..e al cinema vacci tu...
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Re: ..e al cinema vacci tu...
http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2010/05/03/news/draquila_anteprima-3783900/
ANTEPRIMA
"Draquila", città senza tetto né legge
Propaganda e affari all'ombra del Capo
Di grande impatto emotivo, ma sobrio nello stile, il docufilm della Guzzanti è un atto d'accusa al premier. Il terremoto come "laboratorio" di sospensione dei diritti civili. E con l'opposizione che non c'è...
di CLAUDIA MORGOGLIONE
Sabina Guzzanti nel film
ROMA - Le "sveltine istituzionali" (la definizione è nel film) di Silvio Berlusconi, pronto a sfruttare l'emergenza per agire in deroga a ogni legge. La militarizzazione delle tendopoli, dove è vietato entrare e uscire liberamente, e dove c'è perfino un'ordinanza che bandisce il consumo di Cola-Cola. La Protezione civile che - come racconta una sua ex dirigente - è prontissima "a infilarsi nella ricostruzione", avendo però accuratamente evitato di "gestire la prevenzione". I morti che avrebbero potuto essere ancora vivi se fosse stato lanciato il giusto allarme. La tristezza degli anziani, costretti a vivere per un tempo lunghissimo negli alberghi della costa. E il dissenso di parte della popolazione fatto tacere, sempre e comunque. Con le buone o, più spesso, con le cattive.
Sono questi alcuni dei fatti che Sabina Guzzanti racconta in Draquila - L'Italia che trema. Insieme a molti altri, come la latitanza dell'opposizione politica (vedi Pd), gli scandali su Guico Bertolaso e la sua "cricca" scoppiati mesi dopo il sisma, o - sul fronte opposto - l'ingenuo, quasi incredibile entusiasmo mostrato da tanti cittadini per le abitazioni avute nelle famose new town. Episodi quasi tutti già noti alla parte più attenta e informata dell'opinione pubblica. Ma mostrarli così, uno dopo l'altro, ha sullo spettatore un effetto forte, per certi versi scioccante. Delineando il ritratto di un Paese oramai ostaggio della propaganda del Capo: un premier che senza controlli - e grazie anche all'equiparazione grandi eventi/emergenza - tramuta le tragedie in consenso, facendo fare enomi affari ad amici e amici degli amici. Senza regole, né diritti per i cittadini. E in questo senso il caso dell'antica, bellissima città devastata dal sisma appare come una sorta di "laboratorio" dai contorni inquietanti.
O, almeno, questa è la tesi del docufilm, dal 7 maggio nelle sale e in cartellone come evento speciale al Festival di Cannes. Presentato questa mattina in anteprima alla stampa, al cinema Quattro fontane di Roma, ha avuto un impatto notevole su buona parte della platea di addetti ai lavori. E probabilmente sulla Croisette, davanti a un pubblico internazionale e meno informato sulle cose di casa nostra, l'impressione sarà ancora maggiore.
Debitore della scuola documentaristica di Michael Moore, che della Guzzanti è anche un amico personale, Draquila ha uno stile assai diverso da Viva Zapatero! che alla Guzzanti regalò grandi soddisfazioni. Lì infatti la protagonista assoluta era lei, Sabina mattatrice e "censurata" di lusso della tv pubblica, capopopolo capace di radunare grandi folle. Invece qui, tranne all'inizio quando la vediamo sbarcare in Abruzzo travestita da Berlusconi, la sua soggettività quasi scompare. Per lasciare posto a una materia così esplosiva da non richiedere enfatizzazioni: parlano le immagini - quelle reali della città ancora in macerie e quelle della propaganda dei tg - e parlano le persone che lei intervista. Gente che il terremoto l'ha vissuto sulla propria pelle. Ma anche esperti di vario genere, che fanno capire, ad esempio, come l'allarme avrebbe potuto essere lanciato per tempo, visto lo sciame sismico antecedente la terribile scossa del 6 aprile 2009.
In questo mare di testimonianze la regista si limita a fare domande con tono pacato e naturalmente a fare da voce narrante all'intero film. In cui, comunque, al Cavaliere non viene risparmiato nulla: dalle intercettazioni della notte con Patrizia D'Addario nel lettone di Putin alle origini del suo patrimonio, con la testimonianza di Massimo Ciancimino e del giudice Antonio Ingroia. Ma la Guzzanti non fa sconti nemmeno all'opposizione: la sequenza della tenda del Partito democratico all'Aquila, che viene mostrata eternamente vuota nel passare dei giorni e delle stagioni, è un'immagine forte quanto quelle sull'eccessiva disinvoltura del premier. Leader e gaffeur di fama mondiale, che perfino di fronte a una catastrofe scherza sui gay o sulle veline.
A proposito di intercettazioni, non poteva mancare quella, sciaguratissima, che risale alla notte del terremoto, coi due imprenditori della "cricca" che ridono pensando ai grandi affari che faranno sulla pelle della gente. Ma forse ancora un effetto ancora più forte lo fa ascoltare - nella parte finale del film - le chiamate ai numeri d'emergenza fatte dagli aquilani quella stessa notte, le loro richieste disperate di aiuto ("é crollato un intero palazzo di quattro piani", "c'è qualcuno rimasto bloccato sotto una macchina"). Molte di queste telefonate saranno rimaste purtroppo inascoltate: come le cronache di allora ci hanno raccontato, a causa del mancato allarme dei giorni precedenti per molte ore sono state le persone comuni - insieme ai quindici pompieri presenti sul posto - a scavare a mani nude, tra le macerie della città crollata.
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Propaganda e affari all'ombra del Capo
Di grande impatto emotivo, ma sobrio nello stile, il docufilm della Guzzanti è un atto d'accusa al premier. Il terremoto come "laboratorio" di sospensione dei diritti civili. E con l'opposizione che non c'è...
di CLAUDIA MORGOGLIONE
Sabina Guzzanti nel film
ROMA - Le "sveltine istituzionali" (la definizione è nel film) di Silvio Berlusconi, pronto a sfruttare l'emergenza per agire in deroga a ogni legge. La militarizzazione delle tendopoli, dove è vietato entrare e uscire liberamente, e dove c'è perfino un'ordinanza che bandisce il consumo di Cola-Cola. La Protezione civile che - come racconta una sua ex dirigente - è prontissima "a infilarsi nella ricostruzione", avendo però accuratamente evitato di "gestire la prevenzione". I morti che avrebbero potuto essere ancora vivi se fosse stato lanciato il giusto allarme. La tristezza degli anziani, costretti a vivere per un tempo lunghissimo negli alberghi della costa. E il dissenso di parte della popolazione fatto tacere, sempre e comunque. Con le buone o, più spesso, con le cattive.
