanza di una netta inversione di tendenza, come sottolinea un recente documento dell'Ufficio scientifico dell'Ambasciata d'Italia in Svezia: "Si accentuerà la tendenza dell'Italia a divenire solo un mercato, senza una posizione realmente competitiva nel campo scientifico e tecnologico nell'Unione Europea. Paradossalmente, in questa situazione, i ricercatori formati nelle università italiane contribuiscono al declino dell'Italia stessa, creando nuova conoscenza e attirando capitale nel nuovo paese dove sono emigrati e dove riescono ad applicare con successo la loro formazione". Il resto del mondo sentitamente ringrazia.
(10 novembre 2010)
http://www.repubblica.it/scuola/2010/11/10/news/dottorandi_nel_caos-8959626/?ref=HREC2-8
Il serbatoio dei cervelli in fuga
Il PhD all'estero è l'inizio della carriera accademica, in Italia spesso l'anticamera del precariato. Borse fino a mille euro, ma la metà sono "ospiti paganti" degli atenei. Sempre di più, dopo aver conseguito il titolo, se ne vanno di MANUEL MASSIMO
Studenti, ricercatori, professori: categorie ben definite all'interno del sistema universitario italiano, figure facilmente identificabili in base ai compiti che svolgono, al ruolo che rivestono e alle istanze che portano avanti tra le mura accademiche. Ma nei dipartimenti delle facoltà esiste anche la categoria "ibrida" dei dottorandi da sempre in cerca di un proprio status: studiano ma non sono più semplici studenti, fanno ricerca ma non sono ancora ricercatori a tutti gli effetti, tengono moduli didattici (spesso gratuitamente o dietro un compenso simbolico) e svolgono esami proprio come i professori titolari ma la maggior parte di loro - pur aspirando legittimamente a una cattedra - non riuscirà mai ad entrare in ruolo perché, nell'università dei tagli, ci sarà posto solo per 1 su 5 (il 20%). Così il titolo di "dottore di ricerca" o "PhD" - che all'estero è considerato come il primo step della carriera accademica - in Italia sempre più spesso rappresenta semplicemente l'anticamera del precariato intellettuale. Nonostante questa congiutura negativa gli iscritti ai corsi triennali di dottorato sono complessivamente 40mila (con circa 13mila nuovi iscritti l'anno).
O la borsa o la fame. L'ultimo provvedimento legislativo a favore dei dottorandi risale a quasi due anni e mezzo fa: a giugno del 2008 il ministro Mariastella Gelmini, all'inizio del suo mandato, firma il decreto di aumento delle borse di dottorato (pratica istruita dal suo predecessore Mussi prima
della caduta del governo Prodi, ndr) portandole da 800 a poco più di 1.000 euro mensili. Ma il beneficio economico non è rivolto a tutti: per legge le borse devono coprire almeno il 50% dei posti banditi. Così il vero nodo da sciogliere - mai affrontato dalla politica - riguarda la figura tutta italiana del "dottorando senza borsa" che per svolgere la sua attività di ricerca - fianco a fianco dei suoi "colleghi con borsa" - non solo non viene retribuito, ma si trova anche nella paradossale situazione di dover pagare le tasse universitarie. In pratica l'ateneo lo considera come uno studente postlaurea "ospite pagante", quando in realtà i compiti svolti e le ricerche prodotte nei laboratori del dipartimento vanno a vantaggio dell'università e producono conoscenza (come le pubblicazioni scientifiche) e ritorno economico (nel caso di brevetti).