Sono questi alcuni dei fatti che Sabina Guzzanti racconta in Draquila - L'Italia che trema. Insieme a molti altri, come la latitanza dell'opposizione politica (vedi Pd), gli scandali su Guico Bertolaso e la sua "cricca" scoppiati mesi dopo il sisma, o - sul fronte opposto - l'ingenuo, quasi incredibile entusiasmo mostrato da tanti cittadini per le abitazioni avute nelle famose new town. Episodi quasi tutti già noti alla parte più attenta e informata dell'opinione pubblica. Ma mostrarli così, uno dopo l'altro, ha sullo spettatore un effetto forte, per certi versi scioccante. Delineando il ritratto di un Paese oramai ostaggio della propaganda del Capo: un premier che senza controlli - e grazie anche all'equiparazione grandi eventi/emergenza - tramuta le tragedie in consenso, facendo fare enomi affari ad amici e amici degli amici. Senza regole, né diritti per i cittadini. E in questo senso il caso dell'antica, bellissima città devastata dal sisma appare come una sorta di "laboratorio" dai contorni inquietanti.
O, almeno, questa è la tesi del docufilm, dal 7 maggio nelle sale e in cartellone come evento speciale al Festival di Cannes. Presentato questa mattina in anteprima alla stampa, al cinema Quattro fontane di Roma, ha avuto un impatto notevole su buona parte della platea di addetti ai lavori. E probabilmente sulla Croisette, davanti a un pubblico internazionale e meno informato sulle cose di casa nostra, l'impressione sarà ancora maggiore.
Debitore della scuola documentaristica di Michael Moore, che della Guzzanti è anche un amico personale, Draquila ha uno stile assai diverso da Viva Zapatero! che alla Guzzanti regalò grandi soddisfazioni. Lì infatti la protagonista assoluta era lei, Sabina mattatrice e "censurata" di lusso della tv pubblica, capopopolo capace di radunare grandi folle. Invece qui, tranne all'inizio quando la vediamo sbarcare in Abruzzo travestita da Berlusconi, la sua soggettività quasi scompare. Per lasciare posto a una materia così esplosiva da non richiedere enfatizzazioni: parlano le immagini - quelle reali della città ancora in macerie e quelle della propaganda dei tg - e parlano le persone che lei intervista. Gente che il terremoto l'ha vissuto sulla propria pelle. Ma anche esperti di vario genere, che fanno capire, ad esempio, come l'allarme avrebbe potuto essere lanciato per tempo, visto lo sciame sismico antecedente la terribile scossa del 6 aprile 2009.
In questo mare di testimonianze la regista si limita a fare domande con tono pacato e naturalmente a fare da voce narrante all'intero film. In cui, comunque, al Cavaliere non viene risparmiato nulla: dalle intercettazioni della notte con Patrizia D'Addario nel lettone di Putin alle origini del suo patrimonio, con la testimonianza di Massimo Ciancimino e del giudice Antonio Ingroia. Ma la Guzzanti non fa sconti nemmeno all'opposizione: la sequenza della tenda del Partito democratico all'Aquila, che viene mostrata eternamente vuota nel passare dei giorni e delle stagioni, è un'immagine forte quanto quelle sull'eccessiva disinvoltura del premier. Leader e gaffeur di fama mondiale, che perfino di fronte a una catastrofe scherza sui gay o sulle veline.
A proposito di intercettazioni, non poteva mancare quella, sciaguratissima, che risale alla notte del terremoto, coi due imprenditori della "cricca" che ridono pensando ai grandi affari che faranno sulla pelle della gente. Ma forse ancora un effetto ancora più forte lo fa ascoltare - nella parte finale del film - le chiamate ai numeri d'emergenza fatte dagli aquilani quella stessa notte, le loro richieste disperate di aiuto ("é crollato un intero palazzo di quattro piani", "c'è qualcuno rimasto bloccato sotto una macchina"). Molte di queste telefonate saranno rimaste purtroppo inascoltate: come le cronache di allora ci hanno raccontato, a causa del mancato allarme dei giorni precedenti per molte ore sono state le persone comuni - insieme ai quindici pompieri presenti sul posto - a scavare a mani nude, tra le macerie della città crollata.
Chiara 75- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
Chiara, stavo per postarlo io....
ce l'ho qui nel tasto "copia incolla" (anche se il mlio articolo veine dal Corriere della Sera...)
vabbé, chapeau !!!
ce l'ho qui nel tasto "copia incolla" (anche se il mlio articolo veine dal Corriere della Sera...)
vabbé, chapeau !!!
bellaprincipessa- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
ieri ho visto ironman2.... L'unica cosa che merita è la presenza di robert .... Per il resto è un fumettone, neanche uno dei migliori, pieno di effetti speciali. Il primo mi era piaciuto perchè ironico e divertente, questo non lo è neanche un pò.
O.T. ho paurosamente abbassato il livello della discussione
O.T. ho paurosamente abbassato il livello della discussione
Ultima modifica di fear-of-the-dark il Mar 04 Mag 2010, 11:18 - modificato 1 volta.
fear-of-the-dark- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
L'idea di fondo del film era bellissima. Un paio di invenzioni della regia le ho trovate molto belle ( il capovolgimento di fronte come sorta di vola ). Un polpettone assurdo. Mi aspettavo tantissimo da Amenábar. Mi ha terrorizzato con the others, mi ha fatto piangere con mar adentro, qui il nulla.Glass ha scritto:lepidezza ha scritto:Agorà a me è piaciuto per l'idea di fondo
per una frase:abbiamo molto più in comune rispetto a ciò che ci divide.
Il principio di euclide che mette la parola fine alle differenze di credo..vale tutto il film.
Una donna pagana che incide politicamente è un messaggio altrettanto "nuovo" se non si pensa ai sexygate..