Trent'anni di dottorato. In questi giorni stanno scadendo gli ultimi bandi per le selezioni del XXVI Ciclo - in partenza a gennaio 2011 - e proprio quest'anno cade il trentennale del dottorato di ricerca in Italia, istituito per decreto nel 1980. Un anniversario che invita a tirare le somme. Fernando D'Aniello, segretario nazionale dell'Adi (Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani), fa il punto della situazione partendo dalle criticità: "Il bilancio non può che essere negativo, per due ragioni: una strutturale, perché l'Italia è un paese che ha sempre investito poco nella ricerca e mancano sbocchi lavorativi adeguati; l'altra contingente, legata alla valorizzazione del titolo, visto che non riceviamo risposte concrete dalla politica. Sono anni che il ministro Gelmini annuncia di voler colpire i baroni e promuovere la meritocrazia negli atenei ma all'orizzonte non si vedono provvedimenti in tal senso".
Se l'impresa pensa in piccolo. Una volta arrivati all'agognato traguardo, poi, chi giocoforza è costretto a cercare la propria strada fuori dall'università trova un contesto extra-accademico "penalizzante", dove peraltro bisogna giocare anche contro il fattore tempo, come sottolinea D'Aniello; "Qui da noi il titolo si consegue mediamente a 29 anni, ma spesso il sistema produttivo - fatto di piccole e medie imprese - considera il dottore di ricerca come un semplice neolaureato, soltanto con tre anni di più sulle spalle, e non gli riconosce un trattamento economico più sostanzioso". Insomma: più ombre che luci. Un'inversione di rotta potrebbe esserci solo con una reale valorizzazione del titolo a livello legislativo: valutandolo nei concorsi pubblici, promuovendo l'inserimento dei dottori di ricerca nell'insegnamento secondario e prevedendo dei finanziamenti "ad hoc" per favorire la loro assunzione nel mondo dell'impresa.
Identikit del dottorando. Il X Rapporto del Cnvsu (Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario) è il più recente documento ministeriale disponibile che contiene dati sul dottorato di ricerca in Italia aggiornati all'a. a. 2008/2009. I numeri parlano da soli: c'è un'eccessiva frammentazione dei corsi (2.145); la capacità attrattiva di nuovi iscritti che hanno conseguito la laurea in un ateneo straniero è piuttosto bassa (7,3%); nel triennio 2005-2008 i fondi Miur a copertura delle borse di studio per i dottorandi si sono ridotti dal 58,6% al 50,5% e gli atenei hanno dovuto sopperire a questa mancanza aumentando la propria quota dal 21,5% al 30,6%. Per quanto riguarda i dottorandi: solo il 28,9% degli iscritti ai corsi si è laureato in un ateneo diverso da quello del dottorato; il 34,4% dei dottorandi non riceve alcun sostegno per il triennio di dottorato.
Bye Bye Italy. Alla luce dei dati il nostro sistema accademico appare eccessivamente chiuso e poco stimolante, specie se messo a confronto con le realtà accademiche straniere ad alto tasso d'internazionalità. Anche per questo non si fa fatica a capire perché una percentuale sempre maggiore di dottori di ricerca, in particolare di aree tecnico-scientifiche, decide di emigrare all'estero una volta conseguito il titolo. In alcuni casi la "fuga di cervelli" avviene con qualche anno d'anticipo e il periodo di dottorato si fa "fuori": non solo per il miglior trattamento economico rispetto all'Italia, ma anche per l'ambiente aperto e multiculturale con cui ci si troverà ad interagire. In mancanza di una netta inversione di tendenza, come sottolinea un recente documento dell'Ufficio scientifico dell'Ambasciata d'Italia in Svezia: "Si accentuerà la tendenza dell'Italia a divenire solo un mercato, senza una posizione realmente competitiva nel campo scientifico e tecnologico nell'Unione Europea. Paradossalmente, in questa situazione, i ricercatori formati nelle università italiane contribuiscono al declino dell'Italia stessa, creando nuova conoscenza e attirando capitale nel nuovo paese dove sono emigrati e dove riescono ad applicare con successo la loro formazione". Il resto del mondo sentitamente ringrazia.
(10 novembre 2010)
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Re: G.A.S.Fo.M.
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Re: G.A.S.Fo.M.