La ricostruzione di una rappresentazione teatrale in un anfiteatro ( non c'erano solo i gladiatori) e la similitudine formiche e assassini con le inquadrature dall'alto a me è sembrato un voler citare gli astri/le stelle e i pianeti come protagonisti muti e spettatori della vicenda.
Un continuo monito sulle "proporzioni"..
siamo infinitamente più piccoli rispetto all'universo che ignoriamo.
Sono d'accordo con te.
Ho qualche riserva sull'eccessivo "nitore" del film.
Ho pianto quando Ipazia ha sollevato "le coniche".
E poi... povere donne, che da lì in poi e dopo il concilio di Nicea smisero di avere un'anima
Questo è il suo film:
va beh che Bardem è immenso e Minghella no però....
echo- Admin Echo86
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Re: ..e al cinema vacci tu...
bellaprincipessa ha scritto:Chiara, stavo per postarlo io....
ce l'ho qui nel tasto "copia incolla" (anche se il mlio articolo veine dal Corriere della Sera...)
vabbé, chapeau !!!
Chiara 75- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
Spiegazione della metafora?
"Berlusconi non è arrivato al potere con strumenti democratici,
perché in democrazia non si può fare il premier controllando tv e
giornali e gestendo in prima persona la propaganda. La cosa che più
mi ha colpito all'Aquila è quanto la televisione sia stata più
forte del terremoto. La gente non distingue più tra realtà e
finzione, anzi la realtà televisiva è spesso più forte di quel che
vedono e sentono. Donne raccontavano di aver imparato dai loro
nonni a fuggire alla prima scossa, ma il 6 aprile sono rimaste
nelle loro case, solo perché il telegiornale le aveva rassicurate.
Un uomo ha perso due figli perché quella notte li ha rimessi nei
loro lettini, convinto dai media che non ci fosse alcun pericolo.
Terribile dirlo, ma la propaganda all'Aquila è stata più forte
degli antenati e persino dell'istinto di sopravvivenza. Quando sono
le gambe prima ancora del pensiero a farti scappare se la terra
trema. È chiaro adesso di che potere sto parlando?".
Chiaro. Ma allora come mai nel film ha fatto parlare tanti
berlusconiani pazzi del premier che mostravano la meraviglia della
casa assegnata con tanto di pentole e spumante in
frigo?
"Perché non sono faziosa come si dice. E volevo capire e ascoltare.
Capire come si possa rinunciare a una bellissima città, fatta di
persone e monumenti, di vita e memoria per sostituirla con
diciannove quartieri senz'anima, spuntati dal nulla, ai bordi di
una strada statale, lontani fra loro che aspettano solo un centro
commerciale. Un tempo mi era impossibile anche pensare di parlare
con uno che vota Berlusconi. L'Aquila mi ha cambiato, voglio
parlare con tutti. E tutti avevano una gran voglia di parlare.
Nessuna intervista è durata meno di un'ora. Spesso si dilungavano
fino a tre, quattro ore. Ancor più spesso me ne andavo io, se no si
faceva notte. È così che sono arrivata a 700 ore di girato".
Ma non la riconoscevano? Non la identificavano come un
nemico?
"Non mi riconosceva quasi nessuno. Non apparendo su Canale
5, ho questo vantaggio. Mi chiedevano solo: 'Lei di che televisione
è?'. Io rispondevo: 'Nessuna, stiamo facendo cinema'. E loro:
'Brava! E quando va in onda?'. Non c'era verso. Persino ai posti di
blocco i militari insistevano: 'Va bene cinema, ma cinema di che
rete?'".
Nelle note di regia però lei ha scritto: "Ho scoperto di
amare questo Paese". Perché?
"Perché come l'Aquila questo Paese lo stiamo distruggendo. E come
spesso accade, ti accorgi di quanto ami qualcuno e di quanto sia
prezioso, solo quando lo stai perdendo. Oddio, non sarò mica
diventata patriottica!".
(29
aprile 2010)
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/sabina-folgorata-sulla-strada-dellaquila/2126077//1
ps: il concerto per violino e orchestra di Tchaikovsky è entrato in loop.Meglio tardi che mai.
"Berlusconi non è arrivato al potere con strumenti democratici,
perché in democrazia non si può fare il premier controllando tv e
giornali e gestendo in prima persona la propaganda. La cosa che più
mi ha colpito all'Aquila è quanto la televisione sia stata più
forte del terremoto. La gente non distingue più tra realtà e
finzione, anzi la realtà televisiva è spesso più forte di quel che
vedono e sentono. Donne raccontavano di aver imparato dai loro
nonni a fuggire alla prima scossa, ma il 6 aprile sono rimaste
nelle loro case, solo perché il telegiornale le aveva rassicurate.
Un uomo ha perso due figli perché quella notte li ha rimessi nei
loro lettini, convinto dai media che non ci fosse alcun pericolo.
Terribile dirlo, ma la propaganda all'Aquila è stata più forte
degli antenati e persino dell'istinto di sopravvivenza. Quando sono
le gambe prima ancora del pensiero a farti scappare se la terra
trema. È chiaro adesso di che potere sto parlando?".
Chiaro. Ma allora come mai nel film ha fatto parlare tanti
berlusconiani pazzi del premier che mostravano la meraviglia della
casa assegnata con tanto di pentole e spumante in
frigo?
"Perché non sono faziosa come si dice. E volevo capire e ascoltare.
Capire come si possa rinunciare a una bellissima città, fatta di
persone e monumenti, di vita e memoria per sostituirla con
diciannove quartieri senz'anima, spuntati dal nulla, ai bordi di
una strada statale, lontani fra loro che aspettano solo un centro
commerciale. Un tempo mi era impossibile anche pensare di parlare
con uno che vota Berlusconi. L'Aquila mi ha cambiato, voglio
parlare con tutti. E tutti avevano una gran voglia di parlare.
Nessuna intervista è durata meno di un'ora. Spesso si dilungavano
fino a tre, quattro ore. Ancor più spesso me ne andavo io, se no si
faceva notte. È così che sono arrivata a 700 ore di girato".
Ma non la riconoscevano? Non la identificavano come un
nemico?