Scontro armato tra le Coree: bombe sull'isola di Yeonpyeong, un morto
Seoul ha posto l'esercito in stato di massima allerta e ha fatto alzare in volo gli aerei da combattimento F16 dopo l'attacco a colpi di artiglieria lanciato dalla Corea del Nord vicino al confine occidentale. Incendiate 60-70 abitazioni, quattro i feriti tra i militari sudcoreani. I residenti sono stati evacuati nei bunker, molti sono fuggiti con le barche
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Re: G.A.S.Fo.M.
è un'escalation di ora in ora
Seul risponde al fuoco: al momento ci sono due morti e 14 feriti, di cui 3 gravi. Tokyo: pronti a ogni evenienza
LA CINA - Immediata la reazione dal principale partner economico della Corea del Nord, vale dire la Cina, che si è detta «preoccupata» per la situazione venutasi a creare tra le due Coree. Pechino, ha affermato un portavoce del ministero degli Esteri cinese, sta «verificando se le notizie di uno scambio di colpi di artiglieria tra le due Coree corrisponda al vero» ed esprime la propria «preoccupazione» per la situazione che si è venuta a creare. La Borsa di Hong Kong ha risentito immediatamente dell'aumento di tensione nell'area, chiudendo in ribasso del 2,67 %.
IL GIAPPONE - Il premier giapponese, Naoto Kan, ha riferito di aver detto ai suoi ministri di tenersi pronti ad ogni eventualità dopo l'attacco nordcoreano. «Ho ordinato (ai ministri) di tenersi pronti in modo che possiamo reagire in maniera ferma, qualunque imprevisto accada», ha detto ai giornalisti dopo una riunione d'emergenza con i ministri presso la sua residenza. «Ho detto loro di far di tutto per raccogliere informazioni», ha aggiunto.
LA RUSSIA - Anche la Russia ha messo in guardia Pyongyang contro una escalation militare nella Penisola coreana. Lo ha affermato il ministero degli Esteri russo in dichiarazioni citate dall'agenzia Interfax.
IL PRESIDENTE SUDCOREANO - Il presidente sudcoreano Lee Myung-bak ha detto oggi, al termine di un incontro d'urgenza del governo, che sta cercando di impedire che lo scambio di colpi di artiglieria con il Nord scateni una escalation in un conflitto più ampio, ma che se le «provocazioni continueranno» la risposta di Seul sarà «più forte».
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Re: G.A.S.Fo.M.
LucyGordon ha scritto:
è un'escalation di ora in ora
Seul risponde al fuoco: al momento ci sono due morti e 14 feriti, di cui 3 gravi. Tokyo: pronti a ogni evenienza
LA CINA - Immediata la reazione dal principale partner economico della Corea del Nord, vale dire la Cina, che si è detta «preoccupata» per la situazione venutasi a creare tra le due Coree. Pechino, ha affermato un portavoce del ministero degli Esteri cinese, sta «verificando se le notizie di uno scambio di colpi di artiglieria tra le due Coree corrisponda al vero» ed esprime la propria «preoccupazione» per la situazione che si è venuta a creare. La Borsa di Hong Kong ha risentito immediatamente dell'aumento di tensione nell'area, chiudendo in ribasso del 2,67 %.
IL GIAPPONE - Il premier giapponese, Naoto Kan, ha riferito di aver detto ai suoi ministri di tenersi pronti ad ogni eventualità dopo l'attacco nordcoreano. «Ho ordinato (ai ministri) di tenersi pronti in modo che possiamo reagire in maniera ferma, qualunque imprevisto accada», ha detto ai giornalisti dopo una riunione d'emergenza con i ministri presso la sua residenza. «Ho detto loro di far di tutto per raccogliere informazioni», ha aggiunto.
LA RUSSIA - Anche la Russia ha messo in guardia Pyongyang contro una escalation militare nella Penisola coreana. Lo ha affermato il ministero degli Esteri russo in dichiarazioni citate dall'agenzia Interfax.
IL PRESIDENTE SUDCOREANO - Il presidente sudcoreano Lee Myung-bak ha detto oggi, al termine di un incontro d'urgenza del governo, che sta cercando di impedire che lo scambio di colpi di artiglieria con il Nord scateni una escalation in un conflitto più ampio, ma che se le «provocazioni continueranno» la risposta di Seul sarà «più forte».
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Re: G.A.S.Fo.M.
ma oggi abbiamo il kennedy abbronzato!
lepidezza- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: G.A.S.Fo.M.
Accerchiato
Berlusconi a Ballarò:mistificatori
Chiama Floris poi riaggancia infuriato
Il premier è intervenuto duramente contro la ricostruzione del problema rifiuti in Campania fatta da Ballarò. In una telefonata in diretta su Rai Tre, Silvio Berlusconi ha detto al conduttore Giovanni Floris: "Siamo intervenuti e abbiamo rimediato alla situazione attraverso la Protezione Civile". Poi: "Crede che la Rai sia sua mentre è pagata da tutti i contribuente. Siete dei mistificatori. Di televisione ne so più di lei". E ha riagganciato.
Berlusconi a Ballarò:mistificatori
Silvio Berlusconi è intervenuto a sorpresa in diretta alla trasmissione per contestare un servizio sui rifiuti a Napoli e in Campania che negava fossero stati mantenuto gli impegni temporali indicati dal premier.
"Chiamo - ha detto - per protestare per un servizio che mi ha fatto vedere mentre promettevo la soluzione di un problema in dieci giorni e di un altro problema in tre giorni. Il primo riguardava l'impianto per la raccolta delle immondizie a Terzigno, chiamato Cavasari, che emetteva miasmi insopportabili essendo stati usati male. In dieci giorni, attraverso il nostro dipartimento siamo intervenuti e abbiamo rimediato alla situazione attraverso la Protezione Civile evitando che i rifiuti producessero ancora cattivi odori. Abbiamo risolto il problema con l'accordo di tutti i sindaci di 18 comuni alla fine del nono giorno: la promessa è stata mantenuta".
Parlando poi del secondo problema, che riguardava, ha ricordato, i rifiuti rimasti nel centro di Napoli per inefficienze dell'azienda delegata alla raccolta, il premier ha spiegato: "Siamo intervenuti con l'esercito e i rifiuti sono stati rimossi". Poi, ha spiegato, successivamente sono intervenuti altri problemi di gestione.
Al conduttore che ha cercato più volte di interromperlo per porgli delle domande, il premier ha detto infuriato: "Lei deve smetterla di interrompere quando si tenta di dare una informazione corretta rispetto a un misfatto". Ne è seguito l'affondo al programma di Rai Tre: "Voi - ha detto - siete dei prepotenti e dei mistificatori. Io di televisione me ne intendo e conosco la vostra tecnica. E' una tecnica che funziona, ma non può funzionare con me. Lei Floris - ha continuato - crede che la Rai sia sua mentre il programma è pagato con i soldi degli italiani".
Quanto alle domande che voleva porgergli Floris, Berlusconi ha replicato: "Vi risponderà adeguatamente il ministro Raffaele Fitto che è lì in studio". Poi ha riagganciato bruscamente.
Dopo il clic, Floris, che aveva invitato il premier ad andare di persona in trasmissione ("lei è oggi a Roma, non ha di sicuro difficoltà a raggiungerci") ha chiosato: "Lei si è rimangiato la parola, è un problema suo non nostro di Ballaro".
http://www.tgcom.mediaset.it/politica/articoli/articolo496606.shtml
Berlusconi a Ballarò:mistificatori
Chiama Floris poi riaggancia infuriato
Il premier è intervenuto duramente contro la ricostruzione del problema rifiuti in Campania fatta da Ballarò. In una telefonata in diretta su Rai Tre, Silvio Berlusconi ha detto al conduttore Giovanni Floris: "Siamo intervenuti e abbiamo rimediato alla situazione attraverso la Protezione Civile". Poi: "Crede che la Rai sia sua mentre è pagata da tutti i contribuente. Siete dei mistificatori. Di televisione ne so più di lei". E ha riagganciato.