"Non mi riconosceva quasi nessuno. Non apparendo su Canale
5, ho questo vantaggio. Mi chiedevano solo: 'Lei di che televisione
è?'. Io rispondevo: 'Nessuna, stiamo facendo cinema'. E loro:
'Brava! E quando va in onda?'. Non c'era verso. Persino ai posti di
blocco i militari insistevano: 'Va bene cinema, ma cinema di che
rete?'".
Nelle note di regia però lei ha scritto: "Ho scoperto di
amare questo Paese". Perché?
"Perché come l'Aquila questo Paese lo stiamo distruggendo. E come
spesso accade, ti accorgi di quanto ami qualcuno e di quanto sia
prezioso, solo quando lo stai perdendo. Oddio, non sarò mica
diventata patriottica!".
(29
aprile 2010)
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/sabina-folgorata-sulla-strada-dellaquila/2126077//1
ps: il concerto per violino e orchestra di Tchaikovsky è entrato in loop.Meglio tardi che mai.
lepidezza- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
fear-of-the-dark ha scritto:ieri ho visto ironman2.... L'unica cosa che merita è la presenza di robert .... Per il resto è un fumettone, neanche uno dei migliori, pieno di effetti speciali. Il primo mi era piaciuto perchè ironico e divertente, questo non lo è neanche un pò.
O.T. ho paurosamente abbassato il livello della discussione
questo è il genere di film che preferisco!
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Re: ..e al cinema vacci tu...
ah per fortuna c'è qualcuno a cui interessa.... ma tu lo hai visto?dino75 ha scritto:fear-of-the-dark ha scritto:ieri ho visto ironman2.... L'unica cosa che merita è la presenza di robert .... Per il resto è un fumettone, neanche uno dei migliori, pieno di effetti speciali. Il primo mi era piaciuto perchè ironico e divertente, questo non lo è neanche un pò.
O.T. ho paurosamente abbassato il livello della discussione
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fear-of-the-dark- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
In risposta a Dino riposto la mia vecchia recensione di "Shutter Island"
- Spoiler:
La follia, il conflitto interiore, la sfrenata e drammatica ricerca della normalità/serenità sono da sempre temi sentiti visceralmente da Scorsese. Le complesse personalità che si fanno portavoce ora dell’uno ora dell’altro sentimento emergono prepotentemente in un contesto di relativa “normalità”, spesso calate in caotiche metropoli di giorno popolate da indaffarate masse, ma che di notte soggiacciono a regole tutte nuove, in cui i veri protagonisti sono impotenti spettatori del caos (Fuori Orario) o veri antieroi di questo mondo (Taxi Driver, Al di là della vita).
In Shutter Island Scorsese, complice il soggetto tratto dal romanzo di Dennis Lehane, ribalta questa prospettiva svolgendo il tutto, come ci ricorda una frase pronunciata da un’infermiera, in un luogo dove la normalità non esiste, dove le stranezze sono all’ordine del giorno. In un contesto simile l’etica professionale, i rapporti umani, la moralità e, in ultima analisi, la realtà stessa, intesa come percezione sensibile, finiscono per scomparire, diventare invisibili di fronte a motivazioni più profonde, mosse dagli istinti e dai desideri più inconfessabili.
Un’isola sperduta, tagliata fuori dal mondo, sede di un manicomio criminale e di una inspiegabile fuga sarebbero il teatro ideale per qualsiasi thriller. Scorsese ne è ben consapevole e, complici esigenze narrative, ci butta subito nell’ignoto, con i due agenti federali Di Caprio e Ruffalo che si avvicinano inesorabilmente all’imbarcadero dell’isola. Giunti sul posto le indagini porteranno alla luce le diverse motivazioni e il diverso ruolo giocato da ogni protagonista nella vicenda…
Dopo le grandi e grandissime delusioni di Cameron ,Burton e Jackson e il mezzo passo falso di Eastwood, ci voleva proprio un bel film di un autore con la A maiuscola per tirare su questi primi mesi del 2010. E, a parer mio, Shutter Island è quel film. Certo, non è un capolavoro, anzi i difetti ci sono eccome, eppure funziona alla grande. La sensazione alla fine è quella di aver assistito ad un lungo viaggio, faticoso, forse incompleto e inutilmente criptico in certi punti, ma assolutamente soddisfacente per lo spettatore. I due protagonisti sono impeccabili e si supportano a vicenda dando spessore l’uno all’altro. Il primo è Di Caprio, sempre più attore feticcio di Scorsese, sempre più in grado di sostenere quasi interamente il peso di film (e che film) sulle sue spalle. Lavorare con Scorsese è un privilego per pochi e Di Caprio lo merita tutto. Alcuni suoi coevi, farebbero bene a imparare qualcosa da lui. Il secondo protagonista, nemmeno a dirlo, è l’isola. L’ambientazione distaccata, fuori dal mondo, ancor più esclusa dalla civiltà a causa del provvidenziale uragano, con i suoi vari elementi che combaciano perfettamente a creare un quadro d’insieme onirico e coinvolgente (il cimitero, il faro, la scogliera, il bosco): tutto funziona alla perfezione e risponde alle finalità che presumibilmente Scorsese desiderava raggiungere sfruttando al massimo l’ambientazione. Ambientazione che certo riscontrando nel suo isolamento la sua peculiarità non risulta certamente nuova né originale per il genere ma che svolge alla perfezione il suo compito. Complice in questo l’ottimo comparto tecnico, dalla fotografia alle stupende scenografie.
Ma l’isola non è solo questo. Ed è qui che si manifesta il più stretto contatto tra i due protagonisti a cui accennavo sopra ed è qui che il film dà il suo massimo. L’isola, metafora del distacco e della solitudine, diventa un luogo perfetto per la proiezione dell’inquietudine, della perdita del protagonista. L’esplorazione e il progressivo addentrarsi nei meandri di questo labirinto (in cui Di Caprio tornerà presto con Nolan) divengono una tappa necessaria nel percorso di crescita del personaggio di Teddy Daniels e di consapevolezza nello spettatore. Lo sdoppiamento temporale con i flashback da un lato, e quello spaziale (dove si voglia concedere di considerare la mente come uno spazio) si ricongiungono alla fine dopo una discesa, neanche tanto metaforica, e una faticosa risalita.