Berlusconi a Ballarò:mistificatori
Silvio Berlusconi è intervenuto a sorpresa in diretta alla trasmissione per contestare un servizio sui rifiuti a Napoli e in Campania che negava fossero stati mantenuto gli impegni temporali indicati dal premier.
"Chiamo - ha detto - per protestare per un servizio che mi ha fatto vedere mentre promettevo la soluzione di un problema in dieci giorni e di un altro problema in tre giorni. Il primo riguardava l'impianto per la raccolta delle immondizie a Terzigno, chiamato Cavasari, che emetteva miasmi insopportabili essendo stati usati male. In dieci giorni, attraverso il nostro dipartimento siamo intervenuti e abbiamo rimediato alla situazione attraverso la Protezione Civile evitando che i rifiuti producessero ancora cattivi odori. Abbiamo risolto il problema con l'accordo di tutti i sindaci di 18 comuni alla fine del nono giorno: la promessa è stata mantenuta".
Parlando poi del secondo problema, che riguardava, ha ricordato, i rifiuti rimasti nel centro di Napoli per inefficienze dell'azienda delegata alla raccolta, il premier ha spiegato: "Siamo intervenuti con l'esercito e i rifiuti sono stati rimossi". Poi, ha spiegato, successivamente sono intervenuti altri problemi di gestione.
Al conduttore che ha cercato più volte di interromperlo per porgli delle domande, il premier ha detto infuriato: "Lei deve smetterla di interrompere quando si tenta di dare una informazione corretta rispetto a un misfatto". Ne è seguito l'affondo al programma di Rai Tre: "Voi - ha detto - siete dei prepotenti e dei mistificatori. Io di televisione me ne intendo e conosco la vostra tecnica. E' una tecnica che funziona, ma non può funzionare con me. Lei Floris - ha continuato - crede che la Rai sia sua mentre il programma è pagato con i soldi degli italiani".
Quanto alle domande che voleva porgergli Floris, Berlusconi ha replicato: "Vi risponderà adeguatamente il ministro Raffaele Fitto che è lì in studio". Poi ha riagganciato bruscamente.
Dopo il clic, Floris, che aveva invitato il premier ad andare di persona in trasmissione ("lei è oggi a Roma, non ha di sicuro difficoltà a raggiungerci") ha chiosato: "Lei si è rimangiato la parola, è un problema suo non nostro di Ballaro".
http://www.tgcom.mediaset.it/politica/articoli/articolo496606.shtml
rapa nui- Utente Aficionado: 501-2000 post
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fear-of-the-dark- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: G.A.S.Fo.M.
cos'hai postato fear?
(quanto mi mancano i sottotitoli di xenas... )
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bellaprincipessa- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: G.A.S.Fo.M.
bellaprincipessa ha scritto:cos'hai postato fear?
(quanto mi mancano i sottotitoli di xenas... )
la telefonata di berlusconi a ballarò--- ti serve il link?
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Re: G.A.S.Fo.M.
fear-of-the-dark ha scritto:bellaprincipessa ha scritto:cos'hai postato fear?
(quanto mi mancano i sottotitoli di xenas... )
la telefonata di berlusconi a ballarò--- ti serve il link?
no, grazie, non cambia niente.
me la ascoltero' stasera
bellaprincipessa- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: G.A.S.Fo.M.
"maleodorazioni" "l'ottimo ministro"... che ccazzo di lingua parla?
ha mescolato l'aziendalese anglo-meneghino col politichese neoborbonico alla vaccinara.
davvero un uomo finito
ha mescolato l'aziendalese anglo-meneghino col politichese neoborbonico alla vaccinara.
davvero un uomo finito
mambu- Utente... preoccupante >10.000 Post
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