Perché Scorsese non fa thriller che si riducono solo alla scoperta del mistero o all’assassino, perché qui non si vuole raccontare il fatterello, il giallo. Lo spettatore mediamente esperto capirà dopo 30-40 minuti dove vuole andare a parare il film. Il twist finale non rinnega la sua natura, ed è innegabile che la narrazione sia strutturata in funzione di esso. Tuttavia Shutter Island non è solo questo. Scorsese non vuole puntare tutto sul mistero, o sul non detto, anche perché basterebbe un praticissimo dialogo tra i due agenti a metà film per riportare anche gli spettatori più distratti sulla retta via e gli indizi velocemente snocciolati nella prima parte del film fanno il resto. Detto ciò, e precisando che la comprensione totale arriverà solo al momento della rivelazione finale, il film rimane costellato da momenti di grandissimo livello (uno su tutti il l’apparizione di Jackie Earle Haley che offre 5 minuti davvero grandiosi) e da sequenze visivamente impressionanti.
Se di difetti si deve parlare questi risiedono nell’eccessiva fretta con cui lo spettatore viene spinto verso la dimensione più “irrazionale” della storia. Un piccolo prezzo da pagare per garantire quella visione duale che, secondo il mio giudizio, Scorsese pone alla base della pellicola.
Amo Scorsese in ogni suo film. Non mi ha mai delusa. E lo reputo il più grande regista vivente.
Di Caprio anni fa pensavo fosse il solito bello di passaggio. Con The Departed e soprattutto con questo Shutter Island diventa il nuovo De Niro ( e non è una bestemmia). La scena finale del film sul lago è da seguire in apnea e con le lacrime che rigano il viso...grandioso.
Per dare un voto non si può non pensare all' enorme filmografia di Scorsese.
Partendo dal 10 assoluto di "Taxi Driver" questo è sicuramente da 8.
Per questo quando vedo voti senza senso dati a filmetti da quattro soldi divento una bestia
LucyGordon- Utente Fattiscente: 5001-9999 Post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
http://taccuinodiunamarziana.splinder.com/
Robert Downey Jr: dall'autodistruzione alla rinascita
Intervista di Bruno Lester per il Venerdì di Repubblica
Robert Downey
Due litri di vodka, 1 grammo di coca: per 15 anni, la mia dieta quotidiana
Suo padre gli fece provare la marijuana a otto anni. E fino al 2003 è stato «un drogato di talento senza speranza». Oggi, l’interprete di Sherlock Holmes e Iron Man, è uno degli attori più contesi dai registi. Il merito? Cherchez la femme.
Per anni la reputazione di Robert Downey Jr. ha oscillato tra «il più grande attore della sua generazione» e «un drogato senza speranza». Poi nel 2008 è tornato al successo con Iron Man e Tropic Thunder. E l’onda non accenna a calare.
Dopo lo Sherlock Holmes di Guy Ritchie rieccolo protagonista di Iron Man 2 e di Due date (nelle sale in autunno) commedia del regista di Una notte da leoni campione di incassi in Usa. Inoltre sta già preparando il sequel di Sherlock Holmes e di Iron Man e vestirà i panni di Edgar Allan Poe in un film dedicato alla vita dello scrittore che Sylvester Stallone sta cercando di realizzare.
Nato nel 1965, Downey Jr. ha vissuto un’infanzia girovaga tra New York, Londra, il New Mexico, Los Angeles, il Connecticut e Woodstock. I genitori si separarono quando aveva tredici anni. Il padre, Robert Sr., regista di avanguardia, quando aveva cinque anni lo fece recitare in Pound, ambientato in un canile con i cani interpretati da uomini.
Due anni dopo in Greaser’s Palace, film surreale sulla vita di Gesù, il piccolo Jr. veniva sgozzato da Dio e assistette al pestaggio di sua madre, anch’essa tra gli attori. «Per lui tutta quella violenza fu un trauma», ammise in seguito suo padre, che per altro gli fece fumare marijuana all’età di otto anni. Nel 1992 la sua interpretazione di Charlie Chaplin nel film di Richard Attenborough gli valse una nomination all’Oscar, poi l’abisso.
Oggi a 45 anni, dopo un lungo periodo di disintossicazione, Downey è felicemente sposato con la producer Susan Levin e ha un figlio adolescente, Indio, dal precedente matrimonio. Si tiene in forma con arti marziali, yoga, agopuntura e shiatsu.
Com’è la sua nuova vita?
«La mia è stata una vita di alti e bassi estremi: è una grande soddisfazione ritrovarmi adulto e maturo. Ma il successo è effimero e non sto con le mani in mano»
Una delle caratteristiche del personaggio di Iron Man 2, Tony Stark, è l’alcolismo.
«L’alcol è il tallone d’Achille di Tony. Il suo difetto è il narcisismo. Credo che ci sia il modo di tirarne fuori qualcosa di buono: se si vuole usare il bere come metafora mi sta bene. Con Jon Favreau, il regista, abbiamo creato la trama del sequel e abbiamo cercato nuovi attori: Scarlett Johansson e Mickey Rourke. Mickey era perplesso e abbiamo dovuto garantirgli che il suo personaggio, Whiplash, non avrebbe avuto un ruolo piatto».
Cos’è per lei recitare?
«Un attore ha tra ostacoli da affrontare: la paura, l’imbarazzo e la sfiducia. Il mio compito è far arrivare il cervello al cuore, per dare al pubblico qualcosa di degno».
I suoi problemi di dipendenza quanto l’hanno penalizzata nel lavoro?
«La mia infanzia è veramente finita nel 2003 ed è stato arduo conciliare la mia maturazione con il successo e le relative tentazioni. Ho preso delle belle batoste, per lo più per colpa mia, ma tutte mi hanno cambiato. Oggi sono in splendida forma, ho energia a tonnellate e tanta riconoscenza. Più di quanta ne sappia esprimere».
Come mai tante ricadute?
«Dai 23 anni in poi non ho fatto che entrare e uscire dalle cliniche per la disintossicazione. Non facevo uso di droga quando lavoravo, ma tra un film e l’altro ci ricadevo. Ragionavo come un undicenne: mentivo, ingannavo, bevevo troppo e non me ne fregava nulla. Quando le cose si mettevano male tornavo in clinica per un po’. Continuavo a dire che volevo uscire dalla droga, ma non era vero. Poi l’ho deciso sul serio».
Una prima volta tornò a recitare nel 2000 nella serie Ally McBeal. Ma perse il posto
«In quel momento non avrei dovuto lavorare. Dovevo stare in terapia 24 ore su 24. E poi la tv non fa per me. Preferisco fare due o tre film all’anno ma non interpretare lo stesso personaggio per due anni».
E dal 2003 è «pulito»?
«Sto benissimo. Sono innamorato e ho un figlio che mi vuole bene. Sono queste le motivazioni che mi servivano per smettere davvero. Mi ha molto aiutato il mio carattere ottimista: mi ha sempre tirato fuori dai momenti bui».
Si sente un sopravvissuto?
«Certo. Ero votato all’autodistruzione. Due bottiglie di vodka, un grammo di coca e un po’ di cibo: non mi serviva altro. Non c’è niente di più patetico di una celebrità che non ha saputo crescere».
Cosa pensa vedendo altri lottare contro la dipendenza?
«Se vedo una persona che sta buttando via la sua vita e distruggendo la sua famiglia, non lo capisco. Non sono più in quel tunnel, e non ho comprensione per chi ci sta. Come dieci o vent’anni fa non pensavo che quel capitolo nero della mia vita si sarebbe potuto chiudere».
Nel 2003, sul set di Gothika, ha conosciuto la producer Susan Levin e nel 2005 vi siete sposati. E’ vero che Susan ha accettato di diventare sua moglie a patto che lei chiudesse davvero con la droga?
«Sì, è vero. Sono felice che Susan sia entrata nella mia vita. Oggi è una vita regolata: le arti marziali, il tennis, il pilates, la filosofia orientale e la meditazione mi aiutano a controllare il mio lato oscuro. Prendo vitamine, la cosa più forte che bevo è il tè. Susan è così importante per me perché vive nella realtà. E per far parte della sua vita devo farlo anch’io. Cosa che prima avevo evitato per la maggior parte del tempo».
Il vostro primo incontro?
«Lei doveva fare in modo che non mi drogassi durante le riprese di Gothika. Inizialmente pensava che io fossi una persona triste e patetica. Mi disse che ero un miserabile, un pessimista incallito. E io pensavo: stronza, dimmi il numero della tua stanza».
La sua fragilità si è dimostrata in positività nel suo lavoro?
«Penso di essere più vicino al pubblico perché conosce le mie debolezze»
Cos’è per lei il successo?
«In sé e per sé, nulla. Ma può essere messo a frutto. Non voglio adottare bambini del terzo mondo o salvare la foresta pluviale, ma mi piace fare delle buone azioni».
Scriverà le sue memorie, un giorno?
«Sì, probabilmente lo farò. O forse no. Meglio non approfondire una vita superficiale».
Robert Downey Jr: dall'autodistruzione alla rinascita
Intervista di Bruno Lester per il Venerdì di Repubblica
Robert Downey
Due litri di vodka, 1 grammo di coca: per 15 anni, la mia dieta quotidiana
Suo padre gli fece provare la marijuana a otto anni. E fino al 2003 è stato «un drogato di talento senza speranza». Oggi, l’interprete di Sherlock Holmes e Iron Man, è uno degli attori più contesi dai registi. Il merito? Cherchez la femme.
Per anni la reputazione di Robert Downey Jr. ha oscillato tra «il più grande attore della sua generazione» e «un drogato senza speranza». Poi nel 2008 è tornato al successo con Iron Man e Tropic Thunder. E l’onda non accenna a calare.
Dopo lo Sherlock Holmes di Guy Ritchie rieccolo protagonista di Iron Man 2 e di Due date (nelle sale in autunno) commedia del regista di Una notte da leoni campione di incassi in Usa. Inoltre sta già preparando il sequel di Sherlock Holmes e di Iron Man e vestirà i panni di Edgar Allan Poe in un film dedicato alla vita dello scrittore che Sylvester Stallone sta cercando di realizzare.
Nato nel 1965, Downey Jr. ha vissuto un’infanzia girovaga tra New York, Londra, il New Mexico, Los Angeles, il Connecticut e Woodstock. I genitori si separarono quando aveva tredici anni. Il padre, Robert Sr., regista di avanguardia, quando aveva cinque anni lo fece recitare in Pound, ambientato in un canile con i cani interpretati da uomini.
Due anni dopo in Greaser’s Palace, film surreale sulla vita di Gesù, il piccolo Jr. veniva sgozzato da Dio e assistette al pestaggio di sua madre, anch’essa tra gli attori. «Per lui tutta quella violenza fu un trauma», ammise in seguito suo padre, che per altro gli fece fumare marijuana all’età di otto anni. Nel 1992 la sua interpretazione di Charlie Chaplin nel film di Richard Attenborough gli valse una nomination all’Oscar, poi l’abisso.
Oggi a 45 anni, dopo un lungo periodo di disintossicazione, Downey è felicemente sposato con la producer Susan Levin e ha un figlio adolescente, Indio, dal precedente matrimonio. Si tiene in forma con arti marziali, yoga, agopuntura e shiatsu.
Com’è la sua nuova vita?
«La mia è stata una vita di alti e bassi estremi: è una grande soddisfazione ritrovarmi adulto e maturo. Ma il successo è effimero e non sto con le mani in mano»
Una delle caratteristiche del personaggio di Iron Man 2, Tony Stark, è l’alcolismo.
«L’alcol è il tallone d’Achille di Tony. Il suo difetto è il narcisismo. Credo che ci sia il modo di tirarne fuori qualcosa di buono: se si vuole usare il bere come metafora mi sta bene. Con Jon Favreau, il regista, abbiamo creato la trama del sequel e abbiamo cercato nuovi attori: Scarlett Johansson e Mickey Rourke. Mickey era perplesso e abbiamo dovuto garantirgli che il suo personaggio, Whiplash, non avrebbe avuto un ruolo piatto».
Cos’è per lei recitare?
«Un attore ha tra ostacoli da affrontare: la paura, l’imbarazzo e la sfiducia. Il mio compito è far arrivare il cervello al cuore, per dare al pubblico qualcosa di degno».
I suoi problemi di dipendenza quanto l’hanno penalizzata nel lavoro?
«La mia infanzia è veramente finita nel 2003 ed è stato arduo conciliare la mia maturazione con il successo e le relative tentazioni. Ho preso delle belle batoste, per lo più per colpa mia, ma tutte mi hanno cambiato. Oggi sono in splendida forma, ho energia a tonnellate e tanta riconoscenza. Più di quanta ne sappia esprimere».
Come mai tante ricadute?
«Dai 23 anni in poi non ho fatto che entrare e uscire dalle cliniche per la disintossicazione. Non facevo uso di droga quando lavoravo, ma tra un film e l’altro ci ricadevo. Ragionavo come un undicenne: mentivo, ingannavo, bevevo troppo e non me ne fregava nulla. Quando le cose si mettevano male tornavo in clinica per un po’. Continuavo a dire che volevo uscire dalla droga, ma non era vero. Poi l’ho deciso sul serio».
Una prima volta tornò a recitare nel 2000 nella serie Ally McBeal. Ma perse il posto
«In quel momento non avrei dovuto lavorare. Dovevo stare in terapia 24 ore su 24. E poi la tv non fa per me. Preferisco fare due o tre film all’anno ma non interpretare lo stesso personaggio per due anni».
E dal 2003 è «pulito»?
«Sto benissimo. Sono innamorato e ho un figlio che mi vuole bene. Sono queste le motivazioni che mi servivano per smettere davvero. Mi ha molto aiutato il mio carattere ottimista: mi ha sempre tirato fuori dai momenti bui».
Si sente un sopravvissuto?
«Certo. Ero votato all’autodistruzione. Due bottiglie di vodka, un grammo di coca e un po’ di cibo: non mi serviva altro. Non c’è niente di più patetico di una celebrità che non ha saputo crescere».
Cosa pensa vedendo altri lottare contro la dipendenza?
«Se vedo una persona che sta buttando via la sua vita e distruggendo la sua famiglia, non lo capisco. Non sono più in quel tunnel, e non ho comprensione per chi ci sta. Come dieci o vent’anni fa non pensavo che quel capitolo nero della mia vita si sarebbe potuto chiudere».
Nel 2003, sul set di Gothika, ha conosciuto la producer Susan Levin e nel 2005 vi siete sposati. E’ vero che Susan ha accettato di diventare sua moglie a patto che lei chiudesse davvero con la droga?
«Sì, è vero. Sono felice che Susan sia entrata nella mia vita. Oggi è una vita regolata: le arti marziali, il tennis, il pilates, la filosofia orientale e la meditazione mi aiutano a controllare il mio lato oscuro. Prendo vitamine, la cosa più forte che bevo è il tè. Susan è così importante per me perché vive nella realtà. E per far parte della sua vita devo farlo anch’io. Cosa che prima avevo evitato per la maggior parte del tempo».
Il vostro primo incontro?
«Lei doveva fare in modo che non mi drogassi durante le riprese di Gothika. Inizialmente pensava che io fossi una persona triste e patetica. Mi disse che ero un miserabile, un pessimista incallito. E io pensavo: stronza, dimmi il numero della tua stanza».
La sua fragilità si è dimostrata in positività nel suo lavoro?
«Penso di essere più vicino al pubblico perché conosce le mie debolezze»
Cos’è per lei il successo?
«In sé e per sé, nulla. Ma può essere messo a frutto. Non voglio adottare bambini del terzo mondo o salvare la foresta pluviale, ma mi piace fare delle buone azioni».
Scriverà le sue memorie, un giorno?
«Sì, probabilmente lo farò. O forse no. Meglio non approfondire una vita superficiale».
Chiara 75- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
Cinema: la Prima Guerra Mondiale nel prossimo film di Spielberg
Roma, 4 mag. - (Adnkronos/Cinematografo.it) - Sara' "War Horse'', dall'omonimo romanzo di Michale Morpurgo, il prossimo film di Steven Spielberg. Un racconto epico sullo sfondo della prima guerra mondiale. Il film, scrive ''Variety'', uscira' con la Dreamworks il 10 agosto 2011. E' la storia - di cui Lee Hall e Richard Curtis stanno scrivendo l'adattamento per il grande schermo - di un'amicizia profonda, quella tra un ragazzo e il suo cavallo, che si separano allo scoppio della grande guerra pur rimanendo in qualche modo legati mentre cercano di sopravvivere agli orrori del conflitto.
Roma, 4 mag. - (Adnkronos/Cinematografo.it) - Sara' "War Horse'', dall'omonimo romanzo di Michale Morpurgo, il prossimo film di Steven Spielberg. Un racconto epico sullo sfondo della prima guerra mondiale. Il film, scrive ''Variety'', uscira' con la Dreamworks il 10 agosto 2011. E' la storia - di cui Lee Hall e Richard Curtis stanno scrivendo l'adattamento per il grande schermo - di un'amicizia profonda, quella tra un ragazzo e il suo cavallo, che si separano allo scoppio della grande guerra pur rimanendo in qualche modo legati mentre cercano di sopravvivere agli orrori del conflitto.
bellaprincipessa- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
Chiara 75 ha scritto:http://taccuinodiunamarziana.splinder.com/
Robert Downey Jr: dall'autodistruzione alla rinascita
Intervista di Bruno Lester per il Venerdì di Repubblica
Robert Downey
Due litri di vodka, 1 grammo di coca: per 15 anni, la mia dieta quotidiana
Hollywood è pieno di queste storie, per uno che è rinato sai quanti si sono persi. La sua fortuna è stata quella di incontrare Susan Levin , una potenza nel mondo del cinema. Sono contenta per lui è un buon attore.
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Re: ..e al cinema vacci tu...
purtroppo al momento ho una gamba ingessat , la mattina mi vengono a prendere per portarmi al lavoro e la sera mi riportano a casa, muoio dalla voglia di vederlo nonostante l'inutile Scarlet, un mio nuovo amico però mi ha promesso che in settimana viene a prendermi con la sua famiglia e mi porta al cinema.fear-of-the-dark ha scritto:ah per fortuna c'è qualcuno a cui interessa.... ma tu lo hai visto?dino75 ha scritto:fear-of-the-dark ha scritto:ieri ho visto ironman2.... L'unica cosa che merita è la presenza di robert .... Per il resto è un fumettone, neanche uno dei migliori, pieno di effetti speciali. Il primo mi era piaciuto perchè ironico e divertente, questo non lo è neanche un pò.
O.T. ho paurosamente abbassato il livello della discussione
questo è il genere di film che preferisco!
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Re: ..e al cinema vacci tu...
verissimo, comunque non gli perdono di avere madato a puttane la serie di Ally McbealLucyGordon ha scritto:Chiara 75 ha scritto:http://taccuinodiunamarziana.splinder.com/
Robert Downey Jr: dall'autodistruzione alla rinascita
Intervista di Bruno Lester per il Venerdì di Repubblica
Robert Downey
Due litri di vodka, 1 grammo di coca: per 15 anni, la mia dieta quotidiana
Hollywood è pieno di queste storie, per uno che è rinato sai quanti si sono persi. La sua fortuna è stata quella di incontrare Susan Levin , una potenza nel mondo del cinema. Sono contenta per lui è un buon attore.
dino75- Utente Colonna: 2001-5000 post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
anche a me piaceva molto..
solo che in quella stagione stavano raschiando il fondo.
il meglio lo avevano già dato.
solo che in quella stagione stavano raschiando il fondo.
il meglio lo avevano già dato.
lepidezza- Utente... preoccupante >10.000 Post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
Io l'ho vistodino75 ha scritto:purtroppo al momento ho una gamba ingessat , la mattina mi vengono a prendere per portarmi al lavoro e la sera mi riportano a casa, muoio dalla voglia di vederlo nonostante l'inutile Scarlet, un mio nuovo amico però mi ha promesso che in settimana viene a prendermi con la sua famiglia e mi porta al cinema.fear-of-the-dark ha scritto:ah per fortuna c'è qualcuno a cui interessa.... ma tu lo hai visto?dino75 ha scritto:fear-of-the-dark ha scritto:ieri ho visto ironman2.... L'unica cosa che merita è la presenza di robert .... Per il resto è un fumettone, neanche uno dei migliori, pieno di effetti speciali. Il primo mi era piaciuto perchè ironico e divertente, questo non lo è neanche un pò.
O.T. ho paurosamente abbassato il livello della discussione
questo è il genere di film che preferisco!
mi è piaciuto di più il primo, però anche il secondo si guarda bene
a mio parere è un film molto da maschietti, un inno alla virilità che a tratti mi ha dato fastidio ) però non è brutto
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Re: ..e al cinema vacci tu...
Qualcuno di voi invece ha visto Cella 211? Mi interessava ma mi hanno detto che è moltooooo violento, così ho rinunciato
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Re: ..e al cinema vacci tu...
Aeris ha scritto:Qualcuno di voi invece ha visto Cella 211? Mi interessava ma mi hanno detto che è moltooooo violento, così ho rinunciato
bhe allora puoi vedere "Bastardi senza Gloria" di Tarantino
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Re: ..e al cinema vacci tu...
LucyGordon ha scritto:Aeris ha scritto:Qualcuno di voi invece ha visto Cella 211? Mi interessava ma mi hanno detto che è moltooooo violento, così ho rinunciato
bhe allora puoi vedere "Bastardi senza Gloria" di Tarantino
la viulenzaaaaa
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Re: ..e al cinema vacci tu...
Sta arrivando.................anzi sta tornando.........anzi è arrivata........bho.........
.........comunque l' ultimo capitolo della trilogia in uscita il 25 maggio............
-------------------
.........comunque l' ultimo capitolo della trilogia in uscita il 25 maggio............
-------------------
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Re: ..e al cinema vacci tu...
LucyGordon ha scritto:Sta arrivando.................anzi sta tornando.........anzi è arrivata........bho.........
.........comunque l' ultimo capitolo della trilogia in uscita il 25 maggio............
-------------------
io non ho visto neanche il primo, neanche ho letto il libro.
Lo devo fare? Merita?
Aeris- Utente Aficionado: 501-2000 post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
I libri sono sicuramente più affascinanti.Aeris ha scritto:LucyGordon ha scritto:Sta arrivando.................anzi sta tornando.........anzi è arrivata........bho.........
.........comunque l' ultimo capitolo della trilogia in uscita il 25 maggio............
-------------------
io non ho visto neanche il primo, neanche ho letto il libro.
Lo devo fare? Merita?
Il primo film "Uomini che odiano le donne" è stato molto bello ( anche perchè in 2 ore e 40 ha potuto rappresentare al meglio la trama).
Il secondo film " La ragazza che giocava con il fuoco" non è stato allo stesso livello, anzi per niente. Tranne che per una scena.... ...
Adesso hanno cambiato regista......sperem.....comunque la trilogia è affascinante ed origininale.
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Re: ..e al cinema vacci tu...
LucyGordon ha scritto:I libri sono sicuramente più affascinanti.Aeris ha scritto:LucyGordon ha scritto:Sta arrivando.................anzi sta tornando.........anzi è arrivata........bho.........
.........comunque l' ultimo capitolo della trilogia in uscita il 25 maggio............
-------------------
io non ho visto neanche il primo, neanche ho letto il libro.
Lo devo fare? Merita?
Il primo film "Uomini che odiano le donne" è stato molto bello ( anche perchè in 2 ore e 40 ha potuto rappresentare al meglio la trama).
Il secondo film " La ragazza che giocava con il fuoco" non è stato allo stesso livello, anzi per niente. Tranne che per una scena.... ...
Adesso hanno cambiato regista......sperem.....comunque la trilogia è affascinante ed origininale.
allora ci farò un pensierino grazie Lucy
la scena in questione non la voglio sapere
Aeris- Utente Aficionado: 501-2000 post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
[quote="Aeris]
sicura? ........ci credo poco .......ciauzzzzzz
allora ci farò un pensierino grazie Lucy
la scena in questione non la voglio sapere
sicura? ........ci credo poco .......ciauzzzzzz
LucyGordon- Utente Fattiscente: 5001-9999 Post
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Re: ..e al cinema vacci tu...
a me é piaciuto di più il secondo sinceramente...
comunque, meglio libri!
comunque, meglio libri!
bellaprincipessa- Utente... preoccupante >10.000 Post
